Nulla è eterno

…e l’uomo  e le sue tombe / E l’estreme sembianze e le reliquie / Della terra e del ciel traveste il tempo ricordava il grande Ugo Foscolo nella più nota delle sue opere.
Più prosaicamente ci viene da dire che nulla è eterno, che tutto passa, tutto si consuma.

Ed è la sorte toccata anche al cippo che, a Provaglio Valle Sabbia, nella frazione di Cesane, ricorda l’eccidio dei dieci partigiani della Brigata Matteotti, trucidati dopo un calvario di sevizie e di torture il 5 marzo del 1945: il tempo, inesorabile, ne aveva quasi cancellato le scritte e i nomi dei dieci martiri.

Ora, grazie all’impegno dell’ANPI di Valle Sabbia e dello Spi-Cgil, con un percorso che ha coinvolto varie strutture sindacali nonché l’ANPI nazionale, grazie anche all’impegno del Comune di Provaglio Val Sabbia, il cippo è stato finalmente restaurato.
Per giungere a compimento dell’opera si è dovuto accedere a un fondo che il Ministero della Difesa ha finalizzato al recupero e alla valorizzazione di luoghi e monumenti della Resistenza.
E Cesane è, assieme a Barbaine, il luogo sacro della Resistenza Valsabbina.

Domenica prossima, 78° anniversario della strage, il cippo restaurato tornerà a celebrare degnamente il sacrificio di quei giovani partigiani e offrirà ai valsabbini la memoria dei loro nomi; alle 9.45 ci sarà il raduno in località Cesane; alle 10.15 ci sarà l’alzabandiera e la deposizione delle corone d’alloro; interverranno poi il Sindaco di Provaglio Valsabbia Massimo Mattei, il Presidente della Comunità Montana Giovanmaria Flocchini; la commemorazione ufficiale sarà affidata a Marcello Zane.

Saranno presenti Roberto Tagliani, Presidente nazionale FIVL, Lucio Pedroni, Presidente provinciale dell’ANPI e Alvaro Peli, Presidente provinciale delle Fiamme Verdi.

Questa la storia.

A Provaglio Valle Sabbia, sul Monte Besume, dieci partigiani della Matteotti furono intercettati nel corso di un rastrellamento del 40° Battaglione Mobile della GNR; resasi impossibile ogni resistenza, rimasti senza munizioni, nove di loro si arresero; il decimo, Domenico Signori, preferì togliersi la vita buttandosi da una roccia.

Dopo la cattura, i partigiani furono condotti prima a Barghe e poi a Casto e infine a Idro, torturati, sottoposti a una parvenza di processo, ricondotti a Provaglio per essere fucilati sul luogo della cattura.

Giunti a Cesane, lo stato in cui si trovavano non consentiva di proseguire.
I militi fascisti decisero quindi di finirla lì: li spinsero nel campo detto Vestér e li massacrarono sparando loro a bruciapelo.

Ecco i nomi dei caduti: Alfredo Poli (vobarnese appartenente alla Brigata Perlasca; era salito ad avvertire i compagni della Matteotti dell’imminente rastrellamento e si era fermato a dormire con loro), Ferruccio Vignoni di Montichiari, Arnoldo Bellini di San Felice del Benaco, Teodoro Capponi di Gavardo, Gaetano Resa di Catania, Bruno Cocca di Villanuova sul Clisi, Luigi Cocca di Prandaglio, Pierre Lanoy  di nazionalità belga di Bruxelles (riportato sul cippo con il nome di Jhanes Pietro), Amilcare Baronchelli di Carpendolo, comandante del gruppo.

Il salice, ai piedi del quale avvenne l’eccidio e il cui legno è crivellato dalle pallottole, è stato sradicato ed è conservato presso il Museo di Forno d’Ono.
Al suo posto venne posto il cippo che oggi è stato restaurato.

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