Fino a domenica 9 gennaio è possibile visitare il Presepe nella splendida cornice di Santa Maria degli Angeli, accanto all’ex Monastero
Santa Maria è uno scrigno di arte e religiosità, un gioiello architettonico dalle linee essenziali, con quella splendida facciata, quel susseguirsi di colonne nei poetici chiostri, quel gioco di luce e di ombre. Straordinario il Crocifisso alto due metri e mezzo in legno policromato. Santa Maria è talmente suggestiva e dall’acustica perfetta che ha ospitato spesso eventi musicali (come non ricordare le rassegne del coro La Faita?) ma anche teatrali (io stesso avevo realizzato con l’amico Deni “INRI” e con il Gruppo Teatrale Gavardese “I racconti di un pellegrino russo” e “Gridatelo dai tetti”).
Leggendo la storia del Monastero, si capisce quanto la comunità gavardese gli sia sempre stata legata.
Nel 1505 Papa Giulio II autorizzava la gente di Gavardo alla costruzione di un convento, con annessa chiesa dedicata a Santa Maria degli Angeli, da affidare ai Frati minori dell’Osservanza. Per tradizione l’opera fu voluta dopo l’ascolto delle predicazioni tenute a Gavardo da San Bernardino da Siena nel 1422, attribuendo altresì alla volontà del Comune l’avvio dei lavori. Il cantiere procedette alacremente e pare che già nel 1512 l’edificio fosse praticamente completato, tranne la chiesa (consacrata nel 1537).
La chiesa prevede al proprio interno quattro cappelle poste sulla navata sinistra, ed è destinata ad ospitare le tombe delle famiglie gavardesi più facoltose. Il complesso monastico era costituito dai locali destinati all’abitazione dei religiosi, distribuiti in due ampi chiostri, con sequenze di archi sorretti da pilastri ottagonali in cotto, su tre lati e volte a crociera; da un brolo, due ortaglie con il cortile ed un piccolo cimitero. Nella chiesa c’era una grande parete divisoria per separare i religiosi (nel coro) dai fedeli (nella navata).
I frati minori vivevano di elemosina e dell’orto annesso al convento, prestavano opera di assistenza ai poveri ed agli ammalati ed erano eccellenti predicatori: sono segnalati anche per la cura della chiesa di San Rocco. Il loro numero varia fra una e due decine, ma dopo la furia della peste, nel 1632 essi sono ridotti a due, alla metà del Settecento vi vivono 15 frati, e alla fine del Settecento sono in quattro.
Nel 1805, anno della soppressione decretata da Napoleone, sono presenti in numero di 19, trasferiti presso il convento di San Giuseppe di Brescia. La notizia della soppressione aveva mobilitato i gavardesi. La pratica avanzò nei meandri della burocrazia italica e il 27 luglio 1805 il Prefetto del Dipartimento del Mella, nonostante lettere e suppliche, ordinò di consegnarne le chiavi della chiesa.
Il complesso, entrato quindi in possesso del Demanio pubblico, venne adibito a deposito. È acquistato, nel 1817, da don Carlo Antonio Zanardi, parroco di Sopraponte, che vi apre un istituto per fanciulle orfane e derelitte. Nonostante il carattere anticlericale assunto dal governo dell’epoca, il progetto di don Zanardi venne approvato per la “pietà filantropica del parroco”, ma a condizione che non venisse adottata alcuna regola monastica.
Nel 1827 la priora Angelica Lodrini fece istanza al Vescovo di Brescia Gabrio Maria Nava di istituire il Monastero delle Orsoline di Gavardo, per “applicarsi all’istituzione ed educazione della gioventù femminile” (ne è memoria visiva la pala dell’altare maggiore, raffigurante S. Agostino in atto di consegnare la Regola alle religiose).
Nasceva così un monastero di clausura, con annessa scuola di carità per le povere orfani e, dal 1831, un collegio con scuola femminile per famiglie agiate. A Gavardo sono inviate 11 religiose, che nell’anno 1927 sono ben 37. Il monastero divenne oasi di pace, di preghiera e di educazione: “orsolina” era divenuto sinonimo di “educatrice”.
Nella seconda guerra d’Indipendenza del 1859 la Chiesa di Santa Maria fu adoperata per i soldati, mentre la casa del cappellano servì per Ospedale.
Nell’agosto1866 il Monastero, per ordine del Governo, fu costretto a sgomberare la Chiesa per accogliere 400 garibaldini, mentre la casa del cappellano veniva adoperata per Garibaldi e per i suoi Maggiori. Vi dimorarono 22 giorni.
Durante la seconda guerra mondiale la grande cantina venne usata spesso come rifugio antiaereo: così la cantina divenne luogo di preghiera. Dopo il tragico bombardamento del 29 gennaio 1945, la chiesa diventò chiesa parrocchiale, il parlatorio a pianterreno divenne ambulatorio medico. Venne ad abitare con il Cappellano anche don Angelo Calegari.
