25 Agosto 2019, 09.25
Blog - Maestro John

Balla balla ballerino

di John Comini

Questa domenica sera sono a Prandaglio, sopra Villanuova, per uno spettacolo della Signora Maria. È un posto stupendo, circondato da un bellissimo bosco di carpini e faggi, con una splendida visione panoramica


C’è un bel gruppo di persone, che si danno da fare per far incontrare la gente e per dare una mano al restauro del Santuario della Madonna della Neve, seriamente danneggiato dal terremoto del 2004. 
 
Qualche settimana fa vi ho passato una bella serata: comodamente seduto davanti al formaggio fuso, alle ottime patatine e ad un bicchierone di birra, ho assistito alle evoluzioni dei ballerini, che si muovevano al ritmo del simpatico duo musicale “Walter e Marco”. 
 
Io, che ballo solo il ballo del mattone, amo osservare la gente che balla. Giovani e anziani, bambini e genitori, tutti si buttano in pista con allegria e disinvoltura. Persino uomini con la barba lunga e con tanto di pancia al seguito, dimostrano una rara abilità nei volteggi e negli svolazzi, simili a Nureyev. 
 
E vai col liscio! Valzer, tanghi, mazurke, cha cha cha, ma anche merengue, rumbe, salsa, samba, danze moderne, e chi più ne balla, più si butti in pista. 
 
Un tempo si ballava alle feste dei vari partiti, e i ballerini non facevano caso all’appartenenza politica. L’importante era ballare con belle ragazze! Durante l’inverno, qualsiasi stanza andava bene per ballare. Si organizzavano feste private: i primi giradischi facevano rumori stereofonici, nel senso che ti si rompevano ambedue i padiglioni auricolari. Ma tutto era bello, nel tempo delle mele…
 
Ho chiesto ad un’amica, amante della danza, di indicarmi  alcuni storici locali dove si ballava (in alcuni si balla tuttora). L’albergo Braga a Gavardo, le Motte, il Madison, il Capretti, il Meeting, le Cupole a Manerbio. Celebre era il Kursaal a Sirmione, il tempio del liscio, con i suoi 1500 posti è stata per decenni la più grande sala di Lombardia. Molti ora vanno al Plaza di Roè Volciano, con varie piste: liscio o anni 60, latino e disco…
 
Il grande Francesco Guccini racconta così la festina da ballo al Mocambo. “I branchi di maschi spesso andavano di sala in sala in formazione tribale, consideravano la pista loro territorio di caccia e vedevano in ogni intruso un potenziale nemico. 

C’erano tanti tavolini situati tutt’attorno alla pista, ma i maschi non si sedevano: erano le postazioni delle ragazze parcheggiate lì in offerta con le accompagnatrici, vecchie zie zitelle sospettose e guardinghe, madri volonterose. Anche se a volte non era del tutto positiva la loro presenza, perché potevano mostrare con drammatica evidenza la triste fine che avrebbero fatto di lì a poco le venustà della ragazza allora così carina. 

Poi l’orchestra partiva e il rito aveva inizio. I maschi si muovevano, gettando la sigaretta nel portacenere più grande (cioè per terra), e caracollavano verso la meta, ovvero una ragazza da invitare. 

Chi aveva una conoscenza, una mezza morosa, andava sul sicuro, chi invece era a piedi si sottoponeva a una pratica barbarica che consisteva nel mettersi di fronte alla ragazza desiderata, fare un leggero inchino e sibilare: “Balla, signorina?”. 

Al che avvenivano due cose: o la ragazza, con un leggiadro cenno del capo, si alzava e i due cominciavano a vorticare, o la stessa, dopo aver squadrato il malcapitato dall’alto al basso, mormorava “No, grazie” e il poveretto doveva proseguire il suo giro per cercarne una meglio disposta. Si dice che una ragazza abbia esclamato: “Proviamo anche questa”.
 
Il mio amico Mauro Abastanotti, nel suo sito, ha scritto un divertente brano in dialetto sul ballerino in cerca di avventure amorose, dal titolo “EL BALERÌ”:
 
“La balera l’è el so territorio de caccia. El và là töt lecat, caei alla Rodolfo Valentino, doppio petto, camisa bianca col papillon e scarpe bianche e negre.

