28 Novembre 2012, 10.00
Filosofia

Ancora sul concetto di 'verità'

di Alberto Cartella

La lunga dissertazione di questa settimana chiarisce alcuni punti del precedente articolo, tornando a sviscerare il concetto di 'verità' anche in relazione alla violenta trappola della soggettività e all'uso che se ne fa con una mediocre filosofia

 
Dire che la realtà si fonda su un discorso e che costruiamo la realtà e la nostra identità in base al discorso non vuol dire che con questo si faccia riferimento a come stanno le cose. Appunto perché la realtà è una costruzione e ciò che chiamiamo realtà non sono le cose stesse. La prima cosa che dobbiamo fare quando sentiamo parlare di realtà è prendere atto che ci troviamo di fronte a un dire.
 
Noi costruiamo discorsi i quali fondano la realtà e spesso ci inganniamo sul fatto che i nostri discorsi coincidano con come stanno le cose. Se non ci inganniamo in tal senso i nostri discorsi possono essere dei gesti, mentre se ci illudiamo i nostri discorsi diventano distruttivi. Anche se ci sono gesti e gesti. C’è un gesto che non va oltre e che non incorre nello sbaglio di implicare che il pensato è a immagine del pensiero. Mentre in altri gesti vi è questo inganno. Questo voleva dire la frase dell’articolo precedente “L'eterno è una creazione e credere che le cose stiano eternamente e che questa creazione coincida con l'essere delle cose costituisce la radice della violenzaâ€. Si tratta della creazione di nient’altro che di significanti. Non appena questa creazione avviene, essa si articola nella nominazione di ciò che è.
 
Le cose non sono dell’ordine del linguaggio, sono ciò che non emerge a livello di linguaggio. Le cose o la Cosa (perché la differenza è già un’idea) non sono una realtà ineffabile o noumenica. Essa patisce dell’azione del dire, il quale rende la Cosa nient’altro che un vuoto, un oggetto perduto. A me interessa insistere sul resto, cioè ciò che resta di ciò che si perde. Ciò che si è perso non ritorna, è il non realizzato che non torna in maniera cosciente, ma rimane perdita. Ciò che è perso non torna e il senso di perdita è aleatorio. In ciò che noi selezioniamo e a ciò a cui noi diamo significato per la nostra vita c’è qualcosa che viene perso irrimediabilmente e che non fa parte di ciò che è funzionale alla costruzione della nostra identità. Questo non vuol dire che questa costruzione non sia importante o che ci si debba opporre a questa costruzione e tanto meno che essa debba essere superata.
 
Quando si dice che la realtà si fonda su un discorso si fa riferimento al metodo, alla forma e non al contenuto. Lo sbaglio sta nell’implicare che il pensato sia a immagine del pensiero, cioè che l’essere pensi.
 
Ciò che abitualmente chiamiamo realtà e che diamo per scontata è una presa immaginaria. I fatti sono dell’ordine dell’immaginario. Sono ciò che è facile. Chi crede che il dato di fatto coincide con la verità pensa anche che l’immagine allo specchio coincida con noi stessi.
 
L’ontologia è una visione filosofica, mentre far riferimento al metodo, alla forma e non a un contenuto che ci dice come stanno le cose è la filosofia nel modo politico, legato al costituirsi della soggettività. Questo non vuol dire che il contenuto non ci sia o che sia secondario (non si tratta del primario e del secondario) e non sto dicendo nemmeno che non abbia anch’io la mia ontologia. Anche il discorso che sto facendo qui è una costruzione con un contenuto, ma è una costruzione consapevole che confida che ciò che si sta dicendo qui faccia sedimentare quel vago senso di perdita che ci accompagna e che non va risolto. Questo senso di perdita siamo stati formati a risolverlo.  
 
Il senso di perdita in quanto tale incide sul nostro agire; per esempio porta a non semplificare le cose e a non tagliare di netto la complessità di un problema. Questo non vuol dire essere indecisi o incerti. L’esitazione non è un sintomo, ma è la condizione della democrazia. Essa lascia agire un ritardo costitutivo della nostra soggettività; si attarda in un rispecchiamento di noi stessi.
 
