12 Aprile 2023, 09.08
Valsabbia
Blog - Aqua Alma

Eppur si muove: la nuova agenda per l'acqua dell'Onu!

di Mariano Mazzacani

Niente di nuovo sul fronte occidentale! Parafrasando Remarque ritorniamo a parlare di crisi idrica. Il fronte occidentale è il nostro, quest’ampia area del nord est che pare divenuta ormai un’enclave siccitosa unica a queste latitudini


Il CNR grazie ad una ricerca portata a termine da Michele Brunetti (Cnr-Isac) in collaborazione con Marco Carrer (Dipartimento Territorio e Sistemi AgroForestali dell'Università di Padova), ci conferma il forte cambiamento in atto su cui certamente le attività umane hanno impattato fortemente. Lo studio si è concentrato sul manto nevoso la cui durata si è accorciata di oltre un mese.

Gli studiosi inoltre specificano come la neve stia diventando sempre più effimera nelle nostre Alpi. Nonostante la tipica variabilità meteorologica tra un inverno e il successivo, quello di cui siamo testimoni non si è mai riscontrato da prima della scoperta delle Americhe.

Lo studio del manto nevoso potendo contare su dati che non vanno al di là che di pochi decenni ci possono dare un quadro relativo sui cambiamenti climatici, perciò, è necessario superare l’orizzonte fornito dai dati strumentali e affidarsi anche ad altre fonti in grado di recuperare nel tempo informazioni climatiche fondamentali.

Lo studio si è basato sui dati forniti dagli anelli di accrescimento del Ginepro, un arbusto perenne che può raggiungere età considerevoli (oltre 400 anni), in grado perciò di restituirci scenari sul manto nevoso abbastanza chiari. Incrociando le misure degli anelli di accrescimento del ginepro, con un modello di permanenza del manto nevoso elaborato ad hoc, è stato possibile ricostruire le condizioni di innevamento negli ultimi sei secoli.

Questo studio ci restituisce la drammaticità del momento che stiamo vivendo poiché per la prima volta si riescono ad ottenere informazioni su un così lungo orizzonte temporale per questa variabile meteorologica. La neve ha infatti un ruolo chiave nel bilancio energetico terrestre, ma è anche fondamentale per i sistemi naturali, sociali ed economici della regione alpina che si sostengono grazie alla sua disponibilità.

Nell’immediato però questa nuova siccitosa primavera non ci porterà le tanto auspicate e fondamentali precipitazioni che potrebbero donare un po’ di sollievo alle nostre assetate terre. Nei prossimi giorni sono attesi venti secchi e gelidi, un fronte artico che porterà rovesci a nord ovest (Piemonte e Liguria soprattutto) e piogge al centro sud e qualche sporadica imbiancata qua e là lungo l’Appennino.

Un tempaccio, caratterizzato da venti come bora e grecale, che però non sarà d’aiuto rispetto all’emergenza che stiamo vivendo. Il vero problema è che anche in quest’ultimo inverno non abbiamo accumulato neve e dunque riserve idriche tali da farci uscire da questo dramma.

Secondo Fondazione Cima infatti a metà inverno si registrava un deficit di neve del -63%, aggravato ulteriormente nelle ultime settimane, e per Coldiretti mancano all’appello quasi 4 miliardi di metri cubi d’acqua (di cui una buona parte è assente soprattutto in regioni come Lombardia e Piemonte).

Si tratta di una diminuzione significativa che interessa tanto gli Appennini quanto le Alpi, soprattutto a basse quote e che avrà riflessi sulle attività economiche, a causa appunto della carenza di neve sulle Alpi. Sono la Alpi a fornire l’acqua dolce al bacino del Po, che ospita circa la metà delle risorse idriche italiane. Complessivamente, si stima che sulle Alpi il deficit sia, a oggi, di -69% rispetto alla media degli ultimi 12 anni.

Solo per il fiume Po, il deficit si attesta a -66%.
Dati peggiori, rispetto al deficit nazionale di -63% e in peggioramento rispetto alle analisi di metà febbraio, a causa delle temperature miti del mese che hanno portato alla fusione di circa un terzo dello SWE (lo spessore dello strato d'acqua corrispondente ottenuta dalla fusione del manto nevoso), a livello nazionale.

Quest’ultimo tassello non è che una conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, della drammaticità del momento riguardo la disponibilità idrica, ed è preoccupante quanto il mondo della politica non ponga in primo piano le azioni contro i cambiamenti climatici che rischiano di innescare crisi economico sociali ancor più laceranti.

Fortunatamente a livello globale qualcosa si sta muovendo visto che un primo timido passo è stato fatto dall’Onu durante la Conferenza sull'acqua delle Nazioni Unite del 2023 con la nuova agenda ricca di azioni da intraprendere quanto prima per ridurre il rischio di una crisi idrica globale.

Un passo importante, ma come scrive Emanuele Bompan, coautore dell’Atlante geopolitico dell'acqua edito da Hoepli, visto che il 24 marzo circa 10mila delegati hanno concordato una nuova agenda nell'ultimo giorno della Conferenza delle Nazioni Unite sull'acqua 2023 per garantire accesso all’acqua e ai servizi igienico sanitari per tutti, ridurre i rischi di conflitto legati a questo bene primario, favorire la cooperazione e ridurre i rischi legati al cambiamento climatico correlati all’acqua.

