12 Luglio 2020, 09.40
Blog - Maestro John

Nòm, cognòm e scötöm

di John Comini

Paese che vai, soprannomi che trovi. In ogni paese ci sono famiglie di origine antichissima, una pianta secolare costituita dagli avi che poi si dirada in mille rami con figli, nipoti, pronipoti e via vivendo


Pare che i soprannomi fossero quasi indispensabili, specie quando incerte erano le anagrafi e numerosi i discendenti con lo stesso cognome. Come nel caso di Lumezzane, dove si registrano più di 100 Ghidini e dove per i Saleri (cognome del caro don Flavio) ci sono più di 60 soprannomi (Egidio Bonomi ne ha ricavato il libro “Lömedhane e i hò hcötöm”, insieme ad Enzo Saleri).

Ci sono soprannomi che raccontano di caratteristiche fisiche, di origini, di mestieri, di tic o difetti. Molti soprannomi sono simpatici ed ironici, altri sono piuttosto grossolani o irrispettosi. L’abitudine di affibbiare dei soprannomi alle persone è usanza persino negli annunci funebri. Spesso il nome del caro estinto è seguito, tra parentesi, dal “nome d’arte”. C’è il detto “Quand i nass i è töcc bèi, quand i se spûsa i è töcc scior, quand i mör i è töcc brai.” Ma ricordo un annuncio incredibile: sotto nome e cognome del defunto c’era scritto “bröt műs”!

Anche per gli abitanti dei paesi un tempo c’erano gli scötöm: i Bresciani erano citadí maiasórghe (mangia ratti, costretti a ciò dall’assedio alla città), a Bagnolo Mella söche (zucche), a Capriano del Colle sücù (zucconi: forse mia moglie viene da lì), a Cigole cöcömer (per dire ingenui), a Remedello lömagòcc, a Verolanuova óche, a Verolavecchia bò, a Zurlengo (Pompiano) gàcc.

E non parliamo di Travagliato… conosco gente molto simpatica, non certo làder! Ho sentito dire che i gavardesi erano chiamati cudighì, quelli del lago maja-aole (il sottoscritto, nato a Salò, è un cotechino che mangia le aole). Mio zio don Tranquillo a Salò era chiamato “l’aocàt Cumì” perché era molto abile nella dialettica.

L’amico Antonio Abastanotti, nel bel libro “Il ciliegio proibito” (Liberedizioni) scrive dei soprannomi delle famiglie gavardesi. Eccone alcuni…

Bresciani Paolo, el Paulì della Pace, gestore dell’omonima Trattoria. In via Molino i Bresciani, Grà de Ris, tappezzieri. Una Crescini la Codera, faceva la cuoca ai carabinieri. Famiglia Cavalleri I Càaler. I Goffi, Gross, trasportatori di sabbia e contadini. I Goffi Gudù, raccoglitori di stracci e ferramenta.

Le famiglie Codenotti, Gösach, oriundi da Gussago. Famoso il Tebaldini Zanèla, accattone. Leggerini Giuseppe, el Carabinier. Un fratello el Mago e uno dei figli di Giuseppe el Barone. Dicevano gli anziani che il Leggerini Giuseppe contribuì all’arresto di un pericoloso latitante della zona. Massolini de Ruch e de Marsina dalle località di derivazione. I Poletti del Mentore del vicolo omonimo.

Cargnoni detti i Segrestà. Uno dei fratelli, Bortolo (Burtulì), era sagrista, ma venivano appellati tutti con questo soprannome, anche il fratello Carlo falegname, e Andrea, calzolaio. I Bussi distinti in el Büsì e el Büsù, forse per l’altezza. Sandro Dusi, el Pelone, fin da giovane senza capelli. Impiegato Comunale, ottimo artista della compagnia teatrale “La Concordia” e ottimo calciatore nel A. C. Gavardo. Ismaele Giacobinelli detto el Gipù, idraulico e chitarrista nell’orchestra di Umberto Re, prima e dopo la guerra 1940/45, cugino del Generale Giacobinelli.

Famiglia Grazioli,
I Parolocc (il nonno era stagnaro). La famiglia Lazzaroni Saöla costruiva mastelli di legno, in via Quarena. Nella stessa via, le sorelle Zilioli, che gestivano una forneria, chiamate le Molenerine o Clementine (dal nome di una di loro). Rivetta Campaner e le donne della famiglia Campanere.

Mabellini el Dieci, contadino (papà del grande Mario). Mabellini detto el Galo dipendente Comunale. Orioli, el Formaì. Un Susio di S. Biagio el Caruso, con voce di tenore. Bettinazzi, el Molener, gestori del Molino. Le sorelle Manenti, le Culumbine, morte sotto il bombardamento. Lazzarini Gino, el Canèla (papà del mio grande amico e coscritto Giusy). Zanoni Pietro el Piereto, gelataio. I Mora di via Molino e via A. Gosa, i Murì…e molti altri.

Angelo Susio, personaggio storico gavardese, aveva scritto sul bollettino parrocchiale “Il Ponte” una filastrocca sugli abitanti di Capoborgo. Eccone uno stralcio:

“L’ira èl Có dèl Burg öna contrada
‘ndoe la zént l’ia töta scötömada.
Nisì che i vignies ciamacc con èl so nòm
sia che j’eres fomne sia che j’eres òm!

Però gh’è de dì che con chèl sistema lé
la zént la se cunusia ön po’ piö bé.
…gh’ia del Caponi la Butighina
De sura staa ‘l Pinoto, el fiöl dèla Mocasina.

Gh’ia ‘l Patà e la Cavrèta che i fàa ‘n po’ de frötaröi
che al mond i gha mitit ön sac de fiöi
En mira al Cervo d’oro ghé stàa ‘l Quarinì
che per via de ìga spusat ‘na forestera l’ira ciamàt èl tudischì.

Pota, ghì de saì che gh’ia sic osterie e piö d’ön smansaröl
endoe èl vì i tèl dàaa a fiasch col tortaröl.
La Mèngo la vindia i rènch, el bacalà e tancc fich séch
che l’ìra ‘l mangià de noter poarécc…”


La filastrocca termina con la firma: Angiolino Patà, fiöl dèla Cavreta.

Ci sono molti soprannomi gavardesi, che hanno radici antiche: la Sanchina, èl Michilì, el Pì Fasöl, el Bigio Bűsela, la Gösaga, la Raisina, ‘l Pinela, el Tone Gösac, el Parulitì, i Masulì, èl Balòta, la Ciucina, ‘l Cavrina, i Filise, èl Titóla…

E vorrei concludere con un sorriso. Poiché durante il lockdown in casa recitavo 3 rosari per volta (litanie in latino comprese), camminando dalla sala alla cucina per un’oretta, vorrei citare un brano tratto da “L’organista dè montagna” del grande poeta bresciano Angelo Canossi, che si riferisce alle litanie storpiate.

“Le oraziù ‘n latì,
ché ‘l-è ‘na lingua morta,
cól rïa sö ‘n montagna
le ciapa, sé, ‘l’è vera, ‘na quac stórta,
ma le guadagna ‘n sènso e sentimènt.

Le “Tanìe”, specialment, dè la Madóna,
sintì come le acquista ön non sò che
dè piö ciar e piö tèner
cantade a trè pèr trè
con dèle bèle stórte dè sté gèner.

Sté bé atènti e sintì:
“Mater intimorata,
Mater Servitoris,
Virgo pur dentissima,
Virgola veranda,
Virgo perticanda,
Specula ingiustizie,
Sédes pazienze,
Causànos tra le tizie,
Vas odorabile,
Salus infernorum,
Canzonàtris afflittorum,
Exilium Cristiandorum,
Regina petrarcarum,
Regina bofetarum,
Regina pastolorum,
Regina saltorum olium,
e, pèr finì, Regina sillabare
originale in cuccetta.”

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo

maestro John

Nelle foto:
- Il mitico alpino Pierino Goffi (detto Gudù) ad una sfilata
- Il signor Angelo Susio (detto Patà) alla Camminata sul Chiese
- Il gelataio Piereto
- L’amico Antonio Lauro (detto Tone) in abito talare, al presepio vivente del Mulino

Grazie all’amico Roby Ortolani per alcune foto




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