Un metafisico chiederebbe: ma cos’è questa esitazione? Cos’è quella faglia? Non è niente, non si può sostanziarla. Si tratta di una potenza dopo l’atto, che però non è un residuo del possibile. Ciò che rimane in potenza è ciò che non è mai stato. Non si tratta di ciò che potevo fare e che non ho fatto. Ma in ciò che ho fatto c'è qualcosa che non coincide con ciò che ho fatto. La soggettività non coincide con quell’azione. Non lasciando agire questo niente non si fa altro che giudicare. Per esempio se ci si trova davanti a qualcuno che è stato giudicato un criminale non si fa altro che dire: «Tu sei un criminale, questo è un dato di fatto che coincide con il vero». Se così fosse si penserebbe anche che quel criminale va eliminato, esso è irrecuperabile. È chiaro che il numero di pensieri impliciti in una tale concezione del mondo è propriamente incalcolabile. Si tratta sempre dello sbaglio dell’equivalenza fra pensiero e pensato. Questa è la radice della violenza: credere che la logica coincida con la verità della soggettività, credere che la logica esaurisca il soggettività, la quale non è l’io.
 
I nazisti all’inizio sparavano agli ebrei, poi si sono accorti che stavano affrontando una spesa eccessiva per l’acquisto delle pallottole, allora hanno deciso di metterli nelle camere a gas per spendere meno. Questo è un ragionamento logico. Se si riduce tutto alla logica allora bisogna assecondare anche questo ragionamento.
 
Ripeto nuovamente che non si tratta allora di opporsi alla logica, ma di intaccarla senza dissolverla. Non si tratta dell’irrazionale o dell’illogico, ma si tratta di una logica della sospensione. Non si sta dicendo che la logica debba essere superata, ma c’è qualcosa che si sottrare alla logica, anche se è in costellazione con la logica ed proprio questa costellazione che rende mobili.
 
Si potrebbe dire anche che io non sono là dove penso, ma il mio essere trascende il mio pensiero, l’essere del soggetto è solamente là dove il pensiero della ragione egoica si eclissa. Lo sbaglio sta nell’implicare che l’essere pensi. Ciò che noi pensiamo sull’essere, anche che l’essere esiste, è una supposizione. Per dire che qualcosa esiste bisogna anche poterlo costruire, cioè saper trovare dov’è questa esistenza.
Quello che si sta dicendo qui è detto in termini funzionali. Nel costituirsi della soggettività avviene la scissione. Si tratta di un vuoto, di un aspetto atemporale, aleatorio che fa parte della nostra soggettività. Questo non vuol dire che la soggettività sia qualcosa di oggettivabile, ma vi è una mancanza costitutiva, vi è un’impossibilità a dire, la quale ci spinge a parlare. Se ci fosse coincidenza tra le cose e la descrizione anche mentale che noi ce ne facciamo non inizieremmo nemmeno a parlare.
 
Per quanto riguarda l’immagine c’è un puramente visivo che non coincide con ciò che io come coscienza sto vedendo. Nel momento in cui descrivo ciò che sto vedendo dell’immagine si vede nulla o ben poco. C’è un vuoto che appartiene all’immagine in rapporto alla mia visione. Questo non vuol dire che la descrizione che ruota attorno a questo vuoto sia ininfluente.
 
Ciò di cui si sta parlando qui è qualcosa che riporta la filosofia non ad essere una visione fra le altre, un punto di vista, ma al suo considerare la relazione in quanto tale, il rapporto in quanto tale, l’immagine in quanto tale, il senso di perdita in quanto tale. La questione è di forma; non si tratta della visione ma del visivo.
 
Dico questo per dire che nell’affermare che la realtà si fonda su un discorso non c’è nulla di scettico e tanto meno di relativistico, non vuol dire che tutto è relativo. La verità c’è. Essa non ha contenuto, non è rappresentazione, non è una verità oggettiva o oggettivata, ma c’è. Essa è uno spostamento di posizione, è un effetto di spostamento ed è legata al niente di rappresentabile. La verità la si può dire solo a metà. Non si può entrare a piedi pari nella verità, la verità non è come stanno le cose; essa si vela e si disvela.
 
