05 Dicembre 2020, 07.37
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Sanità di territorio, opera incompiuta

di red.

Sono soprattutto le realtà periferiche come la Valle Sabbia a subire l’impoverimento della medicina di territorio. Ecco una proposta alla Regione che parla anche valsabbino


Da H+, che significa “Health Plus” (più salute), progetto bresciano che da qualche tempo lavora sull’idea di promuovere il valore della sanità, intesa come sistema di persone, molteplicità di servizi, modelli organizzativi, attività di ricerca e luogo di innovazione, arriva una proposta sul tema della “sanità di territorio”, che presenta molteplici aspetti complessi ed articolati.

Una proposta che porta anche la firma del “nostro” Valerio Corradi, sociologo, docente alla Cattolica, che vive a Roè Volciano e la realtà valsabbina la conosce bene.

«Nel corso degli ultimi anni, il legislatore nazionale e regionale, attraverso diversi interventi, ha cercato di disegnare un’organizzazione territoriale della sanità ispirata ad azioni di prevenzione, presa in carico, cura, riabilitazione e monitoraggio.
L’intento generale è stato quello di valorizzare e di riorganizzare le figure giù presenti sul territorio e promuovere la transizione verso nuovi modelli organizzativi».

Così inizia, analizzando la situazione, quella che poi diventa una proposta di lavoro sul campo.
E prosegue:

«Questi strumenti normativi e regolamentari si sono succeduti non sempre con armoniosa disposizione e con coerente sviluppo al punto che, oggi, sul territorio si sconta una evidente difficoltà nel far fronte in modo adeguato alla presa in carico dei bisogni della persona.
La pandemia in corso non ha fatto altro che peggiorare questo già precario assetto evidenziando la necessità di potenziare, accanto ai poli ospedalieri, la medicina di territorio e il relativo corollario di professionalità in grado di fornire interventi fino all’interno del domicilio del paziente.

L’area delle cosiddette Cure Primarie rappresenta, a nostro avviso, il tema centrale della sanità territoriale.
I modelli organizzativi, gestionali, clinici e tecnologici riferibili alle figure centrali ed imprescindibili del Medico di Medicina Generale, del Pediatra di Libera Scelta e del Medico di Continuità Assistenziale costituiscono la sfida concreta e reale per costruire una infrastruttura sanitaria territoriale adeguata.

L’IMPEGNO PER UN DECISO RILANCIO DELLA  SANITÀ LOCALE

Raccogliendo e ampliando le crescenti sollecitazioni a puntare su un nuovo rapporto tra sanità e territorio, il presente contributo vuole essere concreto e sintetico e vuole sviluppare alcune proposte positive già previste sia da norme nazionali, come il “Decreto Balduzzi”, sia da norme regionali lombarde come la L.R. 23 del 2015 (Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo).
Ricordiamo, a titolo d’esempio, le AFT (aggregazioni funzionali territoriali), le UCCP (unità complesse di cure primarie), i PRESST (presidi sociosanitari territoriali) e i POT (presidi ospedalieri territoriali).

Questi rappresentano buoni punti di partenza, mai seriamente sviluppati, necessariamente da migliorare, correggere e sviluppare anche alla luce delle nuove esigenze che non possono prescindere dal ruolo dell’Infermiere di Comunità e dalle USCA (unità speciali di continuità assistenziale) oltre che da una dotazione tecnologica non più rinviabile. Il tutto nella convinzione che avvicinare i servizi ai cittadini (e non viceversa) favorisca una svolta positiva nella promozione della salute, e possa dare concretezza ai principi di qualità, prossimità e sostenibilità.

LE NOSTRE PROPOSTE

La consapevolezza del grave ritardo nel costruire concretamente un assetto territoriale della sanità ci porta, con determinata umiltà, e nel rispetto dei ruoli e delle sensibilità di ogni attore coinvolto, a sottoporre alle istituzioni preposte, agli enti ed alle categorie interessate le seguenti pragmatiche proposte:

1. CREAZIONE DI UNA INFRASTRUTTURA DIGITALE ADEGUATA A GESTIRE GLI ADEMPIMENTI BUROCRATICI CHE OGGI GRAVANO TOTALMENTE SUI MMG.
Queste piattaforme possono essere gestite da profili amministrativi che opereranno in stretto raccordo con i medici delle Cure Primarie, consentendo così al medico di dedicarsi all’attività clinica e non a quella burocratica, ottimizzando ed incrementando la performance assistenziale.

2. COSTITUZIONE DELLE UNITÀ TERRITORIALI DI PRESA IN CARICO UNIT CARE.
Si tratta di cambiare approccio culturale verso il territorio.
Questo deve diventare protagonista attivo della sanità territoriale promuovendo la nascita delle Unit Care.

SI tratta di strutture poliambulatoriali realizzate in spazi messi a disposizione dai Comuni, nelle quali i medici delle cure primarie, unitamente ad altre figure come le Usca, l’Infermiere di Comunità, gli Oss ecc, possano gestire non solo l’ordinaria attività di medicina generale, ma possano anche avere a disposizione alcuni posti letto a bassa intensità da attivare in caso di emergenza/pandemie/calamità naturali.

Questo presuppone un evidente incremento finanziario per le cure primarie ed una responsabilizzazione formale di tutti gli attori del territorio (Mmg, sindaci, ecc).
La gestione amministrativa delle Unit Care potrebbe essere affidata ad enti del terzo settore in modo da configurare un modello nuovo di partnership pubblico-privato sociale territoriale. 

Vincenzo Lanzoni
Valerio Corradi

Per saperne di più:
www.accapiu.it
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