Migrantes, viaggio tra sogno e sofferenza

Fabrizio Gandi è un valsabbino di Comero.

«Per l’orientamento artistico di Fabrizio Gandi è stato determinante il suo incontro con il benedettino Padre Bonifacio, di origini valligiane – scrive di lui il professor Alfredo Bonomi -. Religioso di intuizioni profonde, artista poliedrico, ha aperto nel Monastero di S. Pietro di Sorres in Sardegna una ‘Scuola di giovanili ricerche artistiche’, un vero cenacolo culturale nel quale l’arte era vista come potente mezzo educativo e come la preziosa occasione per mettere alla prova i talenti personali dei giovani».

«Fabrizio ha deciso di trascorrere le sue vacanze estive, dal 1977 al 1983, nel Monastero di Sorres, come allievo della scuola – aggiunge Bonomi -. Non è stata solo l’occasione veramente rara per approfondire tematiche artistiche e per scoprire meglio le sue possibilità creative, ma anche l’inizio di un rapporto umano profondissimo con il monaco-pittore».

Quanto alla mostra bresciana, che sarà visitabile – nel rispetto delle norme anti-covid – fino a domenica 18 luglio 2021 (dal martedì alla domenica con orario 16 – 19.30), riportiamo quanto scrive il presidente di AAB, Massimo Tedeschi:

«Lì, dove le riprese televisive sembrano ripetitive o pescate a caso da un archivio sempre identico a se stesso; lì, dove le immagini fotografiche non sono più capaci di emozionare; lì dove il discorso pubblico risuona strumentale e ripetitivo: ebbene, a quel punto soltanto l'arte può ancora perturbare e sommuovere sentimenti, rivelare l'essenza di una tragedia umana e storica, mettere a nudo uno scandalo morale e politico.

L'arte di Fabrizio Gandi si colloca esattamente in quel crocevia drammatico e la sua mostra "Migrantes.Viaggio tra sogno e sofferenza" squarcia il velo che rischiava di coprire i nostri occhi e i nostri cuori.
Le opere plastiche di Gandi sono un vibrante j'accuse su una tragedia a cui siamo assuefatti: quella dei profughi, delle migliaia di uomini, donne e bambini in fuga dalla miseria, dalle guerre, dalla desertificazione climatica.

L'artista rinuncia alla pratica del colore e del design, che pure sono congeniali al suo percorso, e si cimenta stavolta con la scultura.
Nella creta bianca, ridotta al grado zero del colore, palpita il sogno che spinge intere popolazioni a emigrare, vibra soprattutto l'urlo della loro sofferenza.

La mostra, come osserva giustamente Giovanna Galli, assume i contorni di un'unica grande installazione, di un racconto compatto e allucinato in cui le scene topiche dell'esodo - dalla partenza alla morte nel deserto, dalla gabbia di violenza al gommone, dalla rete di frontiera al naufragio - sono altrettante stazioni di una via crucis che non sfigurerebbe in un tempio moderno se non fosse che qui il passaggio del Golgota è certo, la resurrezione un punto di domanda.

Chi va teorizzando l'imperituro divorzio fra arte e impegno, arte e denuncia, arte e messaggio civile, visiti la mostra Migrantes.
Mediti sull'opera di Gandi.
E si ricreda».

La mostra è accompagnata da un catalogo che, oltre al saggio critico di Giovanna Galli e la riproduzione di tutte le opere esposte, contiene contributi di Alfredo Bonomi e Franco Valenti.

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