La verità è qualcosa che sentiamo come vero ma che non riusciamo a dire o a rappresentarci, ma orienta i nostri tentativi di significazione. La significazione è ciò che ha effetto di significato. Il rapporto tra il significato e ciò che si trova lì come terzo indispensabile, vale a dire il referente (la Cosa alla quale si faceva riferimento all’inizio dell’articolo), è precisamente il fatto che il significato lo manca. Il significato manca la cosa. Non si può dire tutto.
 
La filosofia nel modo politico non è una visione filosofica accanto a quella psicologica, antropologica, sociologica. Le scienze umane inglobano ogni comportamento senza presupporre l’intenzione di un soggetto. È per questo che è ridicolo chiedersi qual è il fondamento della filosofia, perché essa è proprio ciò che mette in discussione il fatto che ci sia una finalità nelle cose e che ci sia un’equivalenza fra pensiero e pensato. Le scienze umane (tornando alla forma e al contenuto) sono contenuto che per andare avanti nella sua progressione dà per scontata la forma. La filosofia invece si interroga ogni volta da capo sulla forma in quanto tale, mette in relazione ed ha a che fare con il costituirsi della nostra soggettività, il quale credo che non debba rimanere in secondo piano rispetto alle utilissime costruzioni-astrazioni delle scienze specializzate sorrette da un’ideale di conoscenza. Questo va al di là di una banale disputa fra i saperi, i quali sono importanti e utili. Sguardo, occhi e conoscenza stanno insieme, non sono in contrasto, ma si elidono. Si tratta di non far diventare come qualcosa da risolvere il vuoto che ci accompagna.
 
Ripeto che quello che è stato detto qui lo si può vedere per esempio per quanto riguarda il recupero del criminale; se si pensasse che quest’ultimo coincide con l’azione ha commesso e che è stata giudicata criminale, allora il criminale andrebbe eliminato. Mentre c’è qualcosa nell’azione che non sta all’azione stessa. Ciò a cui sto tentando di approssimarmi non è il decisivo, ma è ciò che nel decisivo non sta al decisivo stesso.
 
Come ultima cosa volevo sottolineare nuovamente che un filosofo mediocre non inventa alcun concetto, usa idee già pronte e ha delle opinioni, ma non fa filosofia. Questo non vuol dire che in questo articolo ci siano dei concetti creati. L’ambito è ancora quello del lungo tirocinio della storia della filosofia. Esso è un doppio ambito di apprendimento: la costituzione di problemi e la creazione di concetti. La filosofia è rigorosa come la matematica. Nella filosofia non c’è mai il caso, non succede mai niente a caso. Ciò che invece differenzia la filosofia dalla matematica è una questione di potenza: la matematica se considerata nella sua funzionalità (quindi non si sta parlando della matematica pura, la quale è più vicina alla mistica) è una delle cose più potenti che ci siano, mentre la filosofia nel modo politico è legata a un depotenziamento della soggettività che si approssima all’impersonale. Si tratta di rimanere nel linguaggio con una consapevolezza differente rispetto alla concatenazione linguistica. In questo articolo non c’è un solo fatto che non possa essere contestato.


Commenti:
ID25456 - 28/11/2012 10:11:26 - (Dru) - prima obiezione Cartella C obiezione O

C...Dire che la realtà si fonda su un discorso e che costruiamo la realtà e la nostra identità in base al discorso non vuol dire che con questo si faccia riferimento a come stanno le cose...O ... e come stanno le cose ? proprio come si dice che sono.C...La prima cosa che dobbiamo fare quando sentiamo parlare di realtà è prendere atto che ci troviamo di fronte a un dire.O...ci troviamo di fronte ad un dire la realtà.

ID25458 - 28/11/2012 10:22:40 - (Dru) - i discorsi costruiscono la realtà

C...Noi costruiamo discorsi i quali fondano la realtà.O...nessuna obiezione.C... e spesso ci inganniamo sul fatto che i nostri discorsi coincidano con come stanno le cose.O... dovresti fondare questo inganno altrimenti così detto è una negazione di una contraddizione e quindi affermazione che il linguaggio costruisce la realtà, cioè se è vera la prima è falsa la tua seconda, deve essere falsa la prima per essere vera la tua seconda, ma come?

