22 Dicembre 2013, 10.52
Terza pagina

L'Intima Mano

di Dru

La filosofia nasce mostrando subito quel carattere d'indipendenza nei confronti dei miti, fedi, religioni, opinioni, istinti, costumi sociali, oltre che da costrizioni e comandamenti che risultino esterni a ci che essa chiama col nome di "verit"


...ma durante il suo percorso si è sempre misurata con queste forze e ha sondato nel profondo i loro significati.
Il filosofo che forse è più lontano dal mondo religioso, che è l'espressione più evidente nella grande epoca della tradizione filosofica degli eterni al comando del tempo, è Spinoza.
 
Quello di Spinoza è stato considerato a ragione il sistema più radicale e alternativo dopo la venuta di Cristo.
Cacciato dalla sinagoga nel 1656 venne tacciato come "l'uomo più empio e pericoloso di questo secolo" come scrive Arnoud approvato in questo da Leibniz.
 
Anche Boyle, il fondatore della chimica moderna, dà la sua versione di Spinoza "Ateo, fatalista, materialista, dissacratore della Scrittura e di ogni religione, corruttore della morale e della stessa convivenza umana".
 
Succede che, dopo un secolo e più, personaggi del calibro di Jacobi, Fichte, Schellng, Goethe, Schiller, Lessing, Hegel, Schopenauer, Nietzsche, Borges, Einstein, sono gli artefici della sua rinascita e gloria nel pantheon del pensiero che a tutt'oggi è attuale per quanto concerne il rapporto stato chiesa, fede e ragione e per la difesa della democrazia.
 
Sul frontespizio del Tractatus theologico-politicus si legge "la libertà di filosofare si può concedere senza danno per la pietà e la pace dello Stato, ma, anche, essa non si può togliere senza togliere la pietà e la pace dello Stato".
Su queste basi il filosofo si impegna a fondo nel ricercare il bene vero e condivisibile che dia gioia continua e duratura.
 
Il bene di Spinoza è Dio, ma un Dio diverso da quello della grande tradizione culturale dell'Occidente, un Dio che non ha volto né volontà e scopo e comprende nel suo bene la natura, quella natura rifiutata e creduta come male e peccato.
Ma anche Spinoza non si libera dal carattere della potenza e dell'eternità del divino della tradizione.
 
Nell'Etica, la sua opera più riuscita, lui espone un Dio eterno che esiste necessariamente contrapposto a ciò che non esiste necessariamente, le cose del mondo che sono da esso prodotte e che sono esistenti nel tempo.
Spinoza risulta corrispondente in questo al pensiero occidentale, le cose del mondo non esistono necessariamente.

Questo oggi risulta evidente a tutti, è la verità, è l'unica verità evidente.

Questa evidenza, tutt'altro che facile a chiarire, è ciò che più evidente mostra il pensiero dell'Occidente.
Ma allora perché invece di perdere tempo intorno a questo non cerchiamo di rendere la vita un poco più sopportabile e comoda?
Perchè l'unica verità veramente indiscutibile di oggi è in realtà l'errore più grande e profondo.

Risulta oggi una presunzione ancora più grande quando scrivo nei termini in cui la scienza dice che le cose del mondo non esistono per sempre.
E questo risulta ancora più evidente nel momento in cui riduciamo la filosofia di Spinoza, così lontana dalle abitudini morali e concettuali dell'Occidente Cristiano, ad un sodalizio con questo pensiero e alle sue abitudini.

Ma credere ad un Dio o  credere alla scienza che faccia uscire le cose dal nulla e le faccia ritornare non è credere che le cose siano nulla?

E questo credere non è violenza? Non uccide uomini e cose nella maniera più radicale ed originaria?
Quello che sta al fondamento della violenza più visibile e che tutti sono capaci di vedere?

"Sul fondamento di questa fede, ogni santità è la culla dell'omicidio e di ogni altra forma di annientamento".
Questo scritto è condotto per mano da "L'intima mano", saggio stampato da Adelphi e scritto da Emanuele Severino.
 


Commenti:
ID39643 - 22/12/2013 23:20:53 - (Leretico) - L'unico errore

Spinoza è nel solco della filosofia dell'Occidente. Come tale crede che le cose vengano dal nulla e vi facciano ritorno. L'evidenza è errore, le cose non possono tornare nel nulla perché ciò violerebbe il principio di non contraddizione che recita che l'essere è e non può non essere, mai. L'essere è eterno e chi credo che si annulli è un folle. Tutto l'Occidente è persuaso invece che l'essere si annulli, anzi che in un certo momento esso sia nulla. La posizione filosofica che tiene fermo l'essere è irriducibile, tetragona, logicamente fondata, ma non spiega alcune cose. Se l'essere è eterno quello che apapre non è il divenire nichilistico ma è la successione di essenti eterni che si mostrano nella sfera dell'apparire empirico. Tale successione ha una configurazione precisa la cui costruzione non è dato sapere da dove venga. La serie è necessariamente così. Insomma non si

ID39644 - 22/12/2013 23:29:51 - (Leretico) - continua

Non si spiega perché compare prima uno e poi l'altro. Si dice solo che compaiono e visto che compaiono in una certa sequenza questa sequenza è necessaria. Non esiste volontà che definisca o influisca sulal serie quindi non può essere che necessaria. Non c'è volontà e quindi non c'è libertà. Se non c'è volontà né libertà non c'è neanche colpa né violenza. Tutto è necessariamente come è. Perché allora volere se ciò è impossibile? Se il tempo è un'illusione perché sperare che passi e che cambi il mondo? Il mondo è necessariamente come si mostra e non può cambiare. Ma siamo cert che le cose stanno in questo modo? Io no.

