03 Dicembre 2022, 07.30
Gavardo
No depuratore

Petizione, le motivazioni di archiviazione

di Redazione

l Comitato “La Roccia” le ha voluto rendere note perché potrebbero servire per proseguire la battaglia in altre sedi istituzionali nazionali


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Il Comitato “La Roccia” ha voluto rendere note le motivazioni di archiviazione della Petizione Nr. 0902/2021 presentata contro l’attuale maxi progetto di depurazione del Garda con localizzazione prevista sul fiume Chiese ricevute la scorsa settimana dalla Presidente della Commissione petizioni Dolors Montserrat.

Questa la risposta integrale ricevuta dal Parlamento Europeo.

 “La scelta dell’ubicazione e le caratteristiche tecniche specifiche di progetti quali gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane rientrano nelle competenze delle autorità degli Stati membri, che devono garantire che tali scelte e le relative procedure di autorizzazione siano conformi al diritto dell’UE. Il rispetto della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane richiede, in alcuni casi, la costruzione di sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue. L’Italia presenta un notevole divario di conformità in tale ambito, con quattro procedure di infrazione attualmente in corso. Alcune di esse sono a uno stadio molto avanzato e una prevede il pagamento di sanzioni da parte dell’Italia.

Nella sentenza del 6 ottobre 2021, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia per violazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane in 605 agglomerati e quattro zone sensibili. Uno degli agglomerati interessati è Gavardo, benché i progetti menzionati dalla firmataria non siano necessariamente legati alle procedure di infrazione in corso.

I progetti di costruzione di impianti di trattamento delle acque reflue urbane rientrano nel campo di applicazione della direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale (VIA).Gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane con una capacità superiore a 150 000 abitanti equivalenti 7 e gli impianti di trattamento al di sotto di tale soglia che possono avere un impatto ambientale significativo 8 devono essere sottoposti a una valutazione del loro impatto sull’ambiente prima del rilascio dell’ autorizzazione (procedura VIA).

Conformemente alla convenzione di Aarhus e alla direttiva 2003/35/CE, entrambe menzionate dalla firmataria, il pubblico deve avere la possibilità di partecipare al processo decisionale in materia ambientale e le autorità competenti devono tenere conto dei risultati della consultazione pubblica. Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell’autorizzazione, l’autorità o le autorità competenti ne informano il pubblico e rendono disponibili, tra l’altro, informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, ai risultati delle consultazioni e al modo in cui questi sono stati affrontati.

Sulla base delle informazioni disponibili, sembra che i progetti menzionati dalla firmataria non abbiano ancora ricevuto l’autorizzazione e che nel caso in questione non sia possibile riscontrare alcuna violazione delle disposizioni di cui sopra.

L’articolo 15 della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane stabilisce obblighi di monitoraggio specifici in relazione agli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e al loro impatto sull’ambiente. Sulla base delle informazioni disponibili, anche in questo caso non sussistono elementi che attestino una violazione di tali disposizioni.

Conclusione
Sulla base delle informazioni fornite, non è possibile individuare prove di una violazione del diritto dell’UE in relazione ai progetti menzionati dalla firmataria. La firmataria è invitata a sottoporre la questione alle autorità nazionali competenti”.

«Entrando nel merito di quanto sopra – precisa Roberta Caldera, presidente del Comitato La Roccia –, ribadisco che avevo ritenuto di portare all’attenzione del Parlamento Europeo, le gravi problematiche conseguenti lo spostamento di reflui da un bacino imbrifero diverso dal territorio interessato, in un contesto ambientale di pregio e già compromesso da numerose problematiche, soprattutto legate agli sfruttamenti e alla grave carenza idrica, che di fatto inficia sulla portata compromettendo la qualità dell’acqua del fiume e sottoponendolo ad un grave rischio epidemiologico come quello avvenuto nel 2018 per il quale ho inviato tutta la documentazione e l’indagine agli atti)».

«Tutto questo, prima di arrivare ad un progetto definitivo, onde evitare uno spreco di risorse economiche e un danno ambientale non riducibile attraverso prescrizioni o ancor peggio non equiparabile e non permutabile ad alcuna compensazione di tipo economico».

«Per quanto concerne la convenzione di Aarhus avevo ritenuto di integrare la petizione con numerosa documentazione a comprova dell’imposizione di questo progetto sui territori (vedasi i quattro ricorsi al Tar da parte dei Sindaci del Chiese dei territori interessati) e di alcune importanti situazioni, a mio parere, anomale; a partire dalla mancata trasparenza di alcuni documenti,(vedasi ricorso vinto dal comune di Montichiari per l’ acceso negato a documenti di interesse primario), dall’audio del prof. Bertanza divulgato da un account fake, dai parametri discrezionali aggiunti dall’Università di Brescia ecc. ecc. »

«Grande fiducia era stata da me posta nel Parlamento Europeo – conclude Caldera – con la convinzione che quest’ultimo potesse entrare nel merito delle situazioni e verificarne le anomalie del caso.
Certamente ignoravo, e mi lascia alquanto perplessa, il fatto che una parte politica (che di fatto in Italia ha sempre sostenuto la realizzazione di questo progetto con ubicazione sul Chiese) abbia potuto interferire e chiedere l’archiviazione di una petizione.
Nonostante la grande delusione e amarezza, ritengo che questa fosse una delle strade da percorre per tentare di fermare questo insensato e oneroso progetto, dai gravi rischi ambientali. Noi comunque non ci arrenderemo e percorreremo tutte le strade istituzionali possibili».




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