Le Orsoline cercarono di adempiere la missione della formazione della donna, di sposa e di madre, prima di tutto delle fanciulle di condizione disagiata. Ma poi le famiglie di Gavardo e dei paesi della Valle Sabbia chiesero loro di accogliere anche le fanciulle più agiate.
Molte giovinette, terminata la loro educazione, chiedevano l’ammissione al noviziato: le affascinava l’ideale mericiano di una vita interamente sacrificata all’amore di Cristo, dedita all’educazione delle fanciulle, una vita nella gioia, mai arida, piena d’amore. Poi iniziò una progressiva riduzione delle vocazioni e nel 1989 la presenza di solo 7 religiose determinò la chiusura del Monastero: la Madre Provinciale fece trasferire le suore rimaste al convento di Capriolo, e mise in vendita il monastero.
Il parroco di Gavardo, don Francesco Zilioli, decise di acquisire da parte della parrocchia l’intero complesso di 22 mila metri quadrati, di cui 5 mila coperti. La cifra non certo indifferente di due miliardi di lire venne coperta con le offerte della comunità parrocchiale. Vennero così aperte la scuola elementare paritaria intitolata ai SS. Filippo e Giacomo, e la scuola materna paritaria intitolata a S. Giovanni Bosco.
Un ricordo indelebile collegato a Santa Maria è quello di don Mansueto Bonera.
Nato il 26 settembre 1917 nella parrocchia di Molinetto comune di Mazzano, è stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1941. Monsignor Ferretti, dietro suggerimento di don Angelo Calegari, suo compagno di scuola, gli offrì la cappellania del monastero e l’assistenza nell’ospedale e ricovero “La Memoria”.
Mons. Ferretti lo stimava e gli affidò particolari incarichi tra i sacerdoti confratelli. Ricordo che il caro don Mansueto mi chiamava a leggere le varie letture sia a Santa Maria sia nella cappella dell’Ospedale. Mi piacevano le sue omelie, profonde e legate alla gente. Salì in Paradiso poco dopo aver celebrato la Messa, mentre stava confessando un infermo, il 7 dicembre 1979, all’età di 62 anni, accasciandosi sul letto, stroncato da un infarto.
E non posso dimenticare Angela Bonera, una buona signora che seguiva il fratello don Mansueto. Angela era sorella di Agnese, mamma dei miei amici Beppe, Marilena ed Elena Mangiarini, il cui papà, Vincenzo, aveva recitato con il Gruppo Teatrale Gavardese del mitico Tano Mora. Al funerale mi sono commosso, ascoltando l’amico Beppe che cantava accompagnato dall’organista. Sicuramente Angela da lassù avrà apprezzato la sua splendida voce.
Concludo ricordando il bellissimo volume “Iconografia musicale in Valle Sabbia” (Grafo), frutto di una lunga ricerca realizzata da Giovanni Baronchelli.
Quadri, affreschi, intagli lignei, figure in stucco e marmo, realizzati in un arco di tempo che va dal XV al XVIII secolo in chiese e abitazioni private valsabbine, con autori e soggetti diversi, ma con un elemento in comune: in ogni raffigurazione compaiono uno o più strumenti musicali. Giovanni Baronchelli li ha scovati e descritti uno ad uno, in una ricerca originale durata alcuni anni. Baronchelli ha risalito la Valle Sabbia da Prevalle a Bagolino, compilando 82 schede, ampiamente illustrate dalle fotografie di Diego Bernardini. Ogni capitolo è dedicato a un’opera d’arte, descritta puntando l’attenzione sugli strumenti musicali in essa raffigurati.
Ha evidenziato, come annota nell’introduzione Alfredo Bonomi, “che già alla fine del ‘400 gli strumenti musicali ad arco erano ben radicati nella valle e che fioriva una liuteria locale non concentrata solo in quel di Bagolino”. Giovanni Baronchelli prende in considerazione anche la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, soffermandosi sulla stupenda “Incoronazione della Vergine” posizionata nel terzo altare a sinistra. La Vergine è a mani giunte, con un’aureola di stelle intorno al capo. Indossa un manto azzurro che le ricade in ampi panneggi. Sta per essere incoronata da due angeli, mentre molti angeli portano i simboli mariani. Un libro straordinario!
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo. W il Chiese, ieri, oggi e sempre!
maestro John
Nelle foto:
1) Anni ’60: cerimonia di inizio anno scolastico (foto tratta da “Gavardo da salvare trent’anni dopo”)
2) Il Coro La Faita canta nella stupenda chiesa di Santa Maria (foto dell’amico Antenore Taraborelli)
3) Una suora orsolina alla vasca (foto dell’amico Giovanni Lavo)
4) Don Mansueto e don Francesco (a sinistra) durante la visita del Vescovo alla nuova Casa di Riposo