ID25459 - 28/11/2012 10:27:28 - (Dru) - volevi dire con quel i discorsi costruiscono la realtà forse che non lo fanno ? contraddizione

C...Se non ci inganniamo in tal senso i nostri discorsi possono essere dei gesti.O... l'obiezione qui cerca di risolvere la contraddizione insita nel tuo linguaggio, dici che se non ci inganniamo allora ci inganniamo poichè togli di contenuto la prima delle tue affermazioni e cioè che i discorsi costruiscono la realtà, forse volevi dire che i discorsi non lo fanno , ma se dici che i discorsi non costruiscono la realtà, a che pro qui il tuo scrivere ?

ID25460 - 28/11/2012 10:38:28 - (Dru) - il tuo contraddirti porta ad un aporia.

C...e spesso ci inganniamo sul fatto che i nostri discorsi coincidano con come stanno le cose.O... insisto o i discorsi fondano la realtà o non la fondano ma se prendiamo la seconda è assurdo parlarne (follia).

ID25461 - 28/11/2012 10:39:43 - (Dru) - l'aporia è

che vi è una realtà fondata da discorsi che non la fondano la realtà, devi risolverla se vuoi capirti prima di farci capire.

ID25462 - 28/11/2012 10:45:31 - (Dru) - proseguiamo...

C...Se non ci inganniamo in tal senso i nostri discorsi possono essere dei gesti, mentre se ci illudiamo i nostri discorsi diventano distruttivi.O... i gesti a cui ti riferisci qui sono quindi innocui per realtà? ma se lo sono fino a che punto lo sono ? fino al punto di non fondare alcuna realtà? dall'altra parte, quando invece siamo contraddittori, ci inganniamo, siamo distruttivi, quindi si concreta nella prassi la parola che forgia la realtà. Non è quindi sempre di realtà che il dire dice ? e a questo punto proprio quando ci inganniamo?

ID25463 - 28/11/2012 10:51:20 - (Dru) - essere o non essere, questo è il dilemma

C...Anche se ci sono gesti e gesti. C’è un gesto che non va oltre e che non incorre nello sbaglio di implicare che il pensato è a immagine del pensiero.O... qui poni addirittura una frattura tra pensiero e ciò che è pensato (la cosa appunto) e il tuo navigare verso l'irreale del negativo, del "non è" ti è sempre più dolce, ma stanno veramente così le cose? o piuttosto sono folli manie ed assurde pretese tutte queste fratture ?

ID25464 - 28/11/2012 11:02:08 - (Dru) - l'inganno è che non v'è inganno.

C...Mentre in altri gesti vi è questo inganno.O... riappare in te questo inganno distruttore che però è l'unico ad essere vero, reale, tanto che la realtà la distrugge , queste le tue parole, poichè dell'essere non puoi dire che non è né pensarlo, e quindi anche questa distruzione è una distruzione che non è un andare e venire dal nulla ma un apparire e scomparire dell'essere dall'orizzonte del divenire.Ti rimane questo inganno che scoprirai molto presto che non è un inganno.

ID25466 - 28/11/2012 11:10:54 - (Dru) - Proseguo con calma alla lettura del suo interessante articolo stasera

mi piacerebbe un suo intervento sull'articolo di Davide, in vallesabbianews "oltre la Democrazia" in terzapagina aiuterebbe il contraddittorio e il suo sarebbe un contributo autorevole.

ID25467 - 28/11/2012 11:31:58 - (Alberto Cartella) -

Le faccio delle domande: lei pensa che quello che lei dice sulla realt sia come stanno le cose? Il mettere in relazione del pensiero rispecchia la forma reale, che garantisce il nesso causale e teleologico delle cose secondo lei? Questa forma reale delle cose cos' se non una supposizione?Per lei l'essere pensa? Ogni cosa per lei ha una finalit, compreso l'uomo?Per quanto riguarda l'aporia lei preciso, si tratta di un'aporia irrisolvibile; se si tenta di risolvere questa aