Oggi parlerò del Seminario e di quando volevo farmi prete. Ma prima vorrei ricordarvi alcune belle cose
Ieri Teresa Goffi, la mitica Terry, come ogni anno ha proposto la partecipazione ad una Messa al Santuario di Paitone, celebrata da don Cesare Polvara, per ricordare i coscritti defunti del ’53. Al termine c’è stato momento di convivialità con ottimi panini e dolcetti creati dall’arte di Terry-chef, nonna giovane (io una volta li ho gustati: sono eccezionali!). Terry, durante la bella serata musicale all’Isolo dei Km.0, mi ha ricordato di citare alcune cuoche che fanno da mangiare ai preti di Gavardo, Muscoline e Villanuova: sono, oltre a lei, Luisa, Mirella, Agnese, Elda e Lucia. Brave ragazze!
Approfitto per ricordare che martedì 7 settembre i Km.0 replicheranno il concerto all’Isolo. Sono stati davvero eccezionali, e non lo scrivo per amicizia. Maurizio Martini, Carlo Ferretti, Marco Franzini, Arturo Tebaldini, Marcello, Sergio e Gianni Podavini, tecnico Alberto Poli compreso, sono stati sublimi. Il tempo è volato via, e alla fine della serata, quando hanno cantato l’ultima canzone, tutti ci siamo detti: “Ma come, è già finito?!” Un applauso particolare al leggendario Marco Franzini: avendo fatto un assolo di batteria non previsto nella scaletta, ha poi dichiarato da grande showman: “Anche il batterista di Vasco Rossi una volta ha fatto la stessa cosa!” Chapeau!
Nell’articolo precedente ho scritto che il papà di don Italo si chiama Pietro. Errata corrige: si chiama Luigi, come il mio papà! Spero di non dovermi confessare per questo…
Sabato 11 settembre, data fatidica, ci saranno tre eventi importanti a Brescia: al mattino alle ore 10 in Cattedrale don Michele Ciapetti (Berlinghetto), don Michele Dosselli (Verolanuova), don Luca Galvani (Gavardo), don Matteo Piras (Vobarno), don Denny Sorsoli (Serle) e i Carmelitani scalzi fra Francesco dell’Eucaristia e fra Arthur di Santa Teresa di Gesù Bambino, saranno ordinati diaconi dal Vescovo Tremolada. Che festa!
Nel pomeriggio di sabato, alle ore 15.30, sempre in Piazza Duomo ci sarà la manifestazione pubblica contro il progetto del mega depuratore del Garda.
Sempre sabato, presso L’ortoc’è (via San Polo 90, Brescia, promossa dalla Caritas) verrà celebrata la Giornata diocesana per la Custodia del Creato. Quante iniziative importanti!
Tornando a noi: sapete quante persone un tempo sono entrate in seminario? Una marea! Forse perché c’era la possibilità di studiare fin da ragazzini, forse perché davvero nei paesi si respirava un clima di fede, forse perché non c’era l’affanno della vita di adesso: chissà! Fatto sta che molte persone possono dire: io sono andato in Seminario! Molti poi sono diventati sacerdoti, molti hanno lasciato la vocazione religiosa per scegliere un’altra strada nella vita. Sono così tanti che a nominarli tutti si riempirebbe l’articolo. Ricordo solo il dottor Mora, il signor Andrea Codurri, i maestri Dossi e Simoni, il mio coscritto Achille Recher…Del resto, anche il cantautore Claudio Baglioni ha raccontato: «A 14 anni volevo farmi prete. Assicurai a mia madre che avevo sentito la vocazione, anzi "la voce"».
Quand’ero bambino (un millennio fa) il mio piccolo mondo era popolato da angeli custodi, Madonne, Cherubini e Serafini, santi e martiri in Paradiso, per non parlare delle anime del purgatorio che reclamavano qualche preghiera in suffragio con sconto: c’era un traffico incredibile nella mia infanzia. Un giorno sono entrato nel bagno, c’era dentro mia zia che ha esclamato: “Oh Signur benedett!” E io: “Chiamami pure John…” Uno dei giochi a casa era di fare un altarino, usare un piccolo libro di preghiere come messale, indossare un pandamà come pianeta, un bicchiere come calice e fare la comunione con la mollica di pane.