Pesanti soprattutto le parole del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres durante la cerimonia di chiusura, che sul tema si sta spendendo molto forse conscio che questa è la madre di tutte le sfide globali. Guterres afferma che «gli impegni presi in questa conferenza spingeranno l'umanità verso un futuro di sicurezza idrica di cui ogni persona sul pianeta ha bisogno».

La conferenza ha riunito leader mondiali, società civile, imprenditori, giovani, scienziati, accademici intorno a un obiettivo comune: affrontare con urgenza la crisi idrica e riportare il mondo sulla buona strada per raggiungere l'Obiettivo di sviluppo sostenibile 6 - Acqua pulita e servizi igienico-sanitari. Il risultato in parte ha deluso le aspettative di molti osservatori poiché la lista di 709 impegni e azioni da seguire sembra solo un elenco di idee e progetti da replicare.

Lodevole ed utile iniziativa ma senza un chiaro mandato politico rischia di essere poco efficace nel delineare una traiettoria chiara, soprattutto su temi chiave come il ruolo della gestione pubblica delle risorse idriche oggi schiacciate dal peso del settore privato sempre teso alla massimizzazione degli utili in ogni sua azione.  Nonostante la mancanza di patti vincolanti ciò è evidente è lo scenario che è stato delineato dalla conferenza: 709 impegni sono comunque moltissimi e nella lista ci sono alcune proposte importanti.

Un gruppo di paesi tra cui Germania, Svizzera e Francia
si sono impegnate a fornire sostegno finanziario per la creazione di un inviato speciale delle Nazioni Unite per l'acqua, un super-diplomatico per trattare le questioni idriche più complesse.  La FAO ha stabilito l’organizzazione di un dialogo globale multilaterale sul possesso idrico per affrontare la distribuzione dell'acqua in scenari di diminuzione delle risorse di acqua dolce a causa del cambiamento climatico.

L'Organizzazione meteorologica mondiale lavorerà ad un'iniziativa per garantire che ogni persona sulla Terra sia protetta da sistemi di allerta precoce (early warning) entro cinque anni. Non sono mancati i privati, come Bayer che si impegna a ridurre del 25% l'acqua nella produzione di riso entro il 2030 trasformando i metodi di coltivazione del riso; oppure IBM che userà il suo acceleratore tecnologico per creare start-up idriche.

Tutto sommato seppur il quadro non sia esaltante è certamente confortante visti gli importanti impegni economici stabiliti durante la conferenza. Gli impegni assunti ammontano a oltre 300 miliardi di dollari: gli USA hanno assunto un impegno fino a 49 miliardi di dollari in investimenti per sostenere infrastrutture e servizi idrici e igienico-sanitari resilienti ai cambiamenti climatici a casa e nei paesi più vulnerabili (fondi nuovi ed esistenti).

Il Giappone ha annunciato che contribuirà in modo proattivo alla soluzione dei problemi sociali legati all'acqua affrontati nella regione Asia-Pacifico sviluppando "infrastrutture di qualità", fornendo assistenza finanziaria per un valore di circa 500 miliardi di yen ($ 3,65 miliardi) nei prossimi cinque anni. Numerosi capi di stato africani hanno voluto fare la loro parte definendo impegni di fondi statali o presidenziali.

Come il Mozambico, che si è dato l’obiettivo di movimentare investimenti per 9,5 miliardi di dollari per l'SDG 6. L’Europa non ne ha fatto solo una questione di cooperazione ma ha definito un aiuto per gli Stati membri di 20 milioni di euro per accelerare lo sviluppo della sorveglianza delle acque reflue.

L’Italia alla Water Conference
era rappresentata dal Ministro dell’Ambiente e della sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha ricordato l’intensa attività di cooperazione internazionale portata avanti dal MASE (ma anche dall’AICS, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), sottolineando che nel solo 2022 l’Italia ha finanziato con 69 milioni di euro iniziative di cooperazione con oltre cinquanta progetti bilaterali in Africa, America Latina e Asia.

Niente nuove risorse però.
Durante l’incontro con Csaba Kőrösi, Fratin ha solo ribadito lo stanziamento di 840 milioni di euro l’anno fino al 2026 di finanza climatica già ribadita a COP27 in Egitto, sottolineando l’importanza dei progetti per la lotta alla desertificazione in Burkina Faso, Ghana e Niger, soprattutto in ottica di contenimento dei fenomeni migratori.

L’acqua non rispetta i confini
e nella sua forma gassosa travalica non solo i confini regionali ma anche quelli nazionali e continentali: si tratta di un unicum condiviso da tutti gli abitanti della terra. Sappiamo che la quantità totale di acqua disponibile è sempre la stessa ma la variabilità dei sistemi naturali modificando la qualità e la quantità delle precipitazioni può mettere in crisi la vita umana.

Dobbiamo, tutti insieme,
agire per fare in modo che l’agenda climatica sia al primo posto dell’azione dei governi, nazionali, regionali, provinciali e locali, perché la somma di tutte le buone pratiche, anche le più piccole, possono impattare in maniera positiva nel complesso mondo naturale.



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