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martedì, 5 marzo 2024 Aggiornato alle 13:00Blog - Glocal

Presente e futuro del lavoro di cura

di Valerio Corradi
Quale sarà il futuro del lavoro di cura? Perché coloro che assistono quotidianamente anziani, malati e fragili non sono adeguatamente riconosciuti sul piano giuridico ed economico? 

La moltiplicazione delle fragilità collegate all’invecchiamento della popolazione e l’allargamento dell’area della non autosufficienza stanno aumentando esponenzialmente le richieste di svolgimento dei lavori di cura.

Si tratta di attività che vanno dall’assistenza quotidiana di persone anziane o malate all’esecuzione di varie mansioni domestiche (cucinare, pulire, fare la spesa, ecc.). Le tendenze in atto sono destinate a mettere ulteriormente sotto pressione un “sistema di welfare” che finora si è retto soprattutto sull’assunzione delle funzioni di cura da parte delle famiglie e sulle risposte della società civile organizzata. 

Da tempo è noto che le richieste sul fronte dell’invecchiamento sono assorbite solo in minima parte dai servizi di assistenza istituzionalizzati e che una buona quota di esse rimane in carico alle sole famiglie dove vengono affrontate ricorrendo a lavori individuali svolti da persone interne alla rete familiare oppure da figure esterne come le assistenti familiari.

La debolezza e la frammentazione dei servizi pubblici (ad esempio per l’assistenza domiciliare), il perdurante fenomeno delle liste d’attesa per l’accesso alle RSA e i crescenti costi delle prestazioni hanno costretto molte famiglie ad auto-organizzarsi con l’intento di rendere “gestibili” i vari aspetti dell’assistenza domestica quotidiana.

Ciò ha portato al ricorso a fornitori di assistenza (caregivers, soprattutto donne) o al reperimento sul mercato dell’assistenza privata (formale e informale) di lavoratrici esterne per buona parte straniere. Le dinamiche demografiche e i cambiamenti dei modelli familiari aumentano, già oggi, la difficoltà di molte famiglie a fornire da sole il supporto necessario ai propri membri più anziani e fragili.

Le proiezioni sui prossimi anni mostrano una progressiva riduzione dei caregivers a causa dell’assottigliamento del numero dei componenti dei nuclei familiari e del prevedibile aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro rispetto alle generazioni precedenti. Di fronte a queste tendenze, le pur fondamentali misure monetarie universalistiche come l’indennità di accompagnamento (i cui percettori sono peraltro passati, nel periodo 2016-2023, da 1,5 a 2,2 milioni) possono offrire un effettivo sostegno solo in presenza di una maggiore organicità nell’offerta dei servizi territoriali di assistenza e cura domiciliare forniti dal sistema sanitario (l’assistenza domiciliare integrata), dagli enti locali e dalle realtà del privato sociale.

Il lavoro di cura, retribuito o gratuito, merita quindi di essere ricompreso all’interno di un dibattito sul futuro del welfare che consideri le fatiche, lo stress e la solitudine sia degli assistiti sia di coloro che forniscono assistenza. In tempi di robotizzazione e di crescente applicazione dell’intelligenza artificiale il lavoro di cura è forse destinato a restare uno degli ultimi “lavori umani” in quanto basato su aspetti non completamente sostituibili dalla tecnologia quali sono le relazioni, l’empatia e l’emotività.

Tutti i lavori di cura, da quelli più visibili svolti dalle figure professionali a quelli informali, meritano di essere riconosciuti per il loro elevato valore sul piano sociale, professionale ed economico e di essere inseriti un coerente sistema di protezione sociale.   

 

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