Stampanti 3D, il sogno americano è al Perlasca di Vobarno

Il presidente degli Stati Uniti d’America ha in mente un obiettivo ambizioso: dotare ogni scuola di una stampante tridimensionale.
Ebbene: la sede vobarnese del Perlasca ne ha già due. E come se non bastasse, sono state costruite in proprio, progettate e realizzate dagli studenti con costi irrisori, addirittura con materiali riciclati.

E’ il frutto di due anni di lavoro di quella che è oggi la classe Quinta B ad indirizzo meccanico.
Nel laboratorio di meccanica appunto, dietro l’abile guida del professor Fabio Caruccio supportato da alcuni colleghi di altre discipline, le competenze degli studenti si sono formate fondendo insieme concetti di meccanica, di elettronica e di informatica.

Un’ottica interdisciplinare all’interno della quale il risultato è strabiliante, tanto che non risulta ci siano altre scuole il Italia che al momento siano riuscite a fare altrettanto.

«Il principio è quello delle macchine a controllo numerico, solo che qui viene utilizzato al contrario: invece che gestire utensili che tolgono del materiale per realizzare un oggetto, nel nostro caso la materia viene accumulata fino a creare lo stesso oggetto, per altro senza produrre scarti» ci ha detto Giorgio Bacchetti, di Barghe, che ha progettato ed assemblato la sua stampante 3D insieme al compagno Thomas Piardi, che invece è di Sabbio Chiese.

Sembra un manufatto dell’Ikea: legno compensato, cilindretti, viti e cavi, con l’aggiunta di motorini passo-passo, cinghie di trasmissione e di un display.
E funziona: «Il progetto viene realizzato al computer, si salva su una memory card che grazie ad una scheda da noi modificata permette alla stampante di funzionare in remoto» ci spiegano.

E per farci capire che non si tratta di semplice esercitazione ci stampano lì per lì un plettro per chitarra, ovviamente funzionante: «Per ora riusciamo a gestire Abs o Pla, ma il limite è solo il trattamento del materiale, non la stampante o la sua gestione».

Così si passa ad un’altra stampante 3D: progettata e ancora non del tutto realizzata: «Questa sarà in grado di costruire oggetti ben più grandi e potremo decidere se farli in ceramica, oppure in cioccolato» annuncia il “prof”, pensando già di coinvolgere l’Alberghiero del “Perlasca”, che ha sede a Idro.

Ingegno dunque, con l’accortezza di non sprecarne nemmeno una stilla.
Ogni progetto, infatti, viene condiviso su thingiverse.com, perché altri possano svilupparlo.
Non mancano i frequanti collegamenti col mondo universitario e con alcuni stusiosi da tutto il mondo che sono stati prodighi di consigli.

«Ci piacerebbe coinvolgere anche altre scuole, perché sono convinto che tutti insieme saremmo in grado di far crescere dei ragazzi in grado di affrontare questa nuova rivoluzione industriale che è la realizzazione di oggetti di ogni genere semplicemente stampandoli» afferma Caruggio.

E se non bastano le stampanti 3D ecco che nel laboratorio di meccanica è pronta anche una mano robotica, questa pensata e realizzata da Stefano Saponi e da Cristian Bessi, uno di Prevalle e l’altro di Roè: le parti della mano, ovviamente, sono state stampate in classe in 3D, poi ci sono sensori, servomotori, tiranti e scheda elettronica per la gestione dei movimenti.
Tutto (o quasi) made in Vobarno.

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