12 Febbraio 2021, 09.38
Provincia
AIB Confindustria Brescia

Smartworking, il lavoro che cambia. L'evento digitale

di Redazione

Dai primi risultati dell'Indagine sul Lavoro del Centro Studi di Confindustria lo smartworking è cresciuto durante la pandemia fino a coinvolgere il 73% delle imprese bresciane


Si è tenuto ieri pomeriggio l’evento digitale “Smartworking: il lavoro che cambia”, promosso dalla Piccola Industria di Confindustria Brescia all’interno della rassegna PMI Academy.

All’appuntamento, moderato dal giornalista di Radio 24 e Il Sole 24 Ore Enrico Pagliarini, è intervenuto lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, dopo i saluti introduttivi di Elisa Torchiani (Presidente della Piccola Industria di Confindustria Brescia) e Laura Iacci (Consigliere Piccola Industria Confindustria Brescia).

A seguire si è tenuto un approfondimento sui numeri dello smartworking, a cura di Davide Fedreghini (Centro Studi Confindustria Brescia), insieme a una tavola rotonda con alcune testimonianze aziendali: Automazioni Industriali Capitanio S.r.l. (Marco Capitanio), Marfran S.r.l. (Giulia Franceschetti), Mega Italia Media S.p.A (Matteo Meroni) e Palazzoli S.p.A. (Andrea Moretti). In chiusura l’approfondimento di Fabrizio Senici (Presidente Settore Terziario Confindustria Brescia) sui futuri step di collaborazione tra la Piccola Industria di Confindustria Brescia e il Settore Terziario.

Nata nel 2019, la PMI Academy rappresenta un nuovo e innovativo percorso di analisi della quotidianità lavorativa e imprenditoriale; la rassegna è costituita da una serie di incontri organizzati dalla Piccola Industria su specifici temi legati all’attualità, da discutere attraverso un linguaggio diretto, concreto e pratico, con il coinvolgimento di importanti ospiti ed esperti.

“Siamo certi che il nostro futuro dipenda soprattutto da noi, dalle nostre scelte, dalla volontà di immaginare un domani migliore e differente. Per le PMI bresciane, sono inoltre convinta che questa continui a rappresentare la via maestra, e la principale fonte di ispirazione, unita alla necessità di sviluppare quel networking e quella rete di relazioni e confronti che rappresentano il cardine del nostro mandato – spiega Elisa Torchiani, Presidente della Piccola Industria di Confindustria Brescia –. Un motivo che ci ha spinti a scegliere lo smartworking come tema centrale per il secondo appuntamento della PMI Academy: un concetto che è ormai entrato nel nostro lessico quotidiano, ma che forse non è ancora stato compreso in tutte le sue sfaccettature, soprattutto psicologiche”.

Secondo i primi e ancora provvisori risultati riferiti al territorio bresciano dell’annuale Indagine sul Lavoro realizzata dal Centro Studi di Confindustria – su un campione di 140 imprese con un fatturato complessivo di 6,5 miliardi di euro e 10mila addetti – lo smartworking è cresciuto nel corso del 2020, durante la pandemia, sino a coinvolgere il 73% delle imprese bresciane, mentre solo il 9% vi faceva ricorso prima della pandemia. Il 35% delle aziende della nostra provincia prevede invece di utilizzare lo strumento in futuro.

La quota di lavoratori da remoto nella provincia di Brescia, tuttavia, ha evidenziato nel 2020 una notevole eterogeneità: tocca un’incidenza sui dipendenti pari al 57,4% nei Servizi, mentre si ferma al 16,3% nell’Industria. Per quanto riguarda le prospettive di diffusione nelle imprese, una volta tornata la normalità, spicca la grande industria (75%), in netto vantaggio su media (33%), piccola (30%) e micro (33%).

Sul futuro dello smartworking dopo la pandemia, tra i cambiamenti organizzativi programmati da coloro che adotteranno il lavoro da remoto spiccano la pianificazione della presenza in azienda (63%), gli investimenti ICT per i lavoratori (43%), la formazione e le competenze trasversali ai dipendenti (35%), la formazione di competenze digitali (31%) e la riorganizzazione degli spazi (29%).

“Lo smartworking è nato ancora prima della tecnologia: ci sono state esperienze come quella della SIP, che aveva pensato di utilizzare il centralino dandolo ad alcune impiegate che rimanevano a casa. Un’esperienza all’inizio entusiasmante, che però si rivelò a lungo andare non efficace. C’era bisogno di socializzare – l’analisi dello psichiatra sociologo Paolo Crepet –. Il posto di lavoro è questo: un luogo dove ci si incontra, ci si conosce e ci si ama. Lo smartworking necessita di un cambiamento etico del lavoro: serve fidarsi, per raggiungere l’obiettivo.

Un cambiamento certamente più semplice per determinati luoghi di lavoro, meno per altri, oltre che dipendente da numerosi fattori, tra cui la cultura dell’azienda. La pandemia ha moltiplicato questo problema: tutti l’hanno compreso, anche nelle scuole. Quella che abbiamo vissuto è stata però una risposta emergenziale: non credo che, una volta resa abbordabile la pandemia, si proseguirà su questa strada. La parte dell’identità continua infatti a restare fondamentale, e non va sottovalutata.

A ciò si aggiunge il tema della produttività, che nasce dalla creatività, e che non si può creare da soli, ma nasce da gruppi, da incontri casuali, da persone che arrivano in azienda portando idee nuove. Credo quindi che ci sarà un futuro misto, con uno scambio sempre più intenso tra lavoro e casa.”

In foto, da sinistra: Davide Fedreghini, Fabrizio Senici, Matteo Meroni, Elisa Torchiani, Laura Iacci, Giulia Franceschetti, Andrea Moretti e Marco Capitanio






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