Ciao don Franco

Ogni sua manifestazione di vita quotidiana celava un rimando culturale.
La sua juventudine non era altro che il rispetto e l’amore per i ragazzi, il fuoco  primigenio della gioventù, l’inebriante sapore della vita che incalza.

Il suo essere cacciatore non era altro che caccia all’armonia e alla bellezza. Voglia di albe, di cieli stellati, di voli di cesene immaginifiche nel mistero della migrazione. Come Pirandello ci ha insegnato.

L’uomo ha sempre il suo doppio, lui tra lo specchio e l’ombra sceglieva sempre l’ombra, l’umiltà, il pauperismo, lo stare nelle quinte.
L’essenza della missione del prete per lui erano l’amore e la carità, senza proclami o teatralità, ma con la forza dell’acqua su un masso, con il sorriso incantatore di un ladro d’amore.

Quando entrava nella tua anima non ti toglieva nulla, ma ti lasciava prima di uscire gemme preziose, incanto, e tanta tanta serenità.
Ora che se ne andato è facile dire che ci mancherà.

Ma come diceva Neruda "nascere non basta è per rinascere che siamo nati" e lui rinascerà ogni qualvolta sapremo inondare il nostro cuore dell’eterea luce dell’amore capace talvolta di frantumare la logica mercantile che accompagna le azioni di noi uomini.

Che il viaggio ti sia breve. E riverbera su di noi un po’ della sfavillante primavera che ora ti avvolge e  di cui abbiamo tutti bisogno.

Ciao Franco fratello! Amico!

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