12 Luglio 2020, 08.07
Blog - Genitori e figli

Educare alla perseveranza. Ovvero far crescere la forza di lottare

di Giuseppe Maiolo

Ci sono esempi che contano quando le fatiche si fanno sentire, lo sguardo sulla vita è corto e la speranza, sfilacciata, non appartiene ai vocaboli che usiamo giornalmente


In questo tempo di precarietà e di provvisorio, servono infatti gli esempi che ci mostrano come sia importante perseverare. Alex Zanardi credo sia la rappresentazione autentica di questa energia, ovvero della forza che sta dentro la capacità di resistere, tenere duro e proseguire, andare avanti, combattere.

Mai come in questo frangente in cui un po’ tutti, fiaccati dal tempo lungo della distanza e dalla perdita di certezze che la pandemia ha distribuito a piene mani, facciamo fatica a guardare al futuro e a sognare, ci serve la perseveranza e lo sguardo energetico di chi continua a “pedalare” con tutto.

Perché la forza e la resistenza di un fuoriclasse come Zanardi può sembrare eccezionale, e di fatto lo è, ma è anche dote umana che forse stiamo facendo addormentare.

Penso sia parziale vedere la capacità di resistere e continuare a correre, come attrezzatura di compensazione che si manifesta quando sei alle corde. Il filosofo stoico Epitteto del resto scriveva che “Non sono le circostanze a fare l’uomo. Esse ne rivelano solo le caratteristiche”.

Allora possiamo ben dire che la perseveranza ai nostri giorni ha perso di consistenza educativa. Non la presentiamo più ai giovani, non la offriamo come modello, né la alleniamo. Non ci appare come pratica necessaria a sviluppare una “muscolatura” mentale che serve per progettare il futuro, immaginare obiettivi e mete, a partire dal rispetto per il presente e dalla memoria non nostalgica del passato.  

Ci siamo sommersi in un lessico accomodante fatto di “può bastare” e di “flessibilità” ad ogni costo che, per quanto utile a non farti spezzare, sembra dimenticare l’importanza che ha l’esercizio della costanza e della fermezza. Non per nulla gli antichi le definivano qualità che spingono sulla via del bene e che oggi la psicologia ritiene strumenti di resilienza.

Ma la perseveranza che sembra appartenere solo a chi ha affrontato gli inciampi dell’esistenza o che pare emerga quando gli ostacoli incontrati ti fanno uscire dalla tua zona di comfort per porti di fronte a sfide inevitabili, non è per nulla volontà e forza del pensiero. O lo è solo in parte.

In realtà il perseverare è un’arte, cioè un dono di natura che per qualcuno può essere una componente genetica in cui gli strumenti sono di default, e per altri versi una risorsa da costruire giorno dopo giorno, da coltivare fin dai primi anni di vita e sviluppare con pazienza.

Non riguarda esclusivamente la necessità di lottare contro le avversità che provengono dall’esterno ma attiene soprattutto alla relazione che abbiamo con noi stessi. È una battaglia che, come dice il teologo Josè Tolentino Mendonça, va combattuta interiormente “a tutte le ore e in tutte le tappe che percorriamo”. Non è un generico sentimento che si può semplicemente associare al concetto di speranza, nel senso che la perseveranza mi garantisce una prospettiva in cui credere. È un agire nel presente, un perseguire i propri scopi e tener fede ai propositi (Dizionario Treccani).

Ci sono studi importanti che dimostrano come sia necessario avere fin da bambini modelli educativi di riferimento capaci di far vedere a cosa servano impegno e tenacia. E non tanto per determinare il successo, competere, vincere gare e diventare famosi, quanto per coltivare un’energia paziente, utile sia a contrastare la rassegnazione che ad affrontare le situazioni di crisi e condividere con gli altri le risorse per conseguire il bene comune.


Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento
www.officina-benessere.it



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