16 Gennaio 2022, 07.19
Blog - Maestro John

Porsèi, àsen, caài, cà, gacc, nèdre e galìne

di Maestro John

Lunedì è Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, spesso raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella


Al maiale dovremmo erigere un monumento. Di lui non si butta niente: salame, prosciutto, culatello, cotechino, zampone, coppa, pancetta, costine, braciole, ciccioli, sanguinacci.
Dalle setole spazzole e pennelli, dalle unghie: colla, concimi e blu di Prussia…
Si dice porco Giuda, ma il porco non ha mai tradito nessuno.

Mia mamma da ragazza era al servizio di Antonio Duse
(1880-1955), medico chirurgo di Salò. Si dedicò all’ornitologia, fu tra i primi a studiare la migrazione degli uccelli e fu imbalsamatore e scrittore di tale argomento. Nella splendida villa teneva centinaia di uccelli e mia mamma seguiva le varie uccelliere.
La preziosa raccolta di avifauna bresciana (con 500 esemplari) venne poi donata al Museo di Milano, ma molti esemplari imbalsamati sono presenti all’Istituto Battisti.

Quando con mia sorella Valentina salivamo sul Monticello a giocare, accompagnati da mia sorella Rita e dalla sua amica Marcella Melgari, passavamo per via Carera. C’era la bottega del maniscalco Bepi Musesti, il rumore del martello, le scintille di fuoco ed i ferri da cavallo appesi, come ex voto o portafortuna.

Tutti ricordano il Placido Poletti (cugino “dritto” della mia cara suocera Virginia), che girava sulle strade con il suo carretto tirato da un cavallo, con dietro il traffico strombazzante. Ma lui andava tranquillo, calmo e placido, appunto.
Al suo funerale il feretro era adagiato sul “suo” carro trainato da un cavallo, ed è stata una cosa davvero commovente. E se andate al cimitero, c’è la sua foto con accanto l’inseparabile cavallo.

Da bambino vidi l’allevamento dei bachi da seta (caalér).
Per loro si issavano tavole di canne intrecciate, dette arèle, disposte orizzontalmente una sopra l’altra, a distanza d’una spanna, dal pavimento al soffitto, e su queste tavole parallele vivevano e s’ingrossavano miriadi di vermiciattoli biancastri, instancabili divoratori di foglie di gelso. Terminate le settimane della pastura, i bachi si rinchiudevano dentro una capsula dorata, fabbricata da loro stessi sputando un interminabile filo, che formava appunto il bozzolo di seta.
Una vera manna per le famiglie!

I polli e le galline erano allevati con cura come fossero parte della famiglia.
Qualcuno li portava al mercato: quando un contadino mangia un pollo, si diceva, o è malato il pollo o è malato il contadino.

L’amico Guido Lani mi ha scritto: “Ho avuto la fortuna di avere un nonno contadino, aveva tre mucche e quando sono stato in grado di reggere una cordicella mi ha insegnato a “guidare” le mucche che trainavano il carro: bastava camminare al loro passo, le mucche sapevano sempre dove andare, ed io ero il bambino più felice del mondo.”

Vivendo nel “grattacielo”, non ho mai avuto animali,
e quando andavo a trovare la mia attuale moglie, in via Quarena, dietro il cancello c’era sempre la barboncina Titti che abbaiava, ed io avevo una paura del diavolo. Sì, perché una delle paure più grosse che ho sempre avuto è proprio quella dei cani.
Me l’aveva trasmessa mia mamma: appena vedeva il cagnolino della signora del piano di sopra, emetteva urla strazianti. E’ da allora che quando vedo un cane, io sento che lui sente che io ho paura…e allora ho ancor di più paura!
Di solito i padroni del cane mi dicono: “Vieni avanti, non morde, è buono, el te pìa mia…” Ma io sento il cane che pensa: “Vieni avanti, non mordo, sono buono, di cosa hai paura?”  E intanto digrigna i denti.

Tanti miei amici hanno avuto un cane:
Deni Giustacchini (Merlino), Peppino Coscarelli (Pimpa), Luca Lombardi (Chaplin), Mauro Abastanotti (Gipsy) e Marcello Zane (Larry). Ma anche Luna di Marcello Franceschetti e di sua moglie Daniela, e Bianca, la dolce cagnolina delle figlie Alessandra e Caterina di mia nipote Donata, che hanno anche i gatti Rubens e Mirtillo.
Anche Paola Rizzi ha un sacco di gatti che gironzolano mentre facciamo le prove, lei mi dice “Non sono belli?” ed io rispondo “Bellissimi!” ma me ne sto alla larga.