La mia carriera ecclesiastica è iniziata da piccolo: all’inizio ero paggetto, con il cappello stile Lorenzo il Magnifico, in guanti bianchi. Non era difficile, bastava sempre stare fermi, le manine belle giunte.
Poi sono passato chierichetto, con veste nera e cotta bianca. Più tardi sono entrato nei tarcisiani, con le vesti “color crème” a strisce verticali rosse, che nascondevano le scarpe di ginnastica bianche. Fra i tarcisiani si annoveravano i più irrequieti teddy boys del circondario. Durante la messa si lanciavano di quei gestacci, ed il turibolo lo facevano roteare come il calcinculo della fiera.
Poi alle elementari era venuto un missionario, che ci ha parlato delle missioni in Africa. Ci ha raccontato delle bestie feroci, della foresta, della bellezza delle missioni, con un entusiasmo tale che quando ha chiesto: “Chi vuole andare missionario?”, tutti abbiamo alzato la mano: Io! Io! Io! Sembrava un raduno di piccoli balilla! Poi però abbiamo scoperto che al centro religioso si mangiavano sempre patate lesse e abbiamo perso la vocazione.
Da adolescente ero legato all’ACR provinciale, al mondo dei bambini e dei ragazzi. Durante i vari campi scuola ho avuto la fortuna di conoscere don Gigi Bonfadini e Piero Conti. L’amico monsignor Piero ora è vescovo di Macapá, in Brasile. Ha scritto: “Non c’è solo la ‘violenza fisica’ che è molto grave, ma c’è anche da superare la ‘violenza strutturale’, che lascia le persone ai margini della società, che li priva degli stessi diritti di tutti i brasiliani, nel campo della salute, della scuola e soprattutto nel campo lavorativo. E per ultimo c’è la cosiddetta ‘violenza culturale’ che è quella di chi pensa di essere superiore agli altri, di avere più diritti per sesso, colore della pelle, età o ricchezza”. Bravo Piero, dall’Italia ti giunga il mio abbraccio!
Dopo le magistrali (dove avevo conosciuto il professor Chizzolini) ho trascorso tre mesi nel vecchio Seminario. Sarà stato che la mia mamma mi ha donato la fede, sarà stato che ho sempre frequentato l’oratorio con bravi sacerdoti, sarà stato che ogni giorno andavo a Messa ed ero contento (anche perché c’erano i miei amici del piccolo clero), sarà stato che il Vangelo è affascinante, sarà stato che ho letto libri di don Milani, di Alessandro Pronzato, di Bruce Marshall (leggete “Il mondo, la carne e Padre Smith” le avventure del prete più simpatico al mondo!)…
Insomma, ho detto a mia mamma che volevo diventare sacerdote, e lei era felice. Non avevo bisogno di fare l’anno propedeutico: conoscevo il latino come le mie tasche…buche! Sono subito entrato in Teologia, nel bellissimo Palazzo Santangelo in Via Gezio Calini (ora Centro Paolo VI). Molti seminaristi prima di me (come il caro don Luigi Franceschetti) erano stati nello splendido gioiello di San Cristo in cima alla salita di via Piamarta. L’amico Piero Conti e molti altri studiavano nella grande struttura di Mompiano, in via Bollani, costruita grazie al contributo dei fedeli tra i 1950 e il 1960 e pensata per circa 700 seminaristi (ora è sede dell’università).
Mentre nel seminario nuovo c’erano stanzette moderne con doccia, in quello “vecchio” c’erano grandi camerate, dove io potevo esibirmi nelle mie battute. Molti seminaristi indossavano già la veste, qualcuno era “innamorato” di Mina e cantava le canzoni prima di addormentarsi. C’era un clima sereno, fatto di studio e di preghiera.
