25 Novembre 2022, 10.33
Eco del Perlasca

La mafia uccide, il silenzio pure

di Martina Cattane, Giselle Passannante

“All’interno della mafia l’omertà, la legge del silenzio, continua ad essere la regola”. Giovanni Falcone


Così parlava il giudice Giovanni Falcone, poco prima della sua morte.

Qualche giorno fa, la 3ªB dei Servizi Socio Sanitari ha organizzato uno spettacolo, intitolato “La mafia uccide, il silenzio pure”, a cui hanno assistito tutte le classi prime del nostro istituto e le terze medie di Idro e Casto, per sensibilizzare il pubblico sulla criminalità organizzata.
Per le terze medie è stata organizzata anche una visita alla Mostra della Legalità, costituita da libri e fumetti provenienti dalla Casa della Legalità di Manerba, allestita presso la Biblioteca di Idro, a cui è seguita un’attività interattiva.

Per saperne di più sullo spettacolo, abbiamo fatto qualche domanda alle ragazze.


Da dov’è nata l’idea di fare questo spettacolo?

Tutto è partito da un compito assegnatoci dal professor Cargnoni, che ci chiedeva di fare un elenco di alcune vittime di mafia.
Poi, alla nostra compagna Aicha, dato che è un’appassionata, è venuto in mente che da questo compito potesse nascere qualcosa di più: così è nato lo spettacolo!

Come vi siete organizzate?

Ci siamo divise in gruppi: uno si occupava della musica e delle canzoni, l’altro dei testi, un altro della recitazione e due di noi della parte tecnologica.
Poi abbiamo unito il tutto con un sottofondo musicale dal vivo e il risultato è stato uno spettacolo sviluppato in un’alternanza di letture di brevi testi, dialoghi, video e canzoni, che narravano le storie di varie vittime di mafia.

Che cosa volevate trasmettere?
Siamo partite dal presupposto che la mafia sia un argomento che non suscita più molto interesse, specie tra i giovani, perciò il nostro intento voleva essere quello di portare un messaggio importante, incisivo, ma nel modo più leggero possibile, magari facendo anche sorridere, come nel piccolo “dialogo in Paradiso” tra Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Rocco Chinnici al Bar.

Noi immaginiamo la mafia come qualcosa di lontano, ma di fatto è un fenomeno radicato nella società, basti pensare alla storia di Peppino Impastato, che aveva a 100 passi da casa sua l’uomo che l’avrebbe ucciso.

Molti,
quando sentono parlare di associazione mafiosa e criminalità organizzata, pensano di sapere già cosa si voglia dire loro.
Forse hanno anche ragione, ma il punto è che, finita una conferenza, uno spettacolo o un normale dibattito in classe, quella finestra sul mondo, su una realtà che è meno lontana da noi di quanto si pensi, in cui qualcuno magari si era anche immedesimato, si chiude.
E resta chiusa, almeno fino alla prossima conferenza.

Ma perché continuiamo a parlare di mafia se ormai sappiamo già tutto?
È semplice, perché ormai abbiamo adottato la cultura dell’omertà, del famoso “i panni sporchi si lavano in famiglia”.
Il massimo che ci concediamo è un “ma dove viviamo” o “che gente è questa”, come se bastasse criticare. Il problema è che non basta.

Forse al giorno d’oggi non siamo più i tipi da scendere in piazza a protestare per avere giustizia, un paese migliore, ma dovremmo smettere di considerare questo argomento un tabù.
Fare una denuncia sociale aperta, come quella di Don Peppe Diana, che parlava di mafia durante l’omelia della domenica, non è solo un nostro diritto, ma anche un nostro dovere.

Detto questo, non possiamo fare a meno di ringraziare le ragazze per averci regalato questa bellissima esperienza, che ha aiutato tutti noi a riflettere su un fenomeno che viene troppo spesso sottovalutato e che invece dovremmo imparare a combattere, ognuno nel suo piccolo, per rendere il nostro mondo un posto migliore.

Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.” Paolo Borsellino

Martina Cattane e Giselle Passannante Grimaldi 3ªA Liceo scientifico





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