20 Gennaio 2019, 08.00
Blog - Genitori e figli

Se le maestre picchiano i bambini

di Giuseppe Maiolo

Le immagini delle maestre che maltrattano i bambini mettono in evidenza, una volta di più, come la violenza sui minori sia ancora una vergognosa piaga sociale


Le immagini delle maestre che maltrattano i bambini in una scuola dell’infanzia, in rete diventano subito virali. Si diffondono rapidamente e, una volta di più, mettono in evidenza come la violenza sui minori sia ancora una vergognosa piaga sociale. Allora oltre all’indignazione si riaccende il dibattito sul come fermare questi comportamenti e ritorna l’idea delle telecamere a scuola.
Personalmente non la condivido anche se concordo sul fatto che possa servire come deterrente.

Credo invece che rappresenti il segnale di un problema grave tra i tanti da affrontare a scuola, ma che anche sia il modo per ammettere una sorta di fallimento del sistema formativo. Le telecamere in classe se ci permettono di controllare come si comportano gli insegnanti, implicitamente ci dicono che nelle scuole vi sono persone disturbate, violente e pericolose per i bambini, da individuare e sospendere dall’attività, quando però hanno già combinato guai.

Inoltre indicano il fallimento di chi fa la difficile professione dell’insegnante, in quanto mestiere che richiede soprattutto equilibrio psichico e non solo competenze didattiche. Ritenere necessario l’uso delle telecamere in classe vuol dire ammettere che come educatore io ho bisogno di strumenti di controllo esterno perché sono carenti i freni interiori per i miei impulsi aggressivi.

Se guardiamo alcuni dati statistici, possiamo capire che il maltrattamento a scuola è fenomeno ancora troppo frequente e colpisce un numero elevato di minori. Un’indagine dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza svolta su un campione di 8 mila adolescenti tra i 14 e i 19 nell’anno scolastico 2016/17, ha messo in evidenza un dato drammatico: il 20% di loro ricorda maltrattamenti e insulti subiti nei primi anni di scuola da parte degli insegnanti. Il 7% dice di essere stato picchiato o strattonato oltreché offeso pubblicamente e il 10% ricorda di aver dovuto cambiare scuola per fuggire dalla violenza di alcuni educatori. 

Ci viene così da pensare che i docenti che hanno queste condotte, siano insegnanti incapaci di fare il difficile mestiere dei formatori. Li giudichiamo impreparati da un punto di vista professionale perché non sono in grado di occuparsi dei loro allievi con amore e rispetto. Questo può essere vero, ma solo in parte, perché una cosa è la preparazione didattica e un’altra la capacità di gestire la relazione, governare se stessi e il proprio universo affettivo ed emotivo. Per la didattica si viene preparati frequentando, oggi, cinque anni di università, ma per la conoscenza di se stessi e la gestione delle personali dinamiche interne, non vi sono percorsi formativi pensati per gli educatori.

Eppure diceva Jung “I bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi”. Intendeva dire che la relazione insegnante-bambino non si gestisce solo con la testa né con le competenze cognitive acquisite, ma dipende esclusivamente dalla elaborazione che l’adulto è riuscito a fare della sua storia e delle personali esperienze infantili.

A giudicare dalla frequenza con cui le condotte violente si registrano tra i banchi scolastici, è opportuno pensare alla formazione emotiva dei docenti ed è urgente immaginare di formarli alla conoscenza di se stessi e alla gestione delle proprie emozioni. Dare spazio a questi aspetti formativi da inserire nei percorsi universitari di chi andrà ad insegnare, consente di prevenire il dilagare dei comportamenti violenti.

Ma il problema non si risolve ancora se non ci si preoccupa di verificare qual è il loro quotidiano carico emotivo, soprattutto quando si trovano a gestire classi numerose e sempre più complesse. Non li aiutiamo se non diamo loro strumenti utili alla gestione dello stress che alimenta difficoltà di autocontrollo e produce burnout e depressione.

Giuseppe Maiolo
Università di Trento
www.officina-benessere.it


Commenti:
ID79253 - 20/01/2019 14:23:30 - (Giacomino) - Negli anni in cui frequentavo la scuola elementare

se ci fossero state le fotocamere in classe avrebbero sì registrati episodi in cui l'insegnante usava una robusta bacchetta di nocciolo con certi alunni che da incalliti "ripetenti" ripetevano tranquillamente l'anno scolastico due o anche tre volte. Avrebbero anche registrato il motivo per cui questi soggetti facevano il possibile per meritarsele le bacchettate che il più delle volte ottenevano solo l'effetto di fare uscire la polvere delle giubbe. L'insegnante era una giovane signora che io ricordo con affetto ma che i miei compagni mandavano letteralmente fuori dai gangheri, poi i tempi sono cambiati, mi dicono

ID79257 - 20/01/2019 17:21:00 - (Tc) - ...

c'e' da dire che molti docenti,chissa' come lo sono diventati docenti,chissa' che aiutino han avuto per aver certi posti,chissa' che passione ci ha messo per mettersi al cul@ un posto di lavoro statale...c'e' poco da dire,la professione del maestro,come del prete,come del medico devono partire da dentro,una sorta di vocazione,esulando dal bel posticino sicuro e soldini a fine nmese,si lavora per il denaro,vero,ma lo si deve fare meritandolo in base alle proprie competenze,queste maestre sono solo delle isteriche che chissa' che figli a loro volta isterici avran tirato su,per certe professioni bisognerebbe fare un corso psicologico che possa individuare in tempo un possibile disastro,perche' un operaio sbaglia il pezzo lo rifa' ma se una maestra sbaglia ci vuol molto tempo per riparare ai suoi sbagli e chissa' se sarà sufficiente...questi qui meglio toglierli dal lavoro e mandarli in fonderia,che chissa' perche' cercan sempre personale,forse ga' pasa l'isterismo...

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