ID39659 - 23/12/2013 09:16:39 - (Dru) - ogni ente è eterno

"ogni ente è eterno, quindi è eterno anche quell'ente che è lo stesso accadere dell'ente. Nella verità, l'accadere non è l'incominciare ad essere, ma l'incominciare ad apparire. Che l'ente incominci ad apparire significa che esso, eterno, esce dall'ombra del non apparire ed entra nella luce dell'apparire. Cade in questa luce. Anche questo passaggio dall'ombra alla luce ha un significato (ndr. è un essere), cioè è un ente; e quindi è eterno. Poiché l'accadere dell'ente è eterno, è necessario che l'ente accada. Inoltre, per quanto vago, sfumato, incerto, sfuggente, ciò che accade ha un senso determinato; quindi è necessario che l'ente accada con il senso determinato che gli conviene: non solo è necessario che l'ente accada, ma insieme è necessario che accada quell'ente che accade. L'accadere dell'ente è determinato, e quindi l'eternità dell'accadere è la

ID39660 - 23/12/2013 09:18:22 - (Dru) -

necessità dell'accadere così determinato. Se infatti l'accadere dell'ente non accadesse, l'accadere non sarebbe". In Destino della Necessità cap.IV L'accadimento e il destino.

ID39663 - 23/12/2013 10:08:24 - (Dru) - attenzione Leretico

che nella Verità non è che non vi sia volontà o libertà o colpa o violenza, come tu per essa sostieni, ogni ente è eterno così è eterna la volontà che vuole l'impossibile e la libertà, la colpa e la violenza. ma la Volontà non è solo quell'astratta volontà che vuole l'impossibile e la libertà non è solo la fede o il credere di potere sulle cose per "portarle" nel nulla e "farle" dal nulla e la colpa è proprio la conseguenza di questo peccato e la violenza non si misura per quell'apparente non-violenza, che esiste e appare, che si crede di poter spegnere la violenza che si manifesta, sia la non-violenza, che è violenza, sia la violenza manifesta hanno in comune la volontà di potenza, hanno in comune il proponimento di rendere possibile l'impossibile.

ID39667 - 23/12/2013 10:45:53 - (Dru) - Nella Verità

Non ci sono nè padroni nè servì. Credere di essere impotenti deriva dal credere che qualcuno sia potente, è sempre per la volontà di potenza che noi siamo infelici e incerti sulle cose che crediamo in nostro potere o crediamo non in nostro potere, quindi ancora per volontà tu dici di fronte al destino e alla necessità di essere impotente.

ID39672 - 23/12/2013 12:58:57 - (Leretico) - L'accadere e il perché

Nei miei due post cercavo di significare due cose: la prima è che se "è necessario che l'ente accada con il senso determinato che gli conviene", allora la risposta alla domanda "perché la configurazione, particolare sequenza della serie di eterni è quella che appare?" sarebbe: é così perché è necessario che sia così. E' come quando chiedi a un bambino: perché hai fatto ciò? E lui rispondesse: perché di sì! Insomma se è necessario che ciò che accade accada proprio come accade, allora anche la volontà che si illude di dominare, accade. In qualche modo tutto quello che accade deve accadere per come accade. Nessuna responsabilità c'è in chi vuole perché se vuole, l'oggetto su cui esprime la sua volontà non è a sua disposizione. Tutto è necessario, nessuna concreta libertà.

ID39673 - 23/12/2013 13:05:48 - (Leretico) - continua

Quindi, innanzi tutto non esiste un perché e non è lecito neanche porre la questione perché la risposta è nella necessità. Secondo non esiste la volontà e la libertà, ma non quella nichilistica che pure esiste e pensa di dominare il mondo, ma la volontà che vereamente influisce, la libertà di decidere ontologiche, queste non esistono. Allora cosa fare? Pensare di fare è già un pensiero nichilistico, quindi è sbagliato anche pensare che si possa fare qualcosa. Tutto è bloccato, irrigidito, imbrigliato, necessario. Cosa resta allora all'uomo? Solo errare, solo l'illusione di smuovere, di cambiare.

ID39677 - 23/12/2013 14:24:28 - (Dru) - L'accadere è il passaggio dal non apparire all'apparire.

" poichè l'accadere è il passaggio dal non apparire all'apparire, l'essere (e quindi l'eternità) del passaggio richiede necessariamente che l'ente, che sopraggiunge nell'apparire, "prima" non appaia e "poi" appaia. L'accadere è (e quindi è eterno), solo in quanto l'ente che accade si mantiene nascosto sino a che incomincia ad apparire. Il mantenersi così nascosto è ciò senza di cui l'accadere sarebbe impossibile"

ID39679 - 23/12/2013 14:48:58 - (Dru) - Ogni ente è eterno

"Ogni ente è eterno; ma, appunto, è eterno l'ente " nel suo essere ciò che è": nell'accadimento , l'ente che incomincia ad apparire non è in sintesi con un apparire che è separato dal proprio incominciare, ma è in sintesi con l'apparire incominciante. L'accadimento cioè non è il semplice apparire dell'ente, ma è "l'incominciare ad apparire dell'ente. Questa è la sintesi che è e che è eterna; il "contenuto" dell'altra sintesi, invece- cioè della sintesi tra l'ente e il suo semplice (astratto) apparire- non è: appunto perché è ottenuta prescindendo dal l'incominciare che pur determina l'apparire incominciante." Sempre dal DdN.

