25 Febbraio 2013, 07.00
Valsabbia
Politica e affari

I cani che sanno annusare

di Leretico

A chi volesse capire meglio come funzionano certe cose della politica di questi giorni suggerirei di rispolverare la storia di Ernesto Belloni podest a Milano tra gli anni 1926 e 1928

 
In quei tempi Mussolini, superata la crisi del delitto Matteotti del 1924, era riuscito a consolidare il suo potere attraverso quel complesso di leggi autoritarie, definite successivamente "speciali", con cui in pratica mise fuori legge tutti i partiti avversari.
La storia di Ernesto Belloni è molto interessante perché si presenta non solo come l'antesignana della tangentopoli repubblicana degli anni novanta dello scorso secolo, ma anche perché in essa si disegna lo schema generale di funzionamento della corruzione nella politica italiana anche dei giorni nostri.
L'elemento che però la rende emblematica è l'uso della comunicazione a mezzo stampa che determinò il destino politico dei suoi protagonisti.
 
Ernesto Belloni, sin dalla sua nomina a podestà di Milano, non godeva di un'immagine limpida.
Era chiacchierato per la sua ricchezza di dubbia origine che improvvisamente aumentò proprio nei primi mesi del suo incarico di primo cittadino milanese.
La sua fortuna monetaria sembrava legata ad un finanziamento di circa 30 milioni di dollari ottenuto per Milano attraverso la vendita di titoli del debito italiano sul mercato statunitense.
 
Si mormorava, negli ambienti bene della città, che il podestà avesse ricevuto una tangente veramente cospicua, ritagliata da tale finanziamento.
Inoltre aveva interessi ramificati in tutta la città che gestiva indisturbato con piglio affaristico e spregiudicato.
Vi lascio immaginare i numerosi paragoni possibili con personaggi dei nostri giorni.
 
La sfortuna del Belloni fu di appartenere alla corrente di Augusto Turati e di Arnaldo Mussolini.
Turati era stato chiamato da Mussolini nel 1926 alla carica di segretario del partito fascista al posto dell'iracondo Farinacci, allo scopo di "moralizzare" il partito e di limitare il "rassismo" che così gravemente aveva messo a rischio il regime con il delitto Matteotti.
In pratica avrebbe dovuto togliere di mezzo quei gerarchi che troppo smaccatamente si erano arricchiti e spadroneggiavano nei loro territori tanto da rappresentare un problema serio per Mussolini e per la sua politica.
 
Farinacci, ex segretario colpito nell'orgoglio dalla sua esclusione a favore di Turati, non potendo colpire direttamente né Turati né tantomeno il fratello di Mussolini, attaccò i loro più vicini e proprio per quell'affarismo immorale che Turati si era incaricato di punire.
Farinacci mirava ad essere considerato il vero "moralizzatore" del partito fascista e per questo utilizzò contro gli avversari tutti i mezzi a sua disposizione: pedinamenti, indagini segrete, articoli sul suo giornale "Regime fascista" edito a Cremona.
 
Lo scandalo Belloni non sarebbe mai venuto fuori se Farinacci non avesse insinuato, in più articoli velenosi nel luglio del 1929 sul suo giornale, che l'ex podestà di Milano avesse approfittato dei soldi americani.
A Milano si diceva che nello scandalo fosse coinvolto anche Arnaldo Mussolini. La cosa non piacque per nulla al Duce.
 
Lo sventurato Belloni rispose.
E lo fece proprio sul giornale cremonese di Farinacci, minacciando querela per diffamazione.
La polemica andò avanti e costrinse Mussolini a nominare una commissione d'inchiesta sul caso che fece emergere la grande disinvoltura affaristica dell'ex podestà Belloni, il quale fu sospeso a tempo indeterminato da ogni carica del partito e da ogni attività pubblica. Anche a Farinacci non andò bene: fu deplorato pubblicamente ed allontanato dalla cerchia importante del potere mussoliniano.
 
Cosa insegna questa storia?
Innanzitutto potremmo affermare che la stampa è un mezzo importante per far emergere la verità della corruzione politica ed esso può funzionare anche in un regime di completo asservimento come fu quello del ventennio fascista.
In seconda battuta potremmo tristemente aggiungere che solo quando i polli litigano c'é una speranza di scoprirne le malefatte.
Quando tutti sono d'accordo nel rubare, nulla trapela all'opinione pubblica la cui indignazione potrebbe travolgere l'intero sistema.
 
Così oggi inviterei a seguire con attenzione quando i politici nostrani litigano, perché nella foga del botta e risposta potrebbero emergere corruzioni e malversazioni.
 
Per concludere non sottovaluterei quello che Leonardo Sciascia ebbe a scrivere ne "Il giorno della civetta", il suo romanzo più famoso del 1961:
"Bisognerebbe, di colpo, piombare sulle banche; mettere mani esperte nelle contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende; revisionare i catasti.
E tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche o le tendenze o gli incontri dei membri più inquieti di quella grande famiglia che è il regime, e dietro i vicini di casa della famiglia, e dietro i nemici della famiglia, sarebbe meglio si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e tirarne il giusto senso".
 
Come vorrei che davvero si cominciasse, in ogni comunità, dalle più piccole alle più grandi, ad "annusare" con dei bei cani dal naso fino intorno alle ville principesche, alle automobili costose e alle amanti arroganti e dichiarate di certi funzionari pubblici.
Si potrebbe capire di avere un arma contro gli affaristi senza scrupoli vecchi e nuovi, senza dover sperare nei loro litigi per ottenere la loro estromissione, la loro giusta fine politica.

Leretico


Commenti:
ID28924 - 25/02/2013 13:52:54 - (Aldo Vaglia) -

Non solo Sciascia, ma anche Pasolini poteva dire: io So! Senza attendere una magistratura che in genere fa giustizia per i ladri di polli. E a chi gli chiedeva di entrare in politica per scoprire dall'interno gli indizi cosi' rispondeva: il coraggio intellettuale della verita' e la politica sono due cose inconciliabili in Italia.

ID28927 - 25/02/2013 19:38:05 - (genpep) -

l'articolo di Leretico è pubblicato nel giorno ideale per fare delle riflessioni. cominciano le prime dichiarazioni sull'esito delle votazioni riassumendo: a sx "il popolo non ha capito" tradotto, chi non ci vota è scemo. a dx "Berlusconi è il meglio" tradotto, chi non lo vota è peggio che scemo, è comunista. la lega"forse non dovevamo allearci col nano tradotto "al nord ci sono troppi terroni comunisti. Monti e tutti i partitini "l'Italia è ingovernabile" tradotto, non ci possiamo più fare i cazzi nostri! non sarà invece che il popolo ha capito tutto e non li vuole più vedere e soprattutto mantenere?

ID28936 - 25/02/2013 22:59:54 - (Capitano) - bene bene..

Bell'articolo e di piacevole lettura.Mi permetto 2 osservazioni. 1. Quello che lei auspica in calce direi che (negli intenti) corrisponde a quello che vorrebbe fare il M5***** (quello che genpep ha by-passato nella sua elencazione) :D . Vedremo se poi alle parole seguiranno i fatti. 2. La stampa è morta (Grillo quando spara su questo ha ragione). La rete è ormai lo strumento che può portare al risultato auspicato da Lei.Complimenti ancora per il lavoro.

ID28940 - 26/02/2013 06:32:31 - (Dru) - il fatto rilevante per l'uomo

non è il riconoscere la realtà ma il prevederla.

ID28941 - 26/02/2013 06:35:39 - (Dru) - interessante a questo proposito il tuo titolo in riferimento ad un mio articolo

"Beppe Grillo e Internet" una mia pubblicazione di quasi un anno fa e che fece da capofila ad una serie sulla tecnica.

ID28942 - 26/02/2013 06:43:29 - (Dru) - o...

"Quella di Grillo è una vittoria di Internet?" 23/05/2012

ID28943 - 26/02/2013 06:45:10 - (Dru) - o...

..."Tecnica 3.1" 19/12/2012

ID28944 - 26/02/2013 06:53:13 - (Dru) - o...

"La Tecnica" del 06/06/2012

ID28945 - 26/02/2013 07:01:11 - (Dru) - o...

"L'inautentico mondo della tecnica non esiste" di Alberto Cartella a cui rispondo oggi, visto come esiste il mondo della tecnica ? e quanto è fondante della realtà la filosofia Leretico ? di non preoccuparti di chi dice, ma si tu fai filosofia, poiché quelli non sanno che stanno allora parlando con il demiurgo , sempre che sia vero che quello che sta facendo i supposto filosofo sia filosofia.

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