La mia amica Irma Gorni, che sabato ha compiuto gli anni (auguri, dolce Irma!) è sempre stata amante della musica, dei balli e dei cani.
Un giorno aveva portato a casa una cagnolina abbandonata, e la mamma –che non ha mai avuto cani da bambina- l’ha subito accolta con gioia. Pochi giorni dopo Irma ha trovata un’altra cagnolina abbandonata, e poi un’altra che stava per essere portata al canile: tutte femmine, tutte nere. Le hanno chiamate Fenny, Eva e Darma detta Mina, poi è arrivata Fosca. Quando me ne parla, Irma quasi si commuove tanto ha voluto bene a quelle creature.

Naturalmente anche i cani subiscono la cattiveria degli uomini, e sono spesso abbandonati oppure non addestrati, e costringono a fare lo slalom tra i loro “souvenir”.
Avevo letto questo cartello: “Il cane che fa la cacca per strada ha un padrone di cacca.” I cani hanno il diritto di fare i bisogni, i padroni hanno il dovere di raccoglierli.

Quando ero maestro, un giorno stavo facendo lezione di matematica, e vedo Joel, un bambino con un milione di riccioli e simpaticissimo, piuttosto mogio. Gli chiedo come mai. Non riesce a rispondere perché la classe all’unisono annuncia: “Gli è morto il cane!”.
Si chiamava Avana, aveva 15 anni. La mamma ha paura di prenderne un altro –mi dice- perché poi ci si affeziona troppo e si soffre tanto tanto.
Tutti i bambini si scatenano: “Anche a me è morto il cane, ha mangiato il veleno” “A me è morto il gatto, è andato sotto la macchina!” “A me è morto un canarino!
Salta su uno che esclama: “A me è morto il nonno.” Quando? Un po’ di anni fa…
La classe sorride. Immagino il nonno che passeggia su una nuvola in compagnia di cani e gatti.

Un giorno, camminando con la mia amica maestra Nadia Garau nel parco degli alpini in zona Belvedere a Calvagese, abbiamo visto questo cartello: “Nel bosco gli animali non sporcano ma gli uomini sì. Si prega di comportarsi come gli animali. Grazie.”
Aggiungo: certi uomini che fanno violenza ai bambini, alle donne ed all’ambiente, spesso sono paragonati ad animali. Ma gli animali non c’entrano!

Quando passeggio sulla Via Romana, accanto al Chiese (ah, il Chiese!) mi appare una bellissima fattoria, con tanto di palme stile Miami Beach, con decine e decine di animali: cani, anatre, conigli, oche, cavalli. Molti genitori portano i propri bambini ad ammirare incantati la ruota del pavone, i germani, le anatre e le eleganti oche.
In fondo alla via Romana, prima del ponte di ferro di Villanuova, ci sono caprette, anatre e oche di un gentile signore salodiano. E accanto alla sede della Fanfara di Gavardo c’è Whendy, una simpatica asinella, con la capretta Matilde, galline e anatre. Che meraviglia!

La mia amica Antonella Pialorsi di Vestone aveva scritto questi simpatici ricordi…

La mia nonna, quando si alzava la mattina presto apriva la finestra della camera che il sole era appena spuntato e si pettinava i lunghi capelli bianchi.
Davanti allo specchio piccolino, si faceva la treccia che arrotolava come una cipolla sopra la nuca e poi scendeva le scale di legno e andava in cucina. C’era  una  porta che si apriva sul cortile dove c’era il prato, il pollaio e le galline ed un’altra che se la aprivi andavi direttamente nella stalla senza dover uscire fuori all’aperto.

A volte alcuni animali selvatici come la faina, la donnola, i gatti selvatici e la volpe si portavano via i polli e li mangiavano “gnam gnam” anche sul posto e così trovavi solo le penne. Allora il nonno metteva la trappola o tagliola.
Una volta il nonno trovò una volpe nella trappola e con il pelo aveva fatto fare un bel collo di pelo rosso da mettere al cappotto della nonna.

La mattina quando il nonno si alzava apriva la porta del pollaio e tutti i polli uscivano.
Le galline facevano coccodè perché avevano fatto l’uovo e il nonno le portava in casa che erano ancora calde le uova, così la nonna se ne mangiava uno sbattuto con lo zucchero e un goccio di vino o il caffè di cicoria (altro che medicina!).

