Scuola, quando il senso critico fa paura
In merito alle nuove Indicazioni Nazionali 2025 per la scuola dell'infanzia e il primo ciclo di istruzione, recentemente presentate dal Ministro Valditara, dice la sua il segretario provinciale del Pd Michele Zanardi
Ho trovato naturale scrivere alcune riflessioni dopo aver letto le nuove Indicazioni Nazionali 2025 per la scuola dell'infanzia e il primo ciclo di istruzione, recentemente presentate dal Ministro Valditara. Fin dalla prima lettura, mi è parsa evidente una netta rottura con il modello educativo costruito negli ultimi anni, frutto di un’ampia partecipazione della comunità scolastica. Le Indicazioni del 2012 erano il risultato di un lungo percorso condiviso, che metteva al centro lo sviluppo integrale della persona, il pensiero critico e la cittadinanza attiva. Al contrario, il documento presentato recentemente dal Ministero sembra riflettere una visione chiusa, ideologica, e fortemente sbilanciata sul piano politico.
Questa deriva emerge con forza su almeno tre fronti. Il primo è quello della storia e dell’educazione civica, trattate secondo un'impostazione che privilegia un'identità nazionale omogenea e selettiva, con il rischio di appiattire la complessità del passato e ridurre il sapere storico a un dispositivo di appartenenza. In una fase storica come quella attuale, segnata da transizioni globali e crisi geopolitiche, questo tipo di approccio rischia di isolare le nuove generazioni anziché prepararle al confronto con la complessità del mondo.
Il secondo elemento critico è il modo in cui viene affrontato il tema del disagio educativo. La cosiddetta "hybris" adolescenziale viene associata a contesti familiari fragili, come se il bullismo e la fatica relazionale fossero il frutto quasi esclusivo della povertà educativa e materiale. Una lettura che banalizza la complessità delle dinamiche sociali e rafforza una visione classista, nella quale si cerca di spiegare i comportamenti devianti con l’origine sociale dei ragazzi, piuttosto che interrogarsi sulle condizioni strutturali della scuola e della società.
Infine, in modo forse più sottile ma non meno grave, si intuisce un disegno che mira a limitare l’autonomia scolastica. Si parla di valorizzare il ruolo dell’insegnante, ma lo si fa entro una logica verticistica, che punta a standardizzare i contenuti, ridurre il margine progettuale delle scuole e imbrigliare la libertà educativa dei docenti, elemento fondamentale specialmente in contesti complessi. In questo quadro, la professionalità delle nostre e dei nostri insegnanti, che rappresentano il cuore vivo della scuola italiana, capaci ogni giorno di costruire percorsi inclusivi, democratici, creativi e sensibili alla realtà, rischia di essere svalutata, se non apertamente ignorata.
Ecco perché credo sia indispensabile non restare in silenzio. La scuola non può diventare terreno di conquista per l'ideologia di chi governa: è un bene comune, un presidio democratico, un laboratorio quotidiano di futuro. Serve oggi una mobilitazione culturale e civica che coinvolga l’intera comunità educante: insegnanti, dirigenti, studenti, ma soprattutto genitori e famiglie.
Sono convinto che solo rafforzando i legami tra scuola e territorio, costruendo alleanze educative vere, con le associazioni, gli enti locali, il terzo settore, ma anche e soprattutto con le famiglie, si possa restituire alla scuola la sua missione originaria: formare cittadini liberi, consapevoli, capaci di pensare con la propria testa, nella piena realizzazione del dettato costituzionale. In gioco non c’è solo un modello pedagogico: c’è l’idea stessa di società che vogliamo costruire.
E la scuola, ancora una volta, può e deve essere il punto da cui ripartire.
Michele Zanardi
Segretario provinciale Pd