ID39680 - 23/12/2013 15:25:10 - (Leretico) - Il punto

Il punto di cui discutiamo non è la giustificazione dell'apparire e dello scomparire dell'ente, ma della particolare configurazione della serie degli eterni ch appaiono. Il perché di una certa configurazione piuttosto che un'altra. Se mi risponde che tale configurazione è perché è necessario che sia così, si risponde che la domanda non ha senso. Inoltre si afferma che essendo necessario che sia così, è inutile che ci dibattiamo per cambiare le cose, in quanto non faremmo altro che volere l'impossibile creando addirittura ulteriori problemi. Se la volontà è solo espressione nichilistica allora tutta la vita dell'uomo ha uno scopo fasullo, inutile, illusorio.

ID39688 - 23/12/2013 18:50:06 - (Dru) - Caro Leretico "il nichilista"

È quel "piuttosto che un'altra" che non esiste che il nichilista entifica. Se la volontà di fare in modo che una cosa sia altro da sé, quel " piuttosto che un'altra" è esplicitamente contraddittorio, è credere nell'impossibile, ma la volontà vera che non è potenza ma è , esiste eccome, vuole il possibile e non l'impossibile altro. L'altro che non è non esiste, non vi è una altro inesistente, un altro inesistente è la contraddizione, allora oggi potevo uccidere è un'illusione. Ridurre il tutto alla parte e considerare la parte isolata come il tutto è contraddizione.Pensare che le cose che non esistono potevano esistere è pensare appunto che il tutto in cui siamo immersi è la parte, che isolata è ma poteva benissimo non essere.

ID39694 - 23/12/2013 20:17:36 - (Aldo Vaglia) - Emanuele Severino direttore delle 'scie chimiche' e

Si chiama Rosario Marciano' e' un esperto di 'scie chimiche in cielo' collabora con Enna on line di cui a suo dire e' direttore Emanuele Severino. (Spero sia una bufala)

ID39695 - 23/12/2013 20:32:18 - (Dru) - Cioè, caro Leretico

Dire che una cosa è piuttosto che un'altra significa dire di quella cosa che è in atto , che non sia quando era in potenza, ciò che è, in atto, la realtà ,e che quella cosa che non è (diventata) atto era una cosa realmente, anche se in potenza, significa credere che le cose che non sono siano, significa credere la contraddizione. Mentre le cose sono e non divengono altro da sè.

ID39697 - 23/12/2013 20:42:21 - (Dru) - Caro Aldo

Ci sono mille siti fasulli indicanti il nome di Emanuele Severino, è normale che i santoni dicano di parlare con Dio direttamente e di avere la sua benevolenza, il problema è dei santoni e non di Dio... ;-)

ID39700 - 23/12/2013 22:32:03 - (Leretico) - Volere il possibile

Qual è il possibile? Solo ciò che è, cioè quello che non è altro da sé. In pratica il volere come lo conosciamo non può esistere perché esso significa proprio e solo il volere che la cosa sia altro, e questo è impossibile. Allora ti chiedo nuovamente: se le cose appaiono come appaiono, in una serie di eterni che compaiono e poi scompaiono, perché la serie che vediamo si configura come tale? Aggiungo: se gli elementi della serie sono in relazione uno con l'altro, e se la relazione dipende dalla volontà, allora la volontà, o meglio la fede, c'entra con la necessità, ma come? Tu lo sai?

ID39702 - 24/12/2013 00:09:25 - (Dru) - un poco lunghetto ma esaustivo intorno a ciò che andiamo dicendo in Destino della Necessità IL DESTINO e L'ATTESA

La convinzione che l'accadere delle cose sia « contingente » e che quindi le decisioni dei mortali e degli dèi siano « libere » sorge all'interno dell'alienazione essenziale della verità. L'isolamento della terra (cioè l'accadimento del mortale) è il fondamento di quella convinzione. Solo Perché l'uomo è diventato un mortale può convincersi di essere « libero ». Questa convinzione è infatti la separazione che si fonda sulla separazione estrema in cui consiste la prevaricazione dell'essere mortale.Il destino della verità, che non tramonta nemmeno con l'accadimento dell'alienazione essenziale della verità, dice cioè che tutto ciò che accade è destinato ad accadere; ossia dice che la terra (che è la totalità dell'accadimento) è destinata ad inoltrarsi nel cerchio eterno dell'intramontabile, ed è destinata ad inoltrarvisi così

ID39703 - 24/12/2013 00:14:04 - (Dru) -

come « di fatto » vi si inoltra. Il « fatto » è il destino, cioè la necessità (nella verità del suo senso). La volontà di sottrarsi al destino è la volontà che l'ente (la terra e ogni altro ente) sia niente; ossia è la volontà di sottrarre l'ente a sé stesso e di sottoporlo all'estrema violenza. La necessità e il destino — nella verità del loro senso — sono invece il cuore di ogni ente, sono il mantenersi, da parte di ogni ente,in accordo con ciò che esso in verità è.Ma tutto ciò che nella storia dell'Occidente è stato chiamato « necessità » o « destino » non è il cuore dell'ente: la « necessità » e il « destino » dell'Occidente sono forme della libertà, ossia configurazioni del mondo, costruite sul fondamento della persuasione dell'oscillazione dell'ente,

ID39704 - 24/12/2013 00:16:10 - (Dru) -

I « destini » e le « necessità » dell'Occidente sono la volontà di rendere eterne certe configurazioni, inevitabilmente provvisorie, della libertà. Questa volontà dell'« eterno » è pur sempre una volontà mortale, e ciò che essa vuole eternizzare è destinato ad essere travolto dall'essenza stessa della volontà mortale, cioè della volontà che l'ente sia un oscillare tra l'essere e il niente e che quindi nessuna configurazione del mondo abbia ad imporsi definitivamente sulle altre.Poiché la terra è destinata ad inoltrarsi nel cerchio eterno dell'intramontabile ed è destinata ad inoltrarvisi così come vi si inoltra, e poiché il cerchio dell'intramontabile è destinato ad accogliere la terra (la verità è destinata alla terra — a tutte le cose della terra, dalle più grandi alle più umili), la verità

