I segnali del disagio. Parte prima
Vediamo in questi due articoli alcuni dei problemi tipici in cui il disagio si manifesta e come gestirlo.
L’IRREQUIETEZZA
E’ chiamata anche iperattività. E’ agitato, non solo di giorno ma anche di notte. Instancabile, sempre in movimento ed incapace di soffermare il proprio interesse ed attenzione nel tempo. Si distrae quindi rapidamente, cambiando gioco o attività.
Come aiutarlo? Comprendere questo bisogno sottostante al comportamento di disturbo, facendolo esprimere all’interno di un dialogo fatto d’attenzione, sostegno e ascolto attivo.
LA TIMIDEZZA
Può costituire un vero e proprio disturbo psicologico se compromette il normale rapporto con la realtà e se altera il rapporto con gli altri. Può risolversi acquisendo sicurezza e fiducia in sé e negli altri.
E’ normale che dopo i tre anni, quando si apre alla relazione, sia impacciato ed insicuro. E’ un disagio quando la preoccupazione e l’ansia per ciò che pensano gli altri sono tali da bloccare il suo comportamento fino a rinchiudersi in sé ed isolarsi.
A volte ha problemi di linguaggio, fino alla balbuzie. In altri casi evita tutte quelle situazioni difficoltose dichiarandosi subito incapace.
Come aiutarlo? Evitare un rapporto eccessivamente protettivo spesso caratteristico delle madri, che non lo aiuta di certo ad acquisire autonomia ed indipendenza . I padri dovrebbero lasciare andare l’autoritarietà ed esigenza sui tempi di espressione o su abilità eccessive.
LA RABBIA
Può esplodere o essere repressa: in quest’ultimo caso si trasforma in frustrazione ed insoddisfazione, oppure senso di colpa e paura della propria aggressività.
La funzione della rabbia è un meccanismo di protezione dalle minacce, dall’ingiustizia, sopraffazione, violenza. Consente al piccolo di difendere i propri diritti.
Ma la rabbia è difficile da accettare, specie se espressa male. Ci spaventa e la reprimiamo sul nascere; la liquidiamo dicendole che sono capricci. Mentre dentro di sé può pensare: “perché non stai con me e non mi ascolti”? “Perché non mi domandi cosa è successo prima di punirmi?” “Perché te la prendi sempre con me per il solo fatto si essere più grande di mio fratello?
Come aiutarlo? Permettendogli di esprimere i suoi sentimenti, anche quelli più imbarazzanti, invece di reprimerli. Contenere la rabbia in forme adeguate di espressione ma non reprimerla. La rabbia repressa può trasformarsi in risentimento e aggressività distruttiva.
Rispettare le emozioni in atto significa aiutare a gestirle e permettere opportunità accettabili di comunicazione.
Nei prossimi giorni, con la seconda parte di questo articolo, verranno descritti i disagi che si nascondono dietro le bugie, i furti, i disturbi alimentari…
Gianpiero Rossi
gprossi@intelligenza.it
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