Quegli animali da cortile erano liberi di girare dappertutto in lungo e in largo nel prato, di beccare il grano, di raspare la terra per cercare il sitol, lombrico, e così facevano buonissime uova.
La nonna e il nonno li consideravano quasi come parte della famiglia, infatti a volte entravano in casa e ogni tanto lasciavano un cacchetta qua e là anche sopra il tavolo che un giorno pensando panna del latte la zia Teresa aveva assaggiato dicendo:
- Che roba èla chesta?- .

Il gallo Egidio era il re del pollaio e iniziava a fare chicchirichì ancora prima che il nonno si alzasse a mungere. E poi col tempo gli era venuta l’arteriosclerosi e cantava a ogni ora. E così era stato preso di mira come cappone ripieno per il prossimo Natale dal nonno…”


Del resto, non c’è quella famosa frase che dice: “la vita è come la scaletta del pollaio: corta, ripida e piena di merda”?

Quand’ero alpino a Merano, spesso mangiavo il rancio insieme ai conducenti muli. Nello spettacolo del teatro Gavardo dedicato alla guerra in montagna, avevo scritto un brano sui muli interpretato magistralmente dall’amico Deni Giustacchini:

Serem töcc afesiunacc ai műi, compagn dela nosa guera, seri, tranquilli, che iè la providensa per noter poer alpini ché podresem mörer de fam se i ghè foss mia lur.
Brae bestie, che le porta i viveri, le munisiù, la paja, i fericc, che se la salida l’è dura te podett tacatt ala cua, e i và sö con le canunade o nela tormenta, e i troa el senter nela nott e nela nebia, e i domanda mai el cambio.

El műl l’è un alpino fat e finit: crapù de cò, ma tener de chör. El nos capitano el ghaia dit, quand che una bomba la ghera copatt un műl: Ve lo dico io, l’infamia più grande è che si faccia fare la guerra anche alle bestie. Ghè sarà el Paradiss per i műi? Iè bestie…ma noter omm som mèi de lur?”

Ricordo che il mitico Cecco Maioli è sempre stato un grande appassionato di api, ora a rischio a causa delle temperature miti.
Grande Cecco!

Termino citando altri due amici.

Uno è  Paolo Catterina, che coltiva la fervida passione per la storia locale e si diletta a scrivere divertenti storie con citazioni in dialetto.
Ad esempio, nel racconto “L’àsino di Burtulì delle Casèle e Batìsta stradì” ha scritto:
 “Èl lödam de sì el val puchì, chèl de àca el vàl na petàca, chèl de caàl no se sa cosa el vàl, ma l’àzen che fa lödàm el càa la fàm”.
E anche “Fìch de azen, fìch de mul, l’è come aìga on bù mestér, ta naré mai de cül”.

E l’amico Omero Sala, mio grande Direttore a Prevalle ha scritto “Da có a pè”, un libro ricco di proverbi, divagazioni, detti popolari.

Esempi:
Per amur del lard se basa ‘l cül del porsèl
. (Per amore del lardo si bacia il culo al maiale.)

Se tè öt pasà l’inverno ‘n pas/ vi, farina, lègna e porsèl gras
. (Se vuoi passare l’inverno in pace vino, farina, legna e maiale ben pasciuto.)

Boter de aca, formai de pecora e mascarpù de cavra. (Burro di mucca, formaggio di pecora e mascarpone di capra. Ecco cosa bisogna scegliere se si vuole il meglio)

Omero ha scritto un piccolo capolavoro, “Le galline spensierate”, che ho letto con sommo divertimento: solo un poeta come te, caro amico, poteva narrare le vicende di tre galline e parlare del mondo!

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo. W il Chiese, sempre e ovunque!
maestro John

Nelle foto:
1) Maiale a Limone di Gavardo (grazie al coscritto Carlo Zanetti per la foto)
2) Gara delle anatre al Palio dei Borghi di Gavardo (grazie ad Ornella Persavalli)
3) Assunta Mora a cavallo
4) La mia amica Irma con la simpatica cagnolina Eva




Commenti:
ID82812 - 16/01/2022 08:12:10 - (Geppo1950) - un amico

Ciao John quand te scriet en dialet me pians el coer i zuegn de enco i conos nieny dele tradisiu de na olta ....che mont Perdonami ma scrivere in dialetto non e' facile (per me)Buona Domenica

ID82813 - 16/01/2022 17:30:49 - (QE) -

A chei tep là ghia mia i visi de casa che ghe da fastide tet (tutto)....

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