ID39705 - 24/12/2013 00:18:15 - (Dru) -

è dunque destinata all'alienazione della verità, giacché l'alienazione della verità è il modo in cui la terra si inoltra nel cerchio della verità. E l'alienazione della verità è destinata alla verità. L'isolamento della terra, la persuasione che la terra sia la regione sicura, l'accadimento del mortale, la persuasione che l'ente sia niente, il nichilismo e la testimonianza metafisica della nientità dell'ente, la progressiva dominazione dell'essenza nichilistica dell'Occidente, la storia dell'Occidente e l'avvento della civiltà della tecnica, non soltanto sono enti eterni, come ogni ente, ma il loro inoltrarsi nel cerchio dell'intramontabile è inevitabile. La necessità del loro inoltrarsi appartiene alla necessità con la quale la terra si inoltra nell'intramontabile. Non solo l'alienazione della verità è eterna, come ogni ente, ma è anche destinata ad apparire e a

ID39706 - 24/12/2013 00:20:52 - (Dru) -

contrastare l'intramontabile.L'alienazione della verità è l'accadimento nel quale l'uomo diventa un mortale; ma questa caduta dalla verità, questo fondamento e radice di ogni possibile errare non è qualcosa che « si sarebbe potuto evitare » — appunto perché non vi è nulla, di ciò che accade, che « si sarebbe potuto » evitare. Nell'orizzonte del nichilismo, l'accadere di qualcosa è preceduto dalla possibilità che il qualcosa non accada (invece di accadere) — e questa possibilità è insieme la possibilità che il qualcosa accada (invece di non accadere). Ma affermare che questa possibilità è significa separare ogni accadimento dal Tutto, cioè negare il legame necessario tra ogni ente, richiesto dall'eternità del Tutto, e dunque significa affermare che l'ente è niente. La verità dell'essere dice che la nientità dell'ente

ID39707 - 24/12/2013 00:22:39 - (Dru) -

è niente, ossia non è e non può essere. La verità dice dunque che quella possibilità è niente: non è e non può essere. Dire che quella possibilità (ossia la possibilità di non accadere invece di accadere, che precede l'accadimento) è niente, significa che il non accadere è impossibile, cioè che l'accadere è necessario. Affermare che l'accadere non è necessario significa affermare che l'ente è niente.L'accadimento della terra appartiene dunque in un duplice senso a ciò che il destino della verità dice. Gli appartiene cioè non solo in quanto il destino della verità dice gli enti che appaiono, ma anche in quanto dice, di ogni ente, che non è un niente e che quindi è eterno e necessariamente legato a ogni altro ente. L'accadimento appartiene pertanto a ciò che il destino della verità dice, non solo perché le cose

ID39708 - 24/12/2013 00:23:52 - (Dru) -

ma anche perché è necessario che entrino in questo cerchio, e nel modo in cui vi entrano.Il dire del destino della verità è lo stesso cerchio intramontabile dell'apparire del destino della verità. Questo cerchio è l'apparire dell'intramontabile — e l'apparire dell'intramontabile appartiene all'intramontabile — e delle cose della terra che si inoltrano in esso. Il dire della verità è l'apparire di ciò che si trova nel cerchio dell'apparire. Questo dire è cioè un dirsi. La testimonianza del destino della verità (il linguaggio che testimonia il destino) è invece una delle cose della terra, che incomincia a inoltrarsi nel cerchio dell'apparire quando la persuasione della sicurezza della terra incomincia a tramontare. La testimonianza del destino della verità conduce nel linguaggio il dirsi della verità.

ID39709 - 24/12/2013 00:25:07 - (Dru) -

Ma se l'accadimento della terra appartiene in quel duplice senso a ciò che la verità dice, questo non significa che ogni cosa della terra sia verità. L'alienazione della verità (ossia l'isolamento col quale la terra si inoltra nell'intramontabile) appare nella verità — e solo nella verità può apparire come alienazione — e il suo inoltrarsi nel cerchio della verità è necessariamente richiesto da ciò che la verità dice, in quanto essa dice che tutto è eterno; ma l'alienazione della verità non è la verità. L'accadimento dell'errore appartiene alla verità — sia perché l'errore appare, sia perché è inevitabile che appaia —: ma l'errore non è la verità. Anche l'errore è un ente, e in quanto ente appartiene alla verità dell'ente, è in accordo con ciò che la verità dice dell'ente, ma questo

ID39710 - 24/12/2013 00:26:51 - (Dru) -

non significa che l'errore sia verità, ossia che ciò che l'errore dice sia in accordo con quanto è detto dalla verità. Come l'errore è nella verità, perché, come ente, è in accordo con la verità dell'ente, così l'errore accade nella verità, perché anche questo accadere (come ogni accadere) è in accordo con ciò che la verità dice dell'ente, in quanto essa dice che l'ente è eterno e quindi è il Tutto dove nessuna parte può essereisolata dalle altre.Già per Aristotele l'affermazione che tutto accade necessariamente implica l'inutilità e l'irrilevanza del volere e dell'agire. « Il volere e l'agire sono principio delle cose future » (; De Interpr., 19 a, 7-8): nel senso che solo « se ci metteremo a fare qualcosa, questa cosa esisterà, e nonesisterà se non ci metteremo a farla » ( 18 b, 32-33). La volontà e

ID39711 - 24/12/2013 00:28:44 - (Dru) -

l'azione sono principi (anche se non gli unici) dell'esistenza del futuro, nel senso che è da essi che dipende che certe cose future siano oppure non siano. Ma l'affermazione della necessità dell'accadere implica per Aristotele che tutte le cose che accadono — e quindi anche, ad esempio, un'abitazione, un mantello, una battaglia navale — possano realizzarsi anche se non ci siamo messi a farle (e quindi a volerle), e viceversa possano non realizzarsi anche se ci siamo messi a farle. L'affermazione che tutto accade necessariamente implica cioè che « non ci sia bisogno di volere e di agire » ( 18 b, 31-33) e cioè che non ci sia bisogno di mettersi a fare una cosa, perché questa cosa sia, e di non mettersi a farla, perché essa non sia. Se tutto accade necessariamente, è indifferente che gli uomini decidano o non decidano, agiscano o non agiscano; ogni iniziativa umana è irrilevante e superflua.

