17 Febbraio 2023, 10.15
Eco del Perlasca

Quella volta che William Gibson uccise la fantascienza

di Filippo Vanzani

Perché? Come ha fatto? E chi è William Gibson?


William Gibson è uno scrittore e l’autore di diversi romanzi a sfondo fantascientifico, ma le sue scritture hanno inventato qualcosa di speciale, di diverso e spiazzante, sebbene incredibilmente realistico.

“Neuromante”, primo romanzo del genere “Cyberpunk”
, ha inventato un mondo tutto nuovo; prima però diamo una breve occhiata alla trama. Nel libro assistiamo alle vicende di Case, un “hacker” che, caduto in disgrazia in seguito a una menomazione neurale, viene ingaggiato da un individuo misterioso per il suo ultimo grande colpo, con la ricompensa di una cura e di abbastanza soldi da sistemarlo a vita.

Ma non è tutto come sembra e Case avrà a che fare con una missione molto più ardua e imponente di quanto si sarebbe mai immaginato, ritrovandosi a dover accettare anche il suo travagliato passato.

Di base la trama non è nulla di rivoluzionario
(anche se comunque ricca di colpi di scena e momenti emozionanti) ma il vero punto di forza di questo romanzo è l’ambientazione.
Leggendo Neuromante ci troviamo davanti a qualcosa di strano: un’ambientazione futuristica realisticamente distopica (non alla “Mad Max” per intenderci).

L’ambientazione Cyberpunk
(che prende il nome per l’appunto dal genere) è geniale!
Ragionate un attimo: se pensate ad un’ambientazione futuristica cosa vi viene in mente? Forse il secondo film di “Ritorno al Futuro”, forse la saga di “Star Wars” o forse un qualcosa alla “Io Robot”.

Ebbene, penserete sempre a epiloghi impossibilmente belli o improbabilmente brutti, vediamo questi candidati futuri per quello che sono: improbabili; è improbabile che riusciremo a creare una società perfetta e organizzata in maniera impeccabile, dove robot antropomorfi ci servono, ed è altrettanto improbabile che si sprofondi in una guerra interplanetaria.

È proprio nel mezzo che si pone il Cyberpunk:
un mondo artificiale, finto, la tecnologia si è sviluppata a livelli assurdi e ossessivi, la gente gira per le strade con parti cibernetiche e innesti tecnologici, ci si sente circondati da luci abbaglianti, pannelli di plastica lucidi e insegne luminose; il mondo è visto come una grandissima metropoli che sembra offrire tutto ma nasconde delle crude e tristi verità.

Anche la società descritta è la diretta evoluzione della nostra:
la libertà è soffocante, il commercio d’armi è a disposizione di tutti, le sparatorie sono all’ordine del giorno, si è caduti nel relativismo più totale, il sesso è pesantemente mercificato e la corruzione e la criminalità dilagano.
Con dei divari sociali ormai fuori controllo, la propria vita è legata a delle fredde assicurazioni sanitarie.

Analizzando meglio questo contesto, possiamo dedurre che non è molto differente da quello che viviamo oggigiorno, ed è qui che William Gibson uccide, per così dire, la fantascienza, privandola del suo elemento fantastico e lasciandoci con un sincero realismo che è talmente poco distopico da risultare ammaliante.
La fantasia muore e lascia il posto ad una rappresentazione nuda e cruda del futuro che attende la realtà odierna e lascia vedere che in questa realtà sporca e corrotta la vita e i sentimenti (seppur menomati e scombussolati) riescano a sopravvivere: questo è toccante.

In questo panorama si inserisce la città di Night City
(creata da Mike Pondsmith nel gioco di ruolo “Cyberpunk 2020”) che personalmente reputo la migliore ambientazione del genere. Una città autonoma e sovrappopolata che vive principalmente di notte, di cui gli alti grattacieli si stagliano nel cielo penetrando le cortine di fumo e di scure nubi che lo coprono.
Essa è sotto la forte influenza di corporazioni militari ma è denominata “La città dei sogni”.

Questo è il punto: Night City è una “prigione dorata”, un becero “paese dei balocchi” che nasconde le peggio cose e ti inghiotte senza lasciarti via di fuga. Molti ci vanno per farsi un nome ma muoiono soffocati da un mare di finte possibilità.

Gibson scrisse questo racconto nel 1984
ma possiamo dire che non è per nulla invecchiato (il racconto) e mi sento di consigliarlo soprattutto ora che il genere sta giustamente proliferando.

Forse nemmeno il visionario William Gibson si sarebbe mai aspettato che il suo pungente scritto avrebbe portato alla creazione di una marea di altrettanti libri, film, videogiochi etc, etc, ma sicuramente ora può star sicuro di aver creato un capolavoro intramontabile e un classico senza tempo!

(un caloroso saluto al sig. Gibson)                 
Filippo Vanzani





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