07 Febbraio 2020, 08.00
L'opinione

Il Giorno del Ricordo

di Valsabbin* Refrattar*

Prosegue l'analisi dello stretto rapporto tra storia e memoria e le loro mistificazioni parlando in questo secondo articolo dedicato alla ricorrenza del 10 febbraio

Dossier Storia e Memoria

Il Giorno del ricordo è una ricorrenza civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno. Inizialmente imbastita da Fini e Violante, tra mille polemiche legate alle critiche di numerosi storici nel 1998, è stata istituita ufficialmente il 30 marzo 2004 con legge n. 92 su pressione delle destre alleate all'allora governo Berlusconi II. Le prime firme al testo furono quelle dei principali esponenti di destra e il testo fu approvato con l'obbiettivo di: «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

La data del 10 febbraio
non è casuale: il dieci febbraio del 1947 è il giorno in cui venne stipulato il trattato di pace di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate che stabilirono l'assegnazione alla Jugoslavia dei territori dell'Istria, della regione di Zara e di buona parte della Venezia Giulia. Le potenze alleate non dimenticarono l'aggressione militare dell'Italia fascista al fianco di nazisti e giapponesi e nemmeno le atrocità da questa commessa, anche se solo in sede di redazione del trattato la considerarono, malgrado l'intervento di De Gasperi, responsabile nonostante il voltagabbana finale.

In queste riflessioni non c'è intenzione di non volere ricordare le persone morte nelle foibe o che hanno patito le sofferenze legate all'esodo dalle proprie abitazioni ma vogliamo contestualizzare quei fatti, cercando di raccontare cosa sono stati i 20 anni di presenza fascista in quelle terre e le politiche di italianizzazione forzata, smascherando le reali intenzioni dietro a questa giornata.

Altra premessa necessaria riguarda il ricordo (gioco di parole) di un altro giorno, quello della Memoria, giorno internazionale che riguarda la memoria delle vittime del nazi fascismo, ricordati il 27 gennaio, data simbolica della liberazione del lager di Auschwitz da parte dei soldati dell'armata rossa.

La contrapposizione ideologica
delle 2 giornate è evidente e strumentale alle politiche di chi ha promosso e voluto il giorno del ricordo, ma anche di chi negli anni l'ha propagandato, partendo da tutti i presidenti della Repubblica italiana che dal 2004 si sono succeduti.

L'idea di contrapporre il giorno della Memoria, ricorrenza di carattere internazionale, che ricorda tutte le vittime dell'ideologia nazista e fascista e che hanno colpito chiunque non fosse omologato a quel tipo di società, come tutti gli oppositori politici, gli "asociali", gli omosessuali e le lesbiche, i malati di mente o i disabili, o chi è stato stigmatizzato come gli ebrei, gli zingari o i rom, o chi è stato liquidato perché considerato subumano come i prigionieri di guerra russi, con una giornata che ricorda una parte di morti, è davvero vergognosa.

Il tentativo è chiaro, mettere sullo stesso piano vittime e carnefici paragonando l'imparagonabile ossia un numero non certo di corpi rinvenuti nelle foibe (tra l'altro alcuni chiaramente fucilati dai nazifascisti e molti frutto di vendette personali) con i milioni di morti a seguito del metodico sistema di pulizia etnica e sociale, omicidi e indicibili esperimenti su cavie umane. Questo per riabilitare in maniera velata il fascismo,mostrando gli aguzzini come martiri di una guerra che "capitò".

E questo ci fa dire che le uccisioni nelle foibe, che tratteremo nel dettaglio nel prossimo articolo, e l'esodo delle genti friulane e dalmate sono state da un lato una delle conseguenze delle politiche di italianizzazione forzata e di sfruttamento di quelle aree cominciate non con l'avvento del fascismo ma subito dopo l'annessione di quei territori dopo la prima guerra mondiale, e dall'altro, la conseguenza delle politiche identitarie e nazionalistiche dei comunisti titini che hanno ripreso le modalità tipiche degli eserciti nazi fascisti, seppur senza la programmazione tipica di questi.

La demonizzazione partigiani dei comunisti titini, da parte dei promotori di questo giorno, ossia da parte dei figli e figliastri dei partiti fascisti, per avere fatto quello che hanno fatto, è davvero ipocrita e qualifica molto sulle vere finalità riguardante questa giornata; è ormai conclamato che storicamente buona parte delle vendette private nei concitati e caotici momenti successivi alla fine della guerra, siano state fermate nel momento in cui presero il controllo del territorio.

La critica e la condanna che noi facciamo guardando a questi fatti e a questa ricorrenza istituzionale è il fatto di ridare dignità pubblica a ideologie basate sull'esaltazione della nazione, dei confini e delle frontiere, di popoli intesi come razza, del culto del più forte. Insomma di ideologie che già hanno dimostrato di cosa sono capaci. E questo sì, questo va ricordato!

Questo ci fa presupporre che una certa parte politica, dopo avere messo sullo stesso piano il giorno della memoria ed il giorno del ricordo, voglia dare il via ad una equiparazione che porti poi ad una minimizzazione delle colpe e che ha come fine una ricostruzione storica falsata e decontestualizzata, che voglia portare una sorta di assoluzione perché loro stessi vittime delle politiche e della repressione comunista come se la loro morte violenta potesse cancellare ogni responsabilità nazi-fascista pregressa.

"Se dici una menzogna enorme e continui a ripeterla, prima o poi il popolo ci crederà. La menzogna si può mantenere per il tempo in cui lo Stato riesce a schermare la gente dalle conseguenze politiche, economiche e militari della menzogna stessa. Diventa così di vitale importanza per lo Stato usare tutto il suo potere per reprimere il dissenso, perché la verità è il nemico mortale della menzogna e, di conseguenza, la verità è il più grande nemico dello Stato." Goebbels, ministro della propaganda del Terzo Reich

Senza una continua ricerca, senza lo studio, l'approfondimento e una capacità critica si rischia di fare passare i colpevoli per innocenti, si rischia di travisare chi davvero fu carnefice e causa di quei processi per cui oggi vengono ricordate le vittime.

Si rischia che vengano create le basi perché dei "nostri" morti siano più importanti di altri morti, primo passo e seme velenoso del nazionalismo, padre infetto delle peggiori malattie della nostra epoca.

Al prossimo articolo.

Valsabbin* Refrattar*
Dossier Storia e Memoria





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