Il corpo dei nativi digitali
Il corpo è diventato un’immagine da postare, un’icona da mostrare che soddisfa il diffuso narcisismo dei tempi. Purtroppo gli dolescenti non si raccontano più.
Twittare è diventato un verbo che ha avuto grande successo ma ha ridotto la comunicazione a 140 caratteri.
Troppo pochi per raccontare di sé e delle proprie emozioni e tentare di interrompere la sofferenza e la paura, l’apatia e la timidezza che in adolescenza sono di casa.
Un tempo c’erano le lettere che ti aiutavano a esprimere un cumulo di sentimenti soffocati che nascevano nel corpo e che non sapevi dire. Scriverne poteva permettere di parlarne e alleggerirsi e qualche volta addolcirne il sapore acre con la penna.
Quando in adolescenza il corpo si risveglia, di solito si manifesta rumorosamente, ma oggi rimane troppo a lungo incerto, ridotto solo a un’immagine costruita su altre immagini più virtuali che reali.
Il corpo che cambia fa paura, a volte angoscia e i ragazzi, maschi o femmine che siano, prigionieri del loro infantile egocentrismo, sembrano incapaci di uscire dall’adolescenza.
Molti si rifiutano di crescere, di cambiare e mutare di aspetto.
A guardarli li vedi fisicamente bambini che temono il mondo o, addirittura, lo rifiutano con inspiegabili angosce che chiamiamo fobie.
Altri si accaniscono sul loro corpo, lo maltrattano oppure lo negano e non è un caso che siano in aumento i disturbi del comportamento alimentare e temibili patologie come l’anoressia.
Nell’era digitale il corpo può diventare ancora di più un problema.
Perché non è solo un involucro, ma è l’aspetto esterno dell “Io”, una sorta di abito che riveste il mio mondo interno e con il quale posso mostrarmi agli altri, farmi conoscere e farlo conoscere.
Non vi è dubbio che nella fase adolescenziale è sempre stato faticoso accettare il proprio corpo, anche solo portarlo appresso.
Sovente percepito come ingombrante e inopportuno, ha richiesto percorsi di integrazione a volte difficili e lunghi che hanno attraversato l’identificazione con il gruppo e il confronto coi pari, con i loro corpi fisici e reali.
Un’operazione importante, a volte complicata, ma utile a differenziarsi e individuarsi per sviluppare la propria identità psichica e la propria personalità.
Ora tutto tutto sembra più difficile.
Nel mondo virtuale il corpo fisico ha perso gran parte della sua fisicità e materialità. È diventato un “io corporeo” evanescente e smaterializzato.
Per questi adolescenti digitali proiettati all’esterno che sono cresciuti con la complicità pervasiva dei videogiochi con cui hanno giocato e finto per anni, il corpo che non è più un limite.
Men che meno viene sentito come confine entro il quale si realizzano e si vivono stati d’animo, emozioni, sentimenti.
Così questi ragazzi non lo vivono pienamente e non lo sentono se non con dosi massicce di adrenalina con cui cercano di superare apatia e noia.
Cresciuti con infinite emoticon sono abilissimi nel sintetizzare uno stato d’animo con uno smile ma forse in grande difficoltà a dare un nome a ciò che provano nel corpo, a gestire le emozioni e riconoscere quelle degli altri.
Giuseppe Maiolo