Condotta sublacuale, «Nessun rischio ma va dismessa»

Le condotte sublacuali, reduci da una radicale e costosa opera di risanamento, non rappresentano al momento un rischio ecologico, ma l'incerta evoluzione del fenomeno di erosione provocata dai batteri in fase di recrudescenza impone di trovare soluzioni rapide e incisive.

Che vanno dalla loro rimozione, previa costruzione del nuovo collettore, alla posa di una nuova condotta se i tempi di realizzazione dell'impianto di depurazione dovessero prolungarsi. La dismissione sarà comunque il traguardo finale.

Sono questi in sintesi i risultati della relazione della manutenzione effettuata dalla Drafinsub su incarico di Acque Bresciane. Il documento è stato presentato ieri ai sindaci dai tecnici dell'utility Sonia Bozza, responsabile dell'area esercizio, e Mauro Olivieri, direttore tecnico.
La rete di tubature sommerse che trasferisce i reflui fognari prodotti dalla sponda bresciana al depuratore di Peschiera è attaccata da bioconcrezioni (aggregazioni di materiale depositato da batteri che esercitano un'azione corrosiva) sempre più estese e profonde.

Le due condutture sono state posate tra il 1984 e il 1985 e sono rimaste intatte fino al 2017, quando sono comparsi i primi batteri. Il fenomeno continua, e nonostante ogni volta vengano rimosse e pulite, le bioconcrezioni si riformano. Una videoispezione del luglio 2022 ne aveva rilevate 156, ma nell'intervento concluso il 14 febbraio di quest'anno ne sono state registrate 219. Sparite invece le spugne individuate lo scorso anno.
Durante l'ultima operazione è stato evidenziato anche un cambiamento nella tipologia delle bioconcrezioni, che sono di dimensioni maggiori, arrivando anche a 36 centimetri, quelle più grandi, rispetto ai 5-6 centimetri precedenti. Le bioconcrezioni stanno evolvendo: se nel 2018 occupavano 1.600 metri di condotta, quest'anno l'estensione è arrivata a 3.180 metri, mentre in profondità si è passati da -190 a -220 metri.

Oltre l'80% delle neoformazioni è concentrato lungo il versante di Tosciani, mentre verso Torri del Benaco c'è stato un forte incremento, passando dalle 4 del precedente rilievo alle 28 unità attuali. Stavolta l'intervento di manutenzione è stato particolarmente complesso, anche a causa del basso livello del lago causato dalla siccità. La profondità massima raggiunta dai sub, di 220 metri, è l'intervento limite che può essere realizzato in un bacino chiuso come il lago e con la struttura normalmente utilizzata.

Le cause dell'aggressione batterica potrebbero essere legate ai cambiamenti climatici e al mancato rimescolamento dell'acqua del lago, ma ad oggi non ci sono certezze scientifiche sul fenomeno e correlazioni tra causa ed effetto. Nel senso che, come sono comparsi, i batteri potrebbero scomparire o proliferare ulteriormente.

Per i tecnici di Acque Bresciane «è necessaria la revisione della valutazione del rischio effettuata nel 2017. Dal nostro punto di vista non si può garantire la totale sicurezza oltre i 40 anni di esercizio».

C'è poi il problema del sottodimensionamento: «Tutta la rete di collettamento del Garda è insufficiente ai carichi fognari - ha ammesso Olivieri -. Basta un po' di pioggia per attivare gli sfioratori dei troppo pieni nelle stazioni di sollevamento, che lungo la sponda bresciana sono 38, riversando nel lago una porzione di portata che non ha una qualità dell'acqua nella norma».
Le condotte, lunghe 7,4 km, che raggiungono una profondità massima di 247 metri, potrebbero essere sostituite con un costo fra i 15 e i 20 milioni, nel giro di due anni e mezzo.