19 Dicembre 2022, 09.19
Blog - Aqua Alma

Acqua: l'insostenibile leggerezza della plastica

di Mariano Mazzacani

Ci sono alcune certezze nella vita. Una di queste è l’invasività della plastica nella società moderna


Ci sembra preistoria il carosello di Gino Bramieri e del Moplen (bit.ly/3gHfpXD), invenzione del premio Nobel Giulio Natta.

Oggi la cultura dell’usa getta e degli imballaggi di plastica hanno raggiunto livelli paradossali tanto che si è giunti ad inventare nuovi sostantivi per descrivere fenomeni invasivi della plastica. Uno di questi è l’overpackaging cioè l’imballaggio sproporzionato rispetto al contenuto, che nel caso della plastica, irrompe nella filiera del cibo. Tali fenomeni sono indotti dagli studi marketing, della grande distribuzione, sempre pronti a creare nuovi ed inaspettati bisogni.

Un problema di proporzioni insostenibili visto che, secondo il report «Unwrapped» redatto nel 2018 da Zero Waste Europe e Friends of the Earth per Rethink Plastic, la domanda di plastica in Europa ha raggiunto i 49 milioni di tonnellate annue, di cui il 40% utilizzate per il packaging, di cui per la maggior parte monouso. Si stima che il 95% del valore del packaging vada perduto dopo il primo utilizzo e le Nazioni Unite hanno calcolato che il costo globale in termini di capitale naturale per la plastica nell’industria alimentare si aggiri intorno ai 15 miliardi di euro all’anno.

La plastica è utilizzata da anni nella filiera dell'acqua tanto che anche le bottiglie nel nostro frigo sono parte dei 12,5 miliardi di litri d’acqua che vengono imbottigliati ogni anno in Italia, di cui 81% venduti in contenitori di PET. Per produrre questa vera e propria montagna di plastica che ammonta a 330.000 tonnellate sono stati utilizzati 6 miliardi di litri (6 milioni di metri cubi) d’acqua! Facendo un po’ di conti è facile scoprire che per produrre 1 kg di PET sono richiesti oltre 17 litri di acqua.

Ora ci dobbiamo impegnare in alcune proporzioni: visto che una bottiglia di 1,5 litri di Pet pesa 40 Grammi e che da 1 kg di materiale ricaviamo 25 bottiglie ne ricaviamo che per 1 kg di Pet potremo imbottigliare 37,5 litri di acqua ed i calcoli ci rendono anche una realtà probabilmente inaspettata: per produrre una bottiglia che contiene 1,5 litri di acqua ne utilizziamo non meno di 3 litri!

Ma non è finita qui: l’impronta idrica per la produzione di bottiglie di plastica non si limita allo stadio della produzione ma va considerata l’intera filiera che inizia con l’estrazione del petrolio. La sua impronta idrica include l'acqua consumata nei processi di estrazione, raffinazione e produzione di petrolio e gas naturale, che produce la materia prima che diventa pellet di resina PET. Il passaggio finale include lo stampaggio di questi pellet in imballaggi di plastica.

Per calcolare l'impronta idrica totale della plastica PET, è necessario valutare sia l'impronta «blu» che quella «grigia», il che significa tenere conto non solo dell'acqua consumata durante la creazione della materia prima, ma anche dell'acqua necessaria per ridurre l’inquinamento termico da acqua di raffreddamento riscaldata durante la lavorazione ma anche tutti i passaggi che necessitano di moltissime operazioni compresi trasporto, movimentazione, etc.

In uno studio del 2011, i ricercatori del Water Footprint Network hanno stimato l'impronta idrica blu e grigia del Pet analizzando i passaggi attraverso i quali la materia prima diventa resina plastica. L'impronta idrica blu stimata delle fasi «dal petrolio al PET» era di 2,64 galloni di acqua per libbra (10 litri per chilogrammo). L'aggiunta dell'impronta idrica grigia ha fatto salire l'impronta idrica a 28 galloni per libbra (235 litri per chilogrammo). Sulla base di questi numeri, sono necessari circa 1,4 galloni (5,3 litri) di acqua per produrre una tipica bottiglia di acqua (da 0,5lt).

(https://foodprint.org/blog/plastic-water-bottle/)

(PET: https://it.wikipedia.org/wiki/Polietilene_tereftalato)


Le bioplastiche sono la soluzione?


Alcune aziende di alimenti e bevande hanno iniziato a utilizzare plastiche a base biologica e, sebbene siano prodotte da fonti rinnovabili (come mais o canna da zucchero), piuttosto che da combustibili fossili, e abbiano una migliore impronta di carbonio rispetto ad altre materie plastiche, non sono necessariamente una soluzione ai nostri problemi di imballaggio alimentare.

Ci sono criticità da considerare, inclusi gli input (terra, acqua, prodotti chimici e manodopera) necessari per produrre il raccolto rinnovabile per la plastica a base biologica. Vi è da notare che le bioplastiche si decompongono ma solo in determinate condizioni, quindi essere «bio-based» non garantisce che si biodegraderanno.

Abbiamo una soluzione?

La soluzione certamente esiste è quella di bere l’acqua di rubinetto, più controllata di quella in bottiglia, certamente più comoda, poiché a KM0, ed economica. Acqua che deve essere «Buona, Pulita e Giusta».

Per gli oltranzisti delle bibite in bottiglia l’introduzione del sistema del deposito cauzionale pur essendo una soluzione di ripiego può rappresentare un primo passaggio in grado di innescare un processo virtuoso per l’ambiente.

Una cosa però è certa:
non è più sostenibile l’impatto della plastica nella filiera del cibo. Il ruolo del legislatore in tal senso è strategico e non è più procrastinabile. https://economiacircolare.com/campagna-voice-drs-deposito-cauzione-irlanda/



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