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lunedì, 1 febbraio 2021 Aggiornato alle 08:00Lutto

Nel trigesimo della morte

di Marisa Viviani
Il ricordo del reduce alpino Attilio Fusi, di Bagolino, "andato avanti" il primo giorno dell'anno, che visse il dramma della ritirata di Russia e del campo di internamento in Germania

Tra i drammi che si sono consumati, e ancora si consumano, in questo sconvolgente tempo di pandemia, c'è la morte in solitudine di malati e anziani negli ospedali e nelle case di riposo. Un evento che assume nella sua tristissima manifestazione il carattere di una tragedia collettiva. Tragedia che si è consumata in forme dolorosissime soprattutto nel corso della prima ondata pandemica; l'abbiamo purtroppo vissuta tutti, qualcuno direttamente coinvolto, altri, la moltitudine dei superstiti, come spettatori impotenti, spaventati, disperati.

In questa seconda fase della pandemia le rigidissime restrizioni a visite e assistenza dei famigliari ai propri malati e anziani sono state in parte mitigate, anche se la presenza dei parenti al capezzale dei propri cari è molto limitata e certamente insufficiente per un conforto reciproco, soprattutto quando si deve ricevere o dare l'ultimo saluto, quando l'ora della separazione definitiva si avvicina.

Se a questo si aggiungono i divieti e i vincoli per le cerimonie funebri, le limitazioni a spostamenti , le zone rosse e le quarantene, si comprende come la ritualità del commiato abbia subito profondissimi e laceranti sconvolgimenti, i cui effetti nefasti continuano a pesare sull'equilibrio e sulla serenità delle famiglie. Al dolore per la perdita dei propri cari si somma così lo strazio inconsolabile di separazioni traumatiche.

Con questa penosa premessa, ritengo doveroso ricordare nel giorno del trigesimo della morte, l'alpino Attilio Fusi di Bagolino, reduce di Russia, che è "andato avanti" il giorno 1 Gennaio 2021, quando imperversava, e ancora continua, il virus responsabile della grande pandemia che sta sconvolgendo le comunità e le famiglie, incluse le consuete forme cerimoniali di onoranza riservata ai defunti, divenute ancor più tristi, fredde, se non sbrigative, sempre comunque limitate agli strettissimi famigliari, private della presenza della collettività e dei consueti riti cerimoniali.

In questo quadro sconfortante si colloca la morte del reduce Attilio Fusi, classe 1921, del cui decesso non è stata a suo tempo data comunicazione su queste pagine, come normalmente avviene per chi è "andato avanti".

Una mancanza che mi sento personalmente di colmare oggi, nel giorno del trigesimo della morte, per onorare nel giusto chi affrontò in piena gioventù la catastrofe della guerra, l'inenarrabile tragedia della ritirata di Russia, l'internamento in un campo di prigionia: uomini a cui la collettività deve molto, anche a distanza di molti decenni, perché il sacrificio delle passate generazioni, della nostra gente, dei nostri concittadini, non può essere sminuito o dimenticato dallo scorrere degli anni, e nemmeno dall'imperversare della pandemia.

Dovrebbero anzi essere le situazioni di grave difficoltà nazionale, che toccano tutto il corpo sociale, a mettere in evidenza la comune sofferenza, il dovere della vicinanza umana, la riconoscenza per chi ha dato la vita o i suoi anni migliori, a chi è stato trascinato ineluttabilmente nel turbine della storia.

Alle esequie del reduce di Russia Attilio Fusi,
deceduto all'età di cento anni, è stata anche constatata l'assenza dei simboli dell'Associazione e di una rappresentanza di Alpini, che di prassi vengono disposti per rendere onore a chi è andato avanti; circostanza che ha generato una forte protesta da parte della famiglia, e che sarebbe doveroso da parte del Gruppo di Bagolino chiarire, al fine di non lasciare sedimentare ombre difficili da dissipare col passare del tempo.

Nelle foto di Luciano Saia: L'alpino Attilio Fusi, reduce di Russia, con i suoi compagni e commilitoni nel 2014 (Bagolino, Premio Fedeltà alla Montagna 2014)

In video: Il cappello d'alpino di Attilio Fusi  - Il "Coro Tridentina- Brigata Alpina" rende omaggio all'alpino Attilio Fusi con la "Preghiera dell'Alpino" e con il canto "Signore delle Cime".



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