21 Marzo 2021, 19.20
Blog - Maestro John

Grazie, don Giovanni!

di Maestro John

Oggi pomeriggio mi ha telefonato mio cognato Gabriele Avanzi, dicendomi che è partito per il Paradiso don Giovanni Arrigotti. Aveva 85 anni, essendo nato a Castenedolo il 19 aprile 1936.

 
È stato un sacerdote che ha fortemente inciso nella formazione di molti gavardesi. Come è scritto sul sito de La Voce del Popolo, don Giovanni ha dedicato una porzione importante della sua vita alla missione.
La scomparsa di don Giovanni Arrigotti addolora, in particolare, la Chiesa bresciana e quella burundese dove, nel 1964, fu inviato come fidei donum all'inizio dell'esperienza missionaria bresciana in Africa.

Don Giovanni ha svolto i seguenti servizi pastorali
: curato di Gavardo (1961-1964); fidei donum in Burundi (1964-1979); parroco di Montirone (1980-1989); cappellano all'Ospedale di Montichiari (1990-1997); cappellano all'Ospedale S. Orsola in città dal 1997 al 2000; fidei donum in Costa d'Avorio (2000-2001); dal 2001 era presbitero collaboratore alla Trinità.

Mio cognato Gabriele ha poi inviato ai numerosi volontari del Mali-Gavardo queste commoventi, preziose parole:
Ci viene comunicato che il nostro amato Don Giovanni, dopo una lunga malattia, è ritornato oggi alla Casa del Padre.
Per tutti noi volontari del gruppo Mali-Gavardo è stato non solo un amico e un compagno di viaggio in tante esperienze in Africa, particolarmente in Mali, ma una guida sicura e coraggiosa.

La sua salma si trova: oggi domenica 21 marzo e lunedì 22 marzo nella Chiesa Santissima Trinità a Brescia (di fronte all’Ospedale Civile) e da martedì 23 marzo a Castenedolo (Chiesa parrocchiale).
Mercoledì 24 marzo ore 11 a Castenedolo (Chiesa parrocchiale) i funerali saranno presieduti da Mons. Tremolada, Vescovo di Brescia. Seguirà poi  la sepoltura preso il locale cimitero.

In questa triste circostanza ognuno di noi, nel rivivere fatti che hanno segnato la nostra vita insieme e che non dimenticheremo mai, sentiremo il suo cuore che ancora batte per noi, suoi figli carissimi.
Ora ricordiamolo nella preghiera e Lui non si dimenticherà certamente di noi che ci ha voluto tanto bene. Non appeno potremo incontrarci vedremo assieme come meglio ricordarlo, per esprimere tutti assieme il nostro GRAZIE.”


Don Giovanni partì per l’Africa,
nel rimpianto di tutta la gente gavardese che, ormai, si era affezionata al bravo sacerdote.
I giovani dell’oratorio pensarono ad un regalo e il più adatto a un giovane e alla missione che stava intraprendendo, fu una motocicletta.
Le tasche squattrinate dei ragazzi non permettevano di più, ma i convitati al pranzo d’onore per l’onomastico dell’arciprete, nel giorno di San Luigi del 1963, sorpresero i giovani: le finanze cospicue degli adulti permisero che alla moto si affiancasse una jeep con tanto di verricello, una circolare per tagliare la legna e altri optional estremamente pratici in terra di missione.

La jeep fu battezzata col nome di “Gavardina” scritto sulle fiancate
.
Nacque così quel gruppo “Gavardo-Malì” che di strada nella solidarietà ne avrebbe fatta molta. Tra i ragazzi due, Gabriele Avanzi e Antonio Abastanotti, da quel giorno non ebbero più pace; l’affetto per il loro don Giovanni, partito per terre lontane; l’entusiasmo di quei tempi quando il benessere metteva in risalto la povertà di tanti popoli che le nuove tecniche portavano a conoscenza dell’Occidente, li perseguitavano…

Il gran cuore di Monsignor Ferretti colse subito il desiderio dei giovani che veniva maturandosi a mano a mano che don Giovanni mandava notizie dei bisogni immensi di quella gente.
Si cominciò così, dalle cose più semplici: sensibilizzata la popolazione, si iniziò a raccogliere quanto poteva essere utile in quelle zone, in pratica, tutto.

Dal suo libro di ricordi:
Sotto la guida dello Spirito Santo ho iniziato a fare i miei primi passi, da prete come “curato” a Gavardo il 10 luglio 1961. E ricordo con tanta simpatia e gratitudine questi primi tre anni passati a Gavardo, mio primo amore sacerdotale.
Da giovane sacerdote ho praticamente trascorso la “luna di miele” nella spensieratezza e nell’entusiasmo giovanile, con la cordialissima comprensione più che paterna del “curato-rettore” don Angelo Calegari e soprattutto del parroco (Mons. Ferretti), raccogliendo senza troppe fatiche i primi successi in campo pastorale: in oratorio coi ragazzi e coi giovani, a scuola (erano le “avviamento” allora!) e in particolare tra i gavardesi, molto cordiali e affettuosi con me.