Lì ho conosciuto persone eccezionali: il rettore mons. Agostino Canesi (mi commuovevo ad ascoltare le sue omelie sulla Madonna), don Enzo Giammancheri, don Enrico Tosi (padre spirituale dal sorriso sempre accogliente e mai giudicante). E poi i futuri sacerdoti don Roberto Lombardi, classe 1951, persona amabile e profonda: come non ricordare la sorella Enrica, che salvò 41 bambini dal genocidio del Ruanda? Don Gustavo Bertelli, classe 1941, già conosciuto da mio fratello Franco alla Falck di Vobarno; poi entrò nei Padri Bianchi e per anni svolse la Missione in Burundi. Durante le sommosse razziali assistette a cose tremende, riuscì miracolosamente a fuggire da sicura morte. Ora vive a Treviglio nella Casa dei Padri Bianchi: anche a te un abbraccio, amico mio!
Naturalmente incontrai il mitico don Flavio Saleri: di lui potrei scrivere un poema!
E Francesco Beschi, ora Vescovo di Bergamo: persona cordiale, con lui si parlava di arte, di cultura, di musica (ha frequentato il conservatorio per i corsi di violino). Memorabile l’omelia in ricordo dei defunti per il Covid, quando, nel vortice della bufera, gli ospedali non avevano più spazio per raccogliere i defunti, che cominciavano ad essere accatastati nelle camere mortuarie: “Da solo, in silenzio, nella penombra di quelle mura dove solo l’oro dei mosaici dell’abside delineava un pallido ma lucente orizzonte, sono passato pellegrino. Ho benedetto bara per bara, quasi come se la mia mano che segnava nell’aria il segno della croce fosse un’ultima carezza ad ognuno di quei defunti, intendendo attraverso loro raggiungere ogni anima dei tantissimi nostri fedeli che in quei giorni ci avevano lasciato.” Grazie, Francesco, pardòn, monsignore!
Sono tante le belle persone che ho incontrato. Ogni tanto le rivedo su Teletutto, o su qualche giornale. Ho avuto la fortuna di conoscere don Alessandro Tuccinardi, quando era vicerettore del Seminario diocesano (adesso è parroco di Manerbio). Si trattava di far vivere ai seminaristi un’esperienza di condivisione dei valori quali amicizia, solidarietà, donando gioia alle persone grazie al teatro, in occasione dell’anno giubilare dedicato alla misericordia. Tra gli attori c’erano anche i “nostri” Luca Galvani e Lorenzo Bacchetta, che adesso è stato scelto come vicerettore del Seminario Maggiore.
Ma nel disegno di Dio, io (che sono uno scarabocchio) ho scelto un’altra strada. Riconosco che non ero maturo (só malmadür amó adess!). Per grazia ricevuta! Vi immaginate? Io don John parroco, magari a Livemmo (magari!), con la mia pancia, la mia veste sgualcita, a fare prediche lunghe, con una perpetua che mi lava, mi stira e mi ammira, con le pie donne al confessionale che mi raccontano le loro storie ed io che penso: “Meno màl che me só mia spusàt!” E poi…chi si sarebbe sacrificato a sposare la mia futura moglie?! “Meglio sarebbe se non ti avessi amato, sapevo il credo ed ora l’ho scordato, scordato il credo scordai l’Ave Maria, come potrò salvar l’anima mia?!”
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo. W il fiume Chiese!
maestro John
Nelle foto:
1) Un Campo ACR a San Giovanni Bianco: il mio caro cognato Sergio Franceschetti in basso a sinistra, a destra don Gigi Bonfadini (io sono il terzo da destra, accanto a me seminascosto Piero Conti)
2) don Alessandro Tuccinardi il giorno del suo ingresso a Manerbio
3) Lorenzo Bacchetta ai tempi dei campi scout
4)Luca Galvani al centro di amici