ID39712 - 24/12/2013 00:31:05 - (Dru) - attento Leretico qui il punto

Anche se l'accadere necessario al quale si riferisce Aristotele è l'accadere in senso nichilistico (« da ciò che non è a ciò che è »; De Caelo, 280 b, 18), può sembrare tuttavia che il rilievo aristotelico sia applicabile anche all'accadimento necessario, inteso come la destinazione della terra al cerchio dell'intramontabile: se l'accadimento della terra è inevitabile e se è inevitabile che ogni cosa della terra si inoltri nell'intramontabile nel modo in cui vi si inoltra, allora i mortali possono incrociare le braccia e rinunziare ad ogni azione, giacché qualunque cosa essi decidano, qualunque iniziativa essi prendano, la terra accade egualmente nel modo in cui è necessario che accada. Eppure, questo modo di pensare, che riduce a un semplice fatalismo la destinazione della terra all'intramontabile, è un rimanere ancora sul terreno del nichilismo. Affermare infatti che, se l'accadimento della

ID39713 - 24/12/2013 00:32:56 - (Dru) -

della terra è necessario, la terra accade come è necessario che accada, qualunque cosa i mortali decidano e qualunque iniziativa essi prendano, significa credere ancora che le decisioni e le iniziative siano « libere », cioè possano essere come non essere prese; significa credere ancora che i mortali siano liberi di incrociare le braccia e di sottrarsi alla necessità secondo la quale accade tutto ciò che accade. Poiché tutte le cose della terra accadono necessariamente, allora anche le decisioni e le iniziative accadono necessariamente e quindi il loro accadere non è indifferente né all'accadimento totale, né alla totalità dell'ente. Anzi, il Tutto è come è e la terra accade come accade, non solo in quanto la più « semplice » e la più « umile » delle decisioni è, ma anche in quanto essa accade.

ID39714 - 24/12/2013 00:34:42 - (Dru) -

Pensare che, se l'accadimento della terra è necessario, è indifferente che accadano o non accadano le decisioni e le iniziative dei mortali, è pensare che il loro accadere non è necessario (e quindi è un non tener ferma l'ipotesi — l'accadimento necessario di tutte le cose — che si vorrebbe discutere). Chi è convinto che non gli rimane altro che incrociare le braccia — chi cioè è convinto di poterle incrociare e di poter rinunciare ad agire —, se tutto accade necessariamente, costui è convinto di essere libero di incrociarle e di rinunciare ad agire, e isola dal Tutto la dimensione delle proprie decisioni.Se questa convinzione accade realmente — negli individui o nei popoli — è perché è necessario che accada, è perché questa è una caratteristica inevitabile dell'epoca che accade; ma il contenuto di tale convinzione (ossia l'indifferenza e quindi

ID39715 - 24/12/2013 00:35:51 - (Dru) -

non è necessariamente implicato, bensì è necessariamente escluso dall'affermazione che tutte le cose della terra accadono con necessità. Se un'epoca si convince realmente che le proprie decisioni non hanno la capacità di determinare l'accadimento della terra, e che quindi la configurazione dell'accadimento è indifferente rispetto al loro esserci o non esserci, questo vuol dire che l'epoca caratterizzata da questa convinzione era destinata all'accadimento, che il suo accadere era inevitabile: ma, appunto, era inevitabile l'accadimento dell'errore in cui consiste la convinzione di cui quell'epoca è portatrice.E anche questo errore rimane all'interno dell'errare essenziale dell'Occidente, cioè all'interno del nichilismo. Anche la rinuncia ad agire — la rinuncia fondata sulla persuasione che l'accadimento delle cose sia indifferente alle decisioni e alle iniziative dei mortali — è una forma della volontà di

ID39716 - 24/12/2013 00:36:57 - (Dru) -

potenza. Anch'essa è una prevaricazione, giacché, proprio perché la dimensione del decidere vien posta come qualcosa di irrilevante per l'accadimento della terra, proprio per questo tale dimensione viene isolata dal Tutto e posta come un assoluto. L'umiltà di non ritenersi indispensabile all'accadere ha lo stesso fondamento della volontà di diventare signore del Tutto.Per la verità dell'essere, invece, proprio perché tutte le cose della terra sono destinate a inoltrarsi nel cerchio dell'intramontabile, nessuna « decisione », nessuna « iniziativa », nessuna « prassi » — nemmeno le « decisioni » e le « prassi » che costituiscono la storia del nichilismo - sono qualcosa che possa risultare indifferente e irrilevante per l'accadimento della terra.Nessuna decisione (dei mortali o dei divini) può condurre al tramonto l'isolamento della terra.

ID39717 - 24/12/2013 00:39:04 - (Dru) -

Ogni decisione si fonda infatti sull'isolamento della terra. Nessun « salvatore » (artefice di salvezza) è possibile. Ma ogni decisione appartiene al destino dell'accadimento. Se il tramonto dell'isolamento della terra è destinato ad accadere, alloraè necessità che tutte le decisioni siano prese e il decidere portato al suo compimento. L'essenziale (ossia ciò che è richiesto dal destino della verità) non è rispondere alla domanda: « Che cosa si deve fare? ». Il destino della verità vede l'alienazione di questa domanda. L'essenziale è che appaia il destino, e quindi ciò che è destinato ad accadere. Perché solo il destino è il veramente voluto — è voluto nella verità del volere, cioè secondo un senso inaudito del volere, che non appartiene all'accadimento del mortale.