A quell’epoca andavo a zonzo per il paese, pedalando su una bicicletta “da donna”, fischiettando e canticchiando, contento di poter intessere rapporti di amicizia sincera con molte persone e di collaborazione fattiva con molti giovani.
Abitavo in un appartamento della “canonica” (casa parrocchiale), ma ero sempre fuori casa o in giro per il paese o all’oratorio. A casa lasciavo volentieri la mia collaboratrice domestica (una zia), e io passavo le giornate “correndo” per alcuni impegni pastorali che mi erano stati affidati, saltando di palo in frasca…senza combinare “molto”, ma felice di essere prete.

Io ero felicissimo di essere prete a Gavardo, anche perché mi sentivo sinceramente amato, come un figlio, da don Angelo Calegari, il quale davvero mi faceva da “angelo custode”.
Vedevo in lui un uomo armato di infinita pazienza e tanta bontà con la gente, un prete che pregava moltissimo… e fedele al “confessionale”.
So che in chiesa passava ore e ore, tutti i giorni. Per me costituiva una testimonianza vissuta di umiltà, semplicità e lode.

È anche a don Angelo Calegari che devo la mia vocazione missionaria (vissuta in Burundi) perché in mille modi ha favorito tale mia decisione, collaborando entusiasticamente anche alla preparazione di questa mia esperienza africana.
Anzi, è stata per me una esperienza indimenticabile la visita (di alcuni giorni) fatta da don Angelo nella mia missione in terra d’Africa: amicizia, cordialità, condivisione.
Ricordo che a Gavardo mi dava fiducia, e coi fatti mi ha insegnato come si collabora insieme tra preti di una stessa parrocchia…

Questo tempo passato a Gavardo fu anche il momento della mia chiamata alla vita missionaria in Africa: vocazione stupenda che Dio mi ha regalato, dandomi la forza di lasciare gli affetti familiari e i cari Gavardesi.
Fu Mons. Makarakiza André, allora vescovo di Ngozi (Burundi) a offrirmi l’occasione propizia, e ad aprirmi le porte della “missione” in Kiremba.

Prima della partenza, ricordo che i Gavardesi mi hanno caricato di regali, di roba da portare in Africa: 18 grosse casse piene di ogni ben di Dio, una machina campagnola Fiat la “Gavardina” (una Jeep!), una grossa moto BMW (una cinquecento!) e molti altri doni. In paese tutti erano entusiasti di questa mia scelta missionaria; e qualche anno dopo, lo stesso Parroco Mons. Ferretti, assieme ad alcuni Gavardesi, venne laggiù in Burundi a trovarmi!”

Concludo con le parole di mio cognato Gabriele (molte volte don Giovanni era invitato a casa sua, anche perché Teresa fa dei pranzetti succulenti!) in occasione del  50° di Sacerdozio (29 maggio 2011).

“Sono stati pochi gli anni che sei rimasto fisicamente a Gavardo, ma sono bastati per incidere profondamente nelle scelte di molti giovani e in particolare seminare a larghe mani in campo missionario…
La tua decisione di andare “fidei donum” in missione in Burundi ha inciso profondamente nella nostra comunità, che subito si diede da fare. Noi giovani non avevamo molte disponibilità ed allora pensammo ad una grossa moto che potesse servirti a Kiremba, ma la generosità fu tanta che non solo la moto, ma riuscimmo a comperare una jeep ben equipaggiata, che venne battezzata “gavardina”…

Ma questo lavoro continuò anche dopo la tua partenza e soprattutto dopo la visita di Mons. Ferretti a Kiremba nel 1965 e continuò con la preparazione delle casse per spedire ogni genere di materiali utili alla missione, che, preparate la sera nei locali della canonica, venivano esposte davanti alla Chiesa prima della spedizione, come segno di condivisione di tutta la popolazione.

Sarebbero tante le cose da dirti, ma quelle più belle rimangono nell’intimo del nostro cuore, fanno parte di noi, ma con gioia grande vogliamo dire ad alta voce:
grazie della tua amicizia
grazie di essere stato paziente con noi
grazie di averci aspettato, mentre tu camminavi spedito davanti a noi
grazie per la gioia che sempre ci hai donato
ma soprattutto grazie per l’amore per l’Africa che hai saputo infondere nel nostro cuore
Coloro che hai incontrato giovani, ora fisicamente non lo sono più, ma il loro cuore canta sempre la gioia della vita, che ognuno di noi ha imparato a vivere con te e assieme a te.”


Grazie di tutto, don Giovanni!
maestro John (che quando eri curato a Gavardo era un bambino e ricorda sempre il tuo sorriso quando pedalavi veloce in sella alla bici nera “da donna”)

Nelle foto:
1)Don Giovanni Arrigotti
2) Foto di gruppo all’Oratorio (c’è anche il caro don Antonio Bonetta)
3) con Gabriele Avanzi
4) In Africa, con i “suoi” bambini  e ragazzi e Monsignor Ferretti



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