01 Febbraio 2007, 00.00
Vobarno
Comunità di recupero

Un volto europeo per i «Rucc»

La comunità di recupero «Ai Rucc e dintorni» di Vobarno, fondata da don Raffaele Licini nel 1981, apre le sue porte alla collaborazione di giovani provenienti da altre nazioni.

La comunità di recupero «Ai Rucc e dintorni» di Vobarno apre le sue porte alla collaborazione di giovani provenienti da altre nazioni.
La comunità è nata nel 1981 quando don Raffaele Licini, oggi parroco a Botticino ma allora curato a Vobarno, decise di accogliere in casa due ragazzi caduti nel vortice della droga per aiutarli ad inserirsi poi nella comunità per tossicodipendenti di don Redento Tignonsini.
Nel dicembre di tre anni dopo, don Licini creò a Vobarno la Cooperativa «Ai Rucc e dintorni», e la stessa cooperativa diede poi vita alla comunità terapeutica per tossicodipendenti «Ai Rucc» in località Ronchi, sulla strada che da Vobarno conduce in Degagna, con Giuseppe Zabbeni presidente.

Da allora sono oltre 200 giovani che sono passati da lì, nel tentativo non facile di uscire dalla schiavitù della tossicodipendenza. Ed oggi, a 25 anni da quei primi passi, la Comunità si apre a Romania, Danimarca, Francia, Spagna, Svezia e alla Lituania: «Abbiamo iniziato con Alin - racconta Emanuele Tonoli, educatore della prima ora, coinvolto allora da don Licini - ragazzo rumeno che è rimasto da noi per un anno per condividere il nostro progetto di recupero. E, terminata la sua esperienza di condivisione della realtà de «I Rucc», oggi è tornato da noi per aiutarci e per aiutarci nel recupero di chi si è smarrito nel mondo della droga».

Alla fattoria de «Ai Rucc» si allevano gli animali (dalle mucche ai maiali, dai cavalli alle capre, dalle pecore agli asini, dalle api ai colombi, dai conigli ai cani), si coltivano i fiori (dai gerani alle stelle di Natale), si puliscono bosco e terreno, si tagliano il fieno e la legna, si gestisce un maneggio in malga, si raccolgono le olive per produrre olio, si allevano le api per il miele, si raccolgono le castagne, si fanno formaggi ed altro ancora.
Dopo Alin, che ha deciso poi di tornare, è toccato Jacob, arrivato dalla Danimarca, seguito da Silvan, giovane francese; poi lo spagnolo Pablo, Martin dalla Svezia, e Jarek dalla Lituania: questi ragazzi, per un intero anno, restano da noi per 36 ore alla settimana nell’ambito del volontariato internazionale. Mangiano e dormono qui, e fanno esperienza di piena condivisione della nostra realtà. Condividono l’esperienza quotidiana della cooperativa, fatta di attività lavorative, creative ed educative».

Ed anche di fede, per chi lo desidera: «Noi proponiamo anche un cammino di spiritualità, e chi vuole lo segue. Ma quel che conta è dare una mano al prossimo, aiutarlo a ricostruire quelle regole del vivere civile che, nel cadere nella dipendenza, si erano perdute».

m.pas. da Bresciaoggi


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