29 Luglio 2021, 07.29
Blog - Gira la Ruota

Una vista sulla storia

di Luca Pietrobelli

Gli appassionati di ciclismo sono soliti osservare, commentare e desiderare tutte le biciclette che gli capitano a tiro...


Tutti desiderano la bicicletta più bella, più veloce e più particolare, ma c’è anche un tipo di ricerca che è un pochino diversa: la ricerca di biciclette storiche, che hanno qualcosa da raccontare, che sanno trasmettere, pur essendo oggetti inanimati, emozioni e brividi.

Non è raro che questo succeda con le biciclette appartenute a grandi campioni moderni e passati: ricordo di aver sentito una scossa al petto quando ho visto da vicino la bicicletta dell’impresa di Plan di Montecampione di Marco Pantani, di essermi soffermato a guardare e contare ogni ammaccatura della bicicletta usata da Primoz Roglic al Giro d’Italia 2019, quando sfiorò l’impresa, e che sono rimasto colpito da quanto sia bella, colorata, filante, la bicicletta del Campione Italiano Sonny Colbrelli, incontrato una domenica mattina.

L’ultima bicicletta che mi ha emozionato e fatto sentire un brivido è quella in fotografia.
Non lo racconto per pubblicità ma perché questo anticavallo, come lo chiamava Gianni Brera, mi ha colpito.
È un prodotto straordinario, costruito in titanio, con una geometria che ricorda le biciclette di un tempo, senza le forme tipiche del moderno carbonio, più tozze, più futuristiche.

È stata prodotta in un solo esemplare per ora, è preziosa e personalizzata: accanto alle geometrie classiche è stata trovata la soluzione per utilizzare l’ultimissimo modello di freni a disco con un passaggio cavi totalmente interno.
Non si vede nessun filo, la geometria è pulita e filante dal nastro fino alle ruote e sembra pronta a scattare, rapida, reattiva, per le strade del Giro d’Italia o del Tour de France.

Ciò che però mi ha fatto vibrare più di ogni altra cosa il cuore è stato il particolare del nome, dipinto in rilievo, discreto, quasi nascosto: Mènec.
Il nome rimanda al padre del produttore, Profeta Domenico.

Domenico è stato un personaggio importantissimo del panorama ciclistico bresciano, socio fondamentale della “Libertas 1911” fucina di talenti e faro illuminante di tutto il movimento.
Questo gioiello è stato pensato nella sua bottega, nella sua Brescia, da suo figlio Isaia, conservatore e allo stesso tempo innovatore della bicicletta, come ringraziamento, ricordo, trasformazione di un sentimento in un oggetto che per anni è stato la passione più autentica e bruciante del padre.

È emozionante trovare chicche del genere
, un modo particolare per lasciarsi trasportare nella storia e sognare in grande in sella ad un mezzo che non è solo tripudio di meccanica ma anche messaggio di passione pura, autentica, quella che smuove le montagne.
Un oggetto inanimato in grado di raccontare, il ciclismo può essere anche questo.

Andate a vederla e fatevi raccontare la sua storia, ne rimarrete stupiti!



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