15 Marzo 2018, 07.00
L'opinione

Stabilità, governabilità e laicità

di Luca Rota

In un Paese governato per quarant’anni dalla Dc con l’avallo di socialisti, liberali e repubblicani, per altri venti da Berlusconi, D’Alema e Prodi, e negli ultimi sette da Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, ad oggi ci si ritrova come problema principale l’“inesperienza” della nuova classe politica, per giunta votata da un elettore su tre


Se chi ha gestito le nostre sorti fino ad oggi è stato “competente”, credo che le enormi problematiche che ci affliggono siano da ridursi a due: o la competenza fa male, anzi, fa bene solo a pochi; o magari ci si è un po’ confusi sul concetto stesso di competenza. 
Verrebbe un po’ da ridere (o da piangere) se pensiamo che la vecchia classe dirigente, quella “competente”, trasborda di condannati per reati di vario genere, di certo non le figure migliori da delegare alla gestione della Cosa Pubblica. 
 
Se foste proprietari di un’azienda, o di un’attività qualsiasi, deleghereste a gestirla persone condannate per reati di corruzione, peculato, bancarotta e altra roba del genere?
 
La nuova classe politica ha dalla propria la totale assenza di personalità con condanne a carico, il che non sembrerebbe così catastrofico. Sembrerebbe si tratti di gente pulita, che se continuasse a restare forza di opposizione, ruolo occupato magistralmente in questi 5 anni, sarebbe impossibile da criticare per eventuali decisioni di governo. Appunto perché non governerebbe.
 
A mio avviso bisognerebbe dare loro la possibilità ed il tempo materiale di poter attuare quanto promesso, e solo in un secondo momento dibattere e criticarne l’operato, se lacunoso. 
 
Non mi trovai d’accordo con loro quando votarono contro lo ius soli, oppure quando si allearono col fascista Farage dopo le Europee, o nei ripetuti attacchi alle Ong. Non mi trovo d’accordo con loro quando non parlano di antifascismo. Trovo però giusta la loro proposta di reddito di cittadinanza, i tagli agli stipendi e ai privilegi della classe politica, il finanziamento alla pmi, la trasparenza e l’ottimo lavoro di opposizione, fatto di attacchi diretti supportati da video e da dati, e senza l’uso del politichese.
 
Non trovo giuste, inoltre, quelle gogne mediatiche messe in scena da quella parte politica, fino a ieri la classe dirigente del nostro Paese, oggi diventata (e non per caso) forza minoritaria. Esse hanno del ridicolo proprio perché costoro sembrerebbero dimenticare che ciò che l’Italia è oggi le compete (in negativo) ed anche in toto. È proprio questo il motivo per cui milioni di elettori hanno deciso di affidarsi all’altra classe politica (quella nuova), e non più a loro. 
 
Per giudicare la bontà o l’iniquità di un lavoro, si dovrebbe guardare ai risultati, non alle intenzioni. Così come, allo stesso modo, il consenso lo si dovrebbe meritare, non comprare. Lasciamoli lavorare, proporre, ma soprattutto fare; poi eventualmente, dibattere e criticare, fare delle proposte alternative.
 
Cent’anni or sono, Lenin raggiunse il potere in un’Unione Sovietica stremata dalla fame e dalla partecipazione ad una guerra non voluta ed estenuante, promettendo al proprio popolo “pane e pace”. Oggi si parla di certo un’altra lingua, anche se le categorie storico - sociali non sono cambiate. Destra e sinistra esistono ancora: i secondi sono quelli che non riescono a trovare lavoro, e se ce l’hanno faticano a mantenerlo o non riescono ad arrivare alla fine del mese, a curarsi se malati, e a crearsi un futuro. I primi sono quelli che mangiano sulla loro precarietà.
Un capo di governo che si rispetti non dovrebbe promettere gli “antichi” pane e pace, ma welfare e lavoro, oppure presente e futuro. Perché non esiste un soggetto politico che non sia né di destra né di sinistra. In una delle due categorie si identificherà per ciò che farà. È il modo in cui governi che dice chi sei.
 
La priorità dei giorni nostri sembrerebbe proprio essere una legge elettorale, che a differenza della precedente, votata a colpi di fiducia, garantisca governabilità, consentendo a chi vince le elezioni di attuare la propria idea politica senza bisogno d’inciuci. Ce n’è bisogno più che mai, così come c’è bisogno ancora di pane e di pace, che tradotti nel linguaggio moderno significano “stabilità”. 
 
Altra cosa da limitare sarebbero le intromissioni di Stati stranieri, qual è quel Vaticano che, attraverso la voce della Chiesa cattolica, prova ad intromettersi in cose che non lo riguardano. Dovrebbe preoccuparsi di curare le anime, non gli eventuali governi. 
Un capo di governo che si rispetti forse farebbe meglio a studiare in che modo ridare a chi l’ha votato welfare e lavoro, e nel tempo libero ripassare l’articolo 7 della Costituzione, invece di citare De Gasperi. 
 
P.S. : una postilla doverosa, anche se non dovuta. No, non sono elettore, sostenitore, attivista, tifoso 5 stelle. Di solito in questi casi mi davano del comunista… ma non sono neanche quello, perché, come diceva Flaiano, “non me lo posso permettere”. Sono semplicemente uno che scrive ciò che pensa.  


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