ID39718 - 24/12/2013 00:43:41 - (Dru) - questo è solo il primo paragrafo del capitolo intitolato LA NECESSITA' DELL'ALIENAZIONE. pagg da442a449

la questione era un poco più lunghetta ma interrompo qui, ho subito pronti gli altri due paragrafi seguenti, necessari per seguire il Destino.

ID39732 - 24/12/2013 16:18:02 - (Dru) - paragrafo II. IMPOSSIBILITÀ E NECESSITA DELLA RESISTENZA AL DESTINO DELLA VERITÀ

La volontà di sottrarre al destino l'accadimento della terra e di rendere libere le decisioni dei mortali e degli dèi è la volontà che l'ente sia niente. La necessità dell'accadimento, in quanto essa appartiene a ciò che la verità dell'ente dice, non è cioè una costrizione dell'accadimento; così come la verità dell'ente non è una costrizione dell'ente, ma ne è il cuore. La costrizione implica una resistenza, una tendenza opposta. Qualcosa è « costretto » solo in quanto in esso esiste una tendenza opposta alla forza predominante che si realizza nella costrizione. Ma nell'accadimento della terra non può esistere una tendenza ad accadere in modo diverso da come la terra accade. Non può esistere qualcosa che faccia resistenza al destino dell'accadimento, perché nell'ente non può esistere qualcosa che faccia resistenza alla verità dell'ente, e il

ID39733 - 24/12/2013 16:20:28 - (Dru) -

destino dell'accadere appartiene alla verità dell'ente.L'ente non può essere e non può diventare diverso da ciò che il destino della verità dice dell'ente (non può configurarsi in modo diverso da ciò che di esso la verità dice). Il destino della verità dice che un ente — ad esempio una casa — non è ciò che è altro da esso. (Lo dice in modo determinato e al di là del modo in cui l'identità con sé dell'ente è intesa nella storia del nichilismo). La casa non è albero, prato, cielo; la casa è casa. Questo esser sé stesso, da parte dell'ente, non è un semplice « fatto » che possa venire sostituito dal « fatto » contrario: un « fatto » in cui la casa sia un albero è impossibile — secondo il senso che l'impossibilità possiede nel destino della verità. L'identità con

ID39734 - 24/12/2013 16:22:47 - (Dru) -

sé, da parte dell'ente, è cioè necessità. Tutto ciò che il destino della verità dice dell'ente è necessità; la necessità è appunto ciò che il destino della verità dice dell'ente. La verità dice il necessario, perché la negazione di ciò che la verità dice è autonegazione. Il necessario è ciò la cui negazione è autonegazione. Ma la necessità che la casa sia casa e non albero, non è, per la casa, una « costrizione » ad essere casa e non albero.Nella casa, infatti, non esiste una « resistenza » all'essere casa da parte della casa; non esiste una « tendenza » a non esser casa e ad essere albero, o prato, o cielo. L'ente non è « costretto » ad essere identico a sé, perché nell'ente non esiste la tendenza ad essere diverso da sé, non esiste cioè la tendenza

ID39735 - 24/12/2013 16:25:35 - (Dru) -

ad essere autocontraddittorio. Questa tendenza sarebbe una resistenza alla verità dell'ente, sarebbe cioè il costituirsi di una dimensione dove gli enti non sono in accordo con la verità dell'ente, ma sono altro da sé e identici al loro altro. La costrizione implica infatti la resistenza dell'ente che è costretto (se l'ente che è costretto non oppone alcuna resistenza alla costrizione — se in esso non esiste alcuna tendenza opposta alla forza che si realizza nella costrizione —, allora la necessità che avvolge l'ente non è costrizione, ma è l'adempimento della vocazione più sincera dell'ente); ma il resistere alla costrizione è l'esistere secondo una legge che è opposta alla legge secondo la quale esiste la forza costrittiva. La costrizione è tale, proprio in quanto non riesce ad adeguare totalmente alla propria legge ciò che essa costringe;

ID39736 - 24/12/2013 16:27:33 - (Dru) -

sì che il residuo non adeguato continua ad esistere secondo una legge che è opposta a quella dominante.Resistere al destino della verità dell'ente (il resistere che si dovrebbe ammettere, qualora la verità fosse una costrizione dell'ente) sarebbe allora esistere in disaccordo con la verità, mantenendosi in una dimensione che si regola secondo una legge che è opposta alla legge della verità. Ma il destino della verità dell'ente è la verità di tutto ciò che esiste. Tiene il Tutto radunato presso di sé. Quindi è la negazione della possibilità che qualcosa esista in disaccordo con la verità e le opponga pertanto una resistenza. E se nessun ente è in disaccordo con la verità, se nessun ente ha la « tendenza » ad opporsi alla verità dell'ente, allora la verità non è una costrizione dell'ente, ma ne è il cuore; è l'adempimento

ID39737 - 24/12/2013 16:30:13 - (Dru) -

della vocazione più sincera dell'ente; è, appunto, ciò che l'ente, in verità, è.Ma la necessità dell'accadimento — la destinazione della terra al cerchio dell'intramontabile — appartiene al destino della verità dell'ente. Affermare che l'ente non è un niente significa affermare che la terra è destinata ad accadere e ad accadere nel modo in cui accade. Il destino dell'accadere non è quindi una costrizione di ciò che l'uomo e il Tutto sono in verità.Il destino dell'accadere non è nemmeno una costrizione del decidere, ma sta nel cuore del decidere. Dicendo che la decisione accade secondo il destino, la verità non « reprime » una « tendenza » a sottrarsi al destino da parte di quell'ente in cui la decisione consiste; non vince una resistenza.