El ma dit: ‘Me varde en giro,se ghè quach novità, mé ghò l’öcc en cheste robe, l’esperienza l’è fondamentale. Apena vede ‘na farfalina giösta, comince un gioco de sguardi. 

L’è la part piö dificil, dale pupille dei öcc te capeset se la völ mettersi in gioco o no. Se la sbasa i öcc, come una madunina enfilsada, l’è fada. Me lie sö, con passo morbido e sinuoso, nò vers de lé, fo un inchino e fò el baciamano…

Se ‘ncomincia con ‘n den valser romantico. Bisogna stà mia tropp visì, mia tropp lontà, movimenti flessuosi. Dopo el valser se taca cola polka, per significare l’atleticità del gesto coreografico che promette grandi cose. 

Quando me par che la cotüra l’è a buon punto, nò dal mé amico batterista e ghe dise: Taca sö ‘n tango, che la facenda si fa bolente… L’è ‘l moment decisivo: se la me ‘mpianta lé, en mes ala sala o la me dà ‘na sberla, l’è stat töt on laurà ‘ndaren. Se, ‘nvece la gà mia reasiù, ghé domande: “Hai caldo? Usciamo a prendere un po’ de aria fresca?”.

Föra ghò semper el mé Galeto Gusi pronto a scatà e… la notte è giovane!”.
 
Lucio Dalla cantava…
 
“Balla balla ballerino tutta la notte e al mattino…
Balla non aver paura se la notte è fredda e scura
non pensare alla pistola che hai puntato contro
balla alla luce di mille sigarette e di una luna
che ti illumina a giorno, balla il mistero
di questo mondo che brucia in fretta quello che ieri era vero
dammi retta non sarà vero domani…

Balla anche per tutti i violenti, veloci di mano e coi coltelli,
accidenti se capissero vedendoti ballare 
di essere morti da sempre anche se possono respirare…

Ecco il mistero, sotto un cielo di ferro e di gesso 
l’uomo riesce ad amare lo stesso
ama davvero senza nessuna certezza, che commozione che tenerezza.”
 
È un tempo da ballo delle incertezze. Penso a quello che succede nel mondo, ai ghiacciai che si sciolgono, alla foresta amazzonica che brucia, alle cattiverie sui social. E mi viene in mente uno splendido brano. 
 
“Danza Lenta. Hai mai guardato i bambini in un girotondo? O ascoltato il rumore della pioggia quando cade a terra? O seguito mai lo svolazzare irregolare di una farfalla? O osservato il sole allo svanire della notte?

Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà.

Percorri ogni giorno in volo? Quando dici “come stai?” ascolti la risposta? Quando la giornata è finita ti stendi sul tuo letto con centinaia di questioni successive che ti passano per la testa?

Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà.

Hai mai detto a tuo figlio “lo faremo domani”? senza notare, nella fretta, il suo dispiacere? Hai mai perso il contatto con una buona amicizia che è poi finita perché tu non avevi mai avuto tempo di chiamare e dire “ciao”?

Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà.

Quando corri così veloce da giungere da qualche parte ti perdi la metà del piacere di andarci. Quando ti preoccupi e corri tutto il giorno, come un regalo mai aperto… gettato via. La vita non è una corsa. Prendila piano. Ascolta la musica. Prima che la canzone sia finita.”
 
Ma poi penso ancora a quel bambino di 5 anni, che balla di gioia all’ospedale della Croce Rossa di Kabul. Ahmad balla per mostrare la sua felicità di avere una gamba artificiale, grazie alla quale può anche correre, divertirsi con i suoi amici. Ahmad balla, felice. E ballando trasmette la felicità a tutti noi. La sua danza ci regala il tempo della speranza. 
 
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
 
Maestro John
 
“Fare dell’interruzione un cammino nuovo, della caduta un passo di danza, della paura una scuola, del sogno un ponte, della ricerca un incontro. Allora sarà valsa la pena esistere.” (Fernando Pessoa)
 
“Ottimista: è una persona che se fa un passo avanti e due indietro non pensa sia un disastro, ma un cha cha cha…. (Mafalda)
 
 
Le prime tre foto sono di Cesare Goffi  e di alcuni fotografi durante una serata di ballo alla festa del XXV dell’Avis di Gavardo (1962-1987)
Nell’ultima foto la splendida danza di Ahmad
 


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