18 Febbraio 2021, 07.17
Eco del Perlasca

Giovani, cosa vuol dire per loro «Covid-19»

di Elena Tonolini

In tempo di Covid-19 si parla veramente di tutto, spesso fino alla nausea, ma un argomento sembra essere puntualmente escluso dalla maggior parte delle discussioni: quello dei giovani


Il 9 marzo 2020 sarà un giorno che l’Italia ricorderà per molto tempo, in quanto è la data in cui il premier Giuseppe Conte ha indetto per la prima volta un lockdown generale, misura alla quale sono stati chiamati milioni di italiani più e più volte nel corso dell’anno terminato da poco più di un mese.
Con regioni ancora suddivise per colori, pasticci con i dati trasmessi per il calcolo dell’indice Rt e i contagi in aumento, i sacrifici richiesti nell’ultimo periodo sono stati molteplici, ma solo negli ultimi mesi hanno iniziato a farsi sentire a gran voce sempre più giovani, impegnati spesso in vere e proprie manifestazioni.

A fronte di questo fenomeno viene spontaneo chiedersi quali siano le motivazioni dietro ad esso, in particolare cosa questi ragazzi hanno dovuto sacrificare a causa della pandemia e che oggi li porta a scendere in piazza a manifestare.

L’espressione “Covid-19” per i più giovani sembra infatti essere strettamente legata al tempo: tempo in cui è stato impedito loro (ovviamente per necessità collettiva) di socializzare durante gli anni più importanti della loro vita e nei quali, in genere, si hanno le esperienze più significative per la formazione dell’individuo, formazione che questi ragazzi, quindi, non hanno avuto, e tempo passato a cercare di comprendere le bizzarre decisioni prese nei confronti della scuola, che continua a venire fortemente penalizzata, per non parlare delle improvvise ore trascorse in famiglia.

Se da una parte si sono forse ritrovati un po’ quei valori che i giovani sembrano spesso ignorare, dall’altra la situazione non può sempre essere tutta rosa e fiori, soprattutto quando il lockdown sembrava essere terminato per sempre con l’arrivo dell’estate.
In questo periodo i giovani italiani sono stati certamente la categoria di persone che più si è mobilitata per viaggiare e andare a trovare amici e parenti, divenendo potenziali vettori del contagio. Ciò è avvenuto non solo a causa della naturale irresponsabilità degli adolescenti, ma anche ai precedenti mesi in cui questi ragazzi si sono ritrovati a far fronte alle stressanti prime sessioni di DAD e alla novità di passare la giornata in casa 24 ore su 24.

La giovinezza è proprio il periodo in cui ci si allontana pian piano dalla famiglia in modo tale da diventare individui sempre più indipendenti, ma questo percorso ha ricevuto una battuta d’arresto nel 2020.

Come se giĂ  le conseguenze economiche non fossero abbastanza preoccupanti, ora ci ritroviamo dunque a fare i conti con un allarmante gap di natura sociale che i diretti interessati chiedono di sanare a partire da una maggiore sensibilitĂ  nei confronti della loro istruzione, come dimostrano le numerose proteste di natura scolastica ancora in corso in questi giorni.

Elena Tonolini




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