ID39738 - 24/12/2013 16:33:25 - (Dru) -

Affermare che il destino dell'accadere è una « costrizione » del decidere e che quindi nell'accadimento del decidere esiste la tendenza a sottrarsi al destino, significa affermare che nell'ente esiste la tendenza ad essere niente, e cioè che l'ente, resistendo alla sua opposizione al niente, esiste come un niente. Il destino della verità non è una « costrizione », perché non è la legge di una parte che voglia imporsi sulle altre parti, ma è la legge originaria del Tutto. E la necessità dell'accadimento (che appartiene alla verità) non è una « costrizione » della libertà, perché la libertà non ha un'esistenza che possa essere costretta, ma è un niente.Come l'ente non è « costretto » ad essere identico a sé, così non è « costretto » ad essere. L'essere è la vocazione originaria dell'ente; non

ID39739 - 24/12/2013 16:36:10 - (Dru) -

è una « tendenza » cui si opponga la tendenza ad essere niente. Implicando una « resistenza », la « costrizione » è uno « sforzo » e pertanto l'esser « costretto » ad essere è, per l'ente, lo « sforzo » di essere. Per il nichilismo, l'essere dell'ente è uno « sforzo » perché la « tendenza » originaria dell'ente, la quale si oppone alla « costrizione » (« tendenza ») ad essere, è la tendenza ad essere, in quanto ente, niente. Questa tendenza ad esser niente — e dunque la nientità dell'ente - viene pensata proprio nell'atto in cui si afferma che l'ente, in quanto tale, è tendenza ad essere, sforzo di essere. La proposizione vi della III parte dell'Etica di 'Spinoza dice: Unaquaeque res, quantum in se est, in suo esse perseverare conatur.

ID39740 - 24/12/2013 16:37:55 - (Dru) -

L'essere dell'ente è un conatus (tendenza, sforzo), perché la res, quantum in se est — ossia in quanto è considerata come ente, e non come quel certo ente privilegiato che è Dio — non involvit existentiam, cioè è niente, e pertanto, quando è, potest destrui (ibid., prop. iv), ossia può diventare un niente. Per questa sua originaria nientità che rende possibile la sua tendenza all'annientamento, l'essere della res è un conatus.Ma se nell'ente in quanto tale non esiste la tendenza a sottrarsi al destino, cioè alla verità dell'ente, nell'ente esiste invece la volontà di sottrarsi al destino, e questa volontà (il cui accadere è l'accadimento del mortale) contrasta il destino della verità e ne è contrastata.Una tendenza dell'ente ad essere contrariamente al destino dell'ente non esiste, perché l'esistenza di questa tendenza è già l'esistere

ID39742 - 24/12/2013 16:41:59 - (Dru) -

contrariamente al destino della verità, ossia è ciò che dalla verità è destinato a non esistere. Una tendenza (anche se è intesa, aristotelicamente, come « potenza ») è già ciò cui essa tende: essa vi tende, nel senso che tende ad allargare ciò che essa è già, tende a sottoporgli una dimensione più ampia di quella che già gli è sottoposta. La tendenza ad essere contrariamente al destino dell'ente, dunque, non esiste, perché l'inesistente — il senza-luogo — è appunto l'essere contrariamente al destino dell'ente. L'ente non « inclina » all'« assurdo ». Il destino — la verità dell'ente — non lotta quindi contro l'inesistente e pertanto non lo sottopone nemmeno ad una costrizione. Che nell'ente esista una resistenza alla verità dell'ente — e dunque una lotta tra la verità e ciò

ID39743 - 24/12/2013 16:43:43 - (Dru) -

che le resiste (ossia che esiste contrariamente al destino dell'ente e che pertanto esiste secondo una legge opposta alla legge della verità) — è appunto ciò che resta negato dalla verità dell'ente — che è verità dell'ente in quanto ente, ossia della totalità e quindi di ogni aspetto dell'ente: la verità dice che nessun ente è niente e cioè che in nessun luogo del Tutto è reperibile qualcosa che, essendo la nientità di un ente, resista alla verità e lotti contro di essa. Questa resistenza e questa lotta sono un niente.Ma se nessun ente si sottrae al destino dell'ente — e il destino sta nel cuore dell'ente —, esiste tuttavia, tra gli enti, quell'ente che è la volontà di sottrarsi al destino dell'ente, esiste cioè quell'ente che è la stessa alienazione della verità dell'ente: la persuasione che la terra sia la regione con cui i mortali

ID39744 - 24/12/2013 16:45:28 - (Dru) -

hanno sicuramente a che fare.In quanto ente, questa persuasione, che isola la terra dalla verità dell'ente, non « resiste » nemmeno essa alla verità dell'ente, cioè non è una tendenza opposta a una costrizione esercitata dal destino della verità. In quanto ente, la persuasione isolante è ed accade in accordo con la verità dell'ente. Ma ciò di cui la persuasione isolante è persuasa è un ordinamento delle cose, che non solo resiste, ma ha ridotto a un niente la verità dell'ente. In quanto ente, l'errare non è una tendenza opposta alla verità dell'ente; ma ciò di cui l'errare è persuaso è la negazione — il negativo — della verità, è opposto ad essa.È opposto, appunto, in quanto è l'inesistente, ossia non è l'esistente. La verità non si oppone al contenuto dell'errare come a qualcosa che è riuscito ad

