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mercoledì, 16 aprile 2025 Aggiornato alle 07:48Lettere

Nous ne sommes pas Gaza

di Luca Rota

Non basterebbero centomila video o immagini web attestanti le carneficine operate dal governo israeliano a Gaza o in Cisgiordania, per sollevare un solo veritiero grammo di indignazione nella nostra società...

 

 

...Quella società che ha due pesi e due misure per ogni situazione; forte con i deboli, debole con i forti. 

Quella che va però distinta dall’altra società, formata da chi non dimentica di restare umano.

 

Soldati che sparano sulle ambulanze, ospedali bombardati, un lembo di terra ridotto in un cumulo di macerie in meno di un anno, non sono ancora riusciti a scuotere un’opinione pubblica, quella mainstream, che guarda a quella parte di mondo con occhi diversi. 

 

Un bambino palestinese dilaniato dalle bombe occidentali non fa notizia quanto un bambino ucraino ucciso dai bombardamenti russi. Ce lo ricordano diversi articoli recenti.

 

Addirittura ci si sbraccia nel tentativo di impedire a chi dissente, di usare il termine genocidio, che peraltro anche l’Onu ha giustamente usato analizzando quanto accade a Gaza. 

 

Non è però tutta colpa dei media, di sicuro operanti una narrazione faziosa, perché i cittadini del mondo sono in grado di pensare con la propria testa. Perciò viene da credere che buona parte dei figli d’occidente tifi per Israele, così come negli anni sessanta tifava per gli americani e non per i vietnamiti. 

 

Il motivo? Semplice xenofobia, o magari delirio di onnipotenza. 

I palestinesi sono arabi; gli israeliani è come se fossero occidentali, perciò aventi diritto ad una regola non scritta, ma operante da seicento anni o più: il diritto alla sopraffazione degli altri popoli. E poi ciò che fanno, lo fanno grazie all’avallo di tutti, anche nostro. Non dimentichiamolo.

 

Un Mentana in palese difficoltà parlando dell’aggressione subita dal regista di “No other land” Hamdan Ballal, si dimenava nella ricerca di sinonimi appositi atti a non definire “coloni” i “settlers” (che in inglese significa proprio coloni) israeliani nei territori occupati da Israele in Cisgiordania.

 

C’è però anche una fetta di società civile, che non dimentica di restare umana e che, in accordo con i propri valori, si ribella e non accetta che quanto accade in Medio Oriente continui con l’avallo dell’Occidente e dei suoi stati.

Il trattamento ad essa riservato però non rispecchia affatto i valori di democrazia e diritto sui quali si fonda la nostra Costituzione. Diciamolo a voce alta. 

 

Ai tempi dell’attacco terroristico contro la rivista satirica Charlie Hebdo, molti sui social usarono la frase “Je suis Charlie”, per solidarizzare con loro.

Di bandiere ucraine riempirono i loro profili milioni di utenti al tempo dell’invasione russa.

 

Oggi “nous ne sommes pas Gaza” potrebbe essere il motto imperante sui profili social dei più. 

La bandiera la scelgano a piacere.

 


 

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