08 Novembre 2008, 00.00
O
Elezioni americane

Obama e i riflessi italiani

È bello essere a Washington in questi giorni. Perché si vede quello che succede qui, e non si sente cosa si dice a Roma. Immagino che in molti stiano cercando di accaparrarsi un pezzettino di Obama.
Beppe Severgnini sulle elezioni americane.

È bello essere a Washington in questi giorni. Perché si vede quello che succede qui, e non si sente cosa si dice a Roma. Immagino che in molti stiano cercando di accaparrarsi un pezzettino di Obama: un’operazione di cannibalismo politico che sarebbe divertente, se non fosse patetica.

Ho letto addirittura che il nostro primo ministro, forte dell’età e dell’esperienza, avrebbe offerto i suoi consigli al neo-eletto presidente. Sono certo che Barack Obama non aspettava altro. Anzi, sono stupito che non abbia ringraziato dal palco di Chicago. «Yes, with Silvio we can!».

Sono anche felice di evitare un’altra tribù della destra italiana: quella dei Minimizzatori-Rosicatori (Miniros). Quelli secondo cui Obama è una moda, una fantasia liberal, un’illusione e una forma di presunzione. Be’, non è vero. Questo è un signore che ha restituito all’America una reputazione e a noi una speranza. Un uomo che è riuscito a riportare alla politica - quindi, alla democrazia - una generazione che molti avevano dato per perduta, rimbecillita da schermi e videogiochi. Lui l’ha convinta, e ha vinto.

Questo ci porta a parlare della sinistra italiana, un’altra compagnia di cui, in queste ore americane, non sento la mancanza. Non voglio pensare agli sbrodolamenti, all’orgasmo politico dell’impotenza, all’autoabbronzante ideologico spalmato in abbondanza dopo la vittoria del fratello Barack. Non voglio sentire le profonde considerazioni di chi, in questo Paese, non saprebbe nemmeno ordinare un caffè. Voglio solo citare una persona, e ricordare una cosa.

Durante la diretta notturna di Sky Tg 24, su un tetto bagnato affacciato su Capitol Hill, ho portato molti ospiti. Solo due italiani, l’ambasciatore Giovanni Castellaneta e il nostro Ennio Caretto, alla sua decima elezione presidenziale. E poi tanti nuovi americani: volevo dare il profumo dell’aria che si respira in questi giorni.
Uno di questi si chiama Ivan Frishberg. E’ il presidente di Young Voter Pac (www.youngvoterpac.org), e da anni aiuta il Partito democratico a riconquistare il voto dei giovani. Il risultato di Obama dimostra che l’esito dell’operazione - aiutato dall’età di John McCain e dall’inadeguatezza di George W. Bush - è stato trionfale. Ho chiesto all’americano Ivan, pensando all’italiano Walter: come diavolo avete fatto? Mi ha risposto: il lavoro va avanti dal 2000, è costato soldi, pazienza ed è passato attraverso l’istruttiva sconfitta di John Kerry nel 2004. Si è basato su iniziative come www.rockthevote.com; sull’uso di internet come luogo di dialogo, informazione e finanziamento. Ma soprattutto su una convinzione: i giovani bisogna incontrarli e ascoltarli. Non per un mese: per anni.

Certo, i Democratici italiani potrebbero fare lo stesso. Ma dovrebbero lasciare Roma, amici, poltrone e telecamere. Non per un mese: per anni. Lo faranno? E’ probabile. Quant’è probabile che Obama ascolti i consigli di Berlusconi.

Beppe Severgnini
dal Corriere della Sera del 6 novembre 2008


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