ID39745 - 24/12/2013 16:49:55 - (Dru) -

essere e che, essendo, ostacola e limita e giunge ad annientare il regno della verità: essa gli si oppone, in quanto pone la differenza tra ciò che è (il destino dell'ente) e ciò che è impossibile che sia. E la verità non si apre se non come opposizione alla propria negazione (e le si oppone come verità solo in quanto la negazione appare come autonegazione).Ma se il contenuto dell'errare è l'impossibile, l'errare in quanto tale, cioè la volontà che l'impossibile sia — la volontà di sottrarre l'ente al destino dell'ente — è un ente che si oppone alla verità dell'ente e lotta contro di essa: non le si oppone in quanto esso errare è un ente (giacché, in quanto ente, anche l'errare è ed accade in accordo con la verità), ma le si oppone in quanto esso è un ente che consiste nella persuasione che l'inesistente (la libertà dal destino dell'ente)

ID39746 - 24/12/2013 16:52:28 - (Dru) -

sia. L'opposizione tra la verità e l'errare — tra l'intramontabile e l'isolamento della terra — è cioè una contesa ove entrambi i contendenti sono, e dove dunque ognuno è una tendenza che resiste all'altro e lo sottopone a una costrizione.In questa contesa, che costituisce il senso fondamentale dell'accadere, l'isolamento della terra è divenuto la tendenza dominante: è entrato nella testimonianza del linguaggio metafisico, lasciando nell'inespresso il destino della verità dell'essere; e così testimoniato si è posto alla guida dell'accadimento della terra. La storia dell'Occidente è il tragitto percorso dall'accadimento della terra sotto la guida della testimonianza metafisica dell'isolamento della terra.Se non può esistere una lotta tra il destino dell'ente e una forza che gli resista

ID39747 - 24/12/2013 16:54:05 - (Dru) -

— una lotta dove il destino sia la costrizione di una spontaneità originaria nella quale l'ente riesce ad esistere in modo difforme dal destino dell'ente —' se dunque non può esistere una lotta tra il destino dell'accadimento e una forza che, sottraendosi al destino, tenda a far accadere (invece di ciò che accade) altro da ciò che accade, il destino dell'accadimento è peraltro la lotta tra la verità dell'ente (cioè tra il destino dell'ente, cui appartiene il destino dell'accadimento dell'ente) e la volontà di sottrarre l'ente alla verità dell'ente. Se non può esistere lotta tra il destino e l'inesistente (l'a-ronov, cioè l'ente, in quanto sottratto alla verità dell'ente), il destino dell'accadimento è peraltro la lotta tra il destino e la volontà che l'inesistente sia.La volontà di sottrarre l'ente al destino dell'ente e del suo accadimento è destinata ad

ID39748 - 24/12/2013 16:56:35 - (Dru) -

accadere. In quanto destinata, questa volontà non « resiste » al destino — il suo accadere è cioè in accordo col destino —; ma l'accadimento di questa volontà impedisce al destino della verità dell'ente di guidare l'accadimento della terra. Non vi è nulla che impedisca all'ente di essere ciò che di esso la verità dice, ma la persuasione che l'ente sia altro da ciò che di esso la verità dice impedisce alla verità di guidare l'accadimento della terra. (Questo impedimento, cioè la determinatezza concreta della contesa tra la verità e l'alienazione della verità, è l'eterno che con necessità si è inoltrato nel cerchio dell'apparire — la contesa essendo infatti un accadimento che accade con l'isolamento della terra).A sua volta, il destino della verità dell'ente impedisce all'isolamento della terra di ottenere ciò che esso vuole.

ID39749 - 24/12/2013 16:59:58 - (Dru) -

L'isolamento vuole sottrarre la terra al destino della verità: la volontà che l'inesistente (la terra, in quanto sottratta al destino) sia è la volontà di nientificare la terra e ogni ente. Ma la verità non si lascia sottrarre né la terra, né alcun altro ente: è impossibile che l'inesistente sia e che la terra e ogni ente siano resi un niente. L'isolamento vuole l'inesistenza del destino e vuole dominare liberamente la terra, ma il destino è ed è il destino dell'essere e dell'accadere.Nella contesa tra l'intramontabile (il destino, che è destinato al cerchio dell'apparire) e l'isolamento della terra, l'isolamento è la tendenza dominante non perché riesca ad ottenere ciò che esso vuole, ma perché è questa volontà dell'inottenibile, e non l'intramontabile, che è stata testimoniata ed espressa;

ID39750 - 24/12/2013 17:02:18 - (Dru) -

questa volontà, e non l'intramontabile, ha fatto irruzione e ha invaso il linguaggio delle parole e delle opere, e come testimoniata si è posta alla guida dell'accadimento della terra. La testimonianza dell'isolamento incomincia quando il linguaggio esprime la persuasione mortale che la terra sia la regione sicura. La storia dell'Occidente, come storia del nichilismo, è il sentiero lungo il quale la vita dei mortali diventa sempre più coerente alla testimonianza iniziale.Ma l'Occidente (l'autotestimonianza dell'isolamento) è uno dei due corsieri che guidano e trascinano in direzioni contrastanti l'accadimento della terra: è il corsiero « visibile », cioè testimoniato, e « visibile » è il sentiero che esso percorre. L'altro corsiero è il destino della verità dell'ente 1, « corsieri che molto scorgono »; Parmenide, fr. 1, v. 4)

ID39751 - 24/12/2013 17:02:49 - (Dru) -

e rimanendo « invisibile » (cioè non testimoniato) percorre un sentiero invisibile — che non è il « Sentiero del Giorno », 1 giacché questo è il sentiero che vien percorso quando il corsiero dell'isolamento viene staccato dal carro dell'accadimento e il corsiero della verità guida, non contrastato e visibile, l'accadimento della terra.

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