L'arte di Fabrizio Gandi
di Alfredo Bonomi
Uno sguardo sull’attualità quello espresso attraverso le opere del ciclo “Migrantes”, composto da una serie di sculture in terra cotta bianca, che emoziona e stimola riflessioni del cuore e della mente.
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Una vita a colloquio con l’arte
Figlio di genitori solleciti e premurosi, Fabrizio Gandi ha trascorso l’infanzia a Comero, uno dei borghi del Savallese che fan corona all’imponente ‘Corna di Savallo’. Pur vivendo in una terra che può sembrare un po’ appartata, Fabrizio è cresciuto con un animo aperto, predisposto verso il confronto con una realtà più vasta, e con la ‘vocazione’ artistica sollecitata anche dalla figura del padre, uomo abilissimo nell’intaglio e disponibile al colloquio.
Certamente la natura, con le sue atmosfere di luce e di colori, i borghi caratteristici, le opere d’arte contenute in abbondanza nella chiesa parrocchiale di S. Silvestro e nel santuario della Madonna di Auro, vero scrigno di bellezza, hanno influito sulla sua predisposizione verso il percorso artistico, tenacemente coltivato anche con evidenti sacrifici, come quelli che si riscontrano in una famiglia numerosa che basa il suo reddito solo sul lavoro.
Nella prima giovinezza ha frequentato, naturalmente nei ritagli di tempo che il lavoro gli concedeva, la Scuola d’Arte Triennale di Sarezzo per incisori e cesellatori ed ha seguito l’insegnamento di pittori affermati.
Per l’orientamento artistico di Fabrizio Gandi è stato però determinante il suo incontro con il benedettino Padre Bonifacio, di origini valligiane.
Religioso di intuizioni profonde, artista poliedrico, ha aperto nel Monastero di S. Pietro di Sorres in Sardegna una ‘Scuola di giovanili ricerche artistiche’, un vero cenacolo culturale nel quale l’arte era vista come potente mezzo educativo e come la preziosa occasione per mettere alla prova i talenti personali dei giovani.
Fabrizio ha deciso di trascorrere le sue vacanze estive, dal 1977 al 1983, nel Monastero di Sorres, come allievo della scuola. Non è stata solo l’occasione veramente rara per approfondire tematiche artistiche e per scoprire meglio le sue possibilità creative, ma anche l’inizio di un rapporto umano profondissimo con il monaco-pittore.
Ha condiviso il pensiero del maestro sull’arte vista ‘come mezzo, non come fine, dove l’oggetto indagato e il modello possono dar vita e alimentare la spiritualità. L’arte dunque come dimensione dello spirito e non come diletto estetico’. Un’affermazione impegnativa, di quelle che determinano tutto il percorso artistico di una persona. Così è stato per Fabrizio Gandi.
La frequenza dell’Accademia di Brera, dopo l’ammissione nel 1979, gli ha dato notevoli capacità espressive e possibilità per ulteriori approfondimenti.
Così, con il trascorrere del tempo, rimanendo ad abitare nel suo paese, ha continuato con intensità ed arricchimenti il suo percorso artistico, che si può definire ‘a tutto campo’ anche se ha previlegiato tre piste fondamentali.
Nella sua produzione gli anni ’80 sono stati caratterizzati essenzialmente dalla pittura; negli anni ’90 è passato al ‘mondo del design’, collaborando con diverse ditte del settore. Negli ultimi due decenni ha riversato sensibilità, intuizioni, idee ed una rara manualità nella scultura.
Il ciclo “Migrantes”, l’arte e la solidarietà umana
Il recente ciclo dei ‘migrantes’, composto da una serie di sculture in terra cotta bianca, cotta e cristallizzata due volte a 950°, è emozionante e stimola riflessioni del cuore e della mente. Le mani, le intuizioni e le capacità creative di Fabrizio Gandi si sono concentrate sull’enorme problema dell’emigrazione che oggi, come in altre epoche storiche, porta dolorosissime tragedie che riguardano popolazioni costrette ad abbandonare le loro terre d’origine ed a incontrarsi o scontrarsi con popoli più fortunati.
Le formelle dei ‘Migrantes’ hanno una grande bellezza che parla di umanità desolata, di vita, di morte, di gesti di rifiuto, ma anche di eroismo, di solidarietà e di amore. E’ una ‘galleria’, frutto di indubbia abilità artistica, che coniuga la lezione classica della lavorazione artistica della terra cotta nel periodo rinascimentale con la moderna creatività.
E’ evidente anche il richiamo all’affascinante nesso tra la capacità manuale e la forza dell’ispirazione artistica.
Fabrizio Gandi si muove in questo contesto con grande abilità tecnica, accompagnata però da una raffinata sensibilità umana ed artistica che propone il tema della solidarietà, che è parte essenziale della civiltà.
Non vi può infatti essere una vera civiltà umana che condanni alla povertà, all’infelicità, alla morte altri uomini. Esiste invece la civiltà umana quando si comprende la complessità dell’animo umano ed il valore della vita.
In questa proposta artistica di umanità dolente che si sposta da terre povere e disgraziate, spesso oppresse dagli orrori della guerra, verso mete ritenute più fortunate e credute anche accoglienti, la ‘lezione’ artistica ed umana avuta da Padre Bonifacio in Fabrizio Gandi è diventata arte completamente autonoma e personale.
Nella sua visione e nelle sue opere i valori umani e spirituali danno vero significato al ‘campo estetico’, diversamente destinato al rischio di rimanere puro diletto, ma non veicolo importante per dar corpo alla vera civiltà dell’uomo nei suoi valori portanti.
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