23 Settembre 2020, 06.31
Blog - Gira la Ruota

Razionalità e inganno

di Luca Pietrobelli

Un viaggio nel tempo attraverso la storia per scoprire e riscoprire l’attacco al cronometro


La scienza, la teoria, ci dicono che nonostante si sia scritto più del necessario sull’argomento, i viaggi nel tempo non possono essere affrontati.
Questo postulato deriva dalla definizione stessa di tempo: “un insieme di fatti ed avvenimenti accaduti, che stanno accadendo o che accadranno”.

La razionalità della scienza ed il giudizio severo e rigoroso dei libri si scontrano però con i sentimenti, con la voglia di sognare di chi si ferma a guardare una corsa a cronometro, dove per magia, o forse per un inganno ben architettato a cui si presta volentieri il tifoso, sembra possibile il viaggio nel tempo.

La corsa a cronometro è, tra le discipline individuali del ciclismo, una delle più spettacolari.
In pista, nell’inseguimento o nel chilometro da fermo, lo sforzo è una fucilata secca mentre quando si viaggia su strada contro il tempo è necessario saper dosare le energie, costruendo la prestazione metro dopo metro con accurata consapevolezza di ciò che si ha nel serbatoio.

La ricerca della velocità è maniacale: parte dalla scelta delle ruote migliori per le condizioni del meteo e del suolo fino ad arrivare a quella del casco e del materiale e lunghezza dei calzini per poi concentrarsi sulla posizione più aerodinamica possibile che permetta anche di scaricare tutta la propria potenza sui pedali in maniera efficace.

Il nostro viaggio nel tempo
e attraverso le sfide al tempo parte con un tuffo nel lontano 8 Gennaio 1934, in Normandia, a Mont Saint-Aignan.
Qui, in Francia, culla del ciclismo, nacque Jacques Anquetil. Tra la grande crisi che investì il Mondo, la fame e l’avanzata dell’ombra della guerra, il giovane Jacques si avvicinò alla bicicletta, forse unico strumento di evasione da una realtà troppo amara e avara di gioie e spensieratezza.

Nel 1953, a soli 19 anni, il ragazzo debuttò nel Grande Ciclismo, quello che oggi chiamiamo eroico e che al tempo era semplicemente professionismo, iniziando una carriera lunga 16 anni, affastellata di successi, 205, in un calendario di corse non certo ricco come quello odierno. Il grande numero di vittorie e la costanza dimostrata lo portarono ad essere considerato, ora come ieri, uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi.

Il francese si dimostrò fin da subito un grande interprete delle corse contro il tempo vincendo dal 1953 al 1958 il Grand Prix des Nations, una corsa a cronometro lontana dai canoni odierni, in cui bisognava mulinare i pedali in solitaria per ben 140 chilometri.
Anquetil, grazie alla potenza e alla leggerezza con cui riuscì per anni a far volare la sua bicicletta, mise in bacheca i trofei di ben 5 Tour de France, 2 Giri d’Italia e una Vuelta a España, centrando l’accoppiata Giro+Tour e Tour+Vuelta, riuscite a pochissimi nel corso di tutta la storia del ciclismo mondiale.

Nell’estate del 1964, con il primo film dei Beatles che usciva nelle sale cinematografiche, mentre il transalpino si apprestava a vincere Tour e Vuelta nella stessa stagione, il destino decise che la storia dei cronomen, degli uomini che viaggiano attraverso il tempo e contro di esso, doveva proiettarsi al futuro e diede i natali ad un nuovo grande campione: Miguel Indurain Larraya. Questo nuovo alfiere avrebbe raccolto il testimone per portare avanti la tradizione dell’infinita lotta alla lancetta.

Nato a Villava, in Spagna, località incastonata fra i Paesi Baschi da un lato e confinante con la Francia dall’altro, quasi a voler mantenere un filo conduttore col glorioso passato, Miguel esordì nel giro di quelli che contano nel 1984, a 20 anni.
Atleta imponente, soprannominato “Miguelon” per i suoi 186 cm di altezza e i 76 kg, riuscì ad imporsi egregiamente nelle corse a cronometro e, per la grande capacità di gestione delle energie in montagna, a vincere, non senza difficoltà, 5 Tour de France e 2 Giri D’Italia, in accoppiata!
La sua capacità di far roteare i pedali come un metronomo per battere l’orologio è dimostrata e avvalorata dalla vittoria al Mondiale 1995 a Duitama, in Colombia, e della Medaglia Olimpica ad Atlanta nel 1996.

Dal 1996, con un balzo indietro al 1990, la Musa della Storia Clio, ha orchestrato ancora una volta il passaggio di testimone per lanciare verso il futuro la cultura e la tradizione della velocità.

A Maastricht, nella coloratissima Olanda, nasce Tom Dumoulin.
Tom, soprannominato “La farfalla di Maastricht” per la leggerezza con cui vola sull’asfalto, è un altro di quei corridori che potrebbero sembrare dei fotomodelli: 185 cm di altezza per 70 kg, cioè quello che si dice “un armadio”, dato lo standard fisico attuale dei ciclisti professionisti.

Tom esordisce nel professionismo nel 2012, iniziando la “gavetta” che lo porta, già nel 2014 a rivelarsi al mondo: con il bronzo al Mondiale di Ponferrada, Dumoulin fa sapere a tutti che la sua specialità da lì agli anni a venire sarà il tempo. Da quel giorno di un recente passato, l’Olandese Volante, conquista vittorie in serie, per arrivare nel 2017 al trionfo al Giro d’Italia e all’Oro Mondiale a Bergen (doppio se si considera prova individuale e a squadre).

La velocità sul passo, la capacità di ragionare sotto pressione e di capire la corsa e gestirla fanno di lui uno dei ciclisti più completi del panorama contemporaneo.
Gli appassionati del settore che conservano memorie eroiche amano balzare indietro nel tempo e da lì ad oggi, accostandolo a Indurain che, a suo tempo, fu avvicinato ad Anquetil, seguendo il sottile filo conduttore che corre per le viscere della Storia.

Partendo da ricordi ancestrali di un passato lontano ma non dimenticato per arrivare al presente, inevitabilmente, proprio perchè l’appetito vien mangiando, ci si proietta al futuro dal trampolino della contemporaneità.

Questo tuffo nell’ignoto è reso possibile dall’Italiano Filippo Ganna, classe 1996, Campione del Mondo in carica, per la quarta volta, dell’inseguimento individuale su pista, campione nazionale crono 2019 e bronzo mondiale.

Filippo è un altro di quei corridori poderosi da 193 cm di potenza che ha già dimostrato grandi doti contro il tempo e che proietta i tifosi verso un futuro gioioso e ricco di soddisfazioni, perchè, si sa, la Fortuna sorride solo a chi ha fiducia nel futuro.

La storia, da qui, è tutta da scrivere, e carta e penna non potevano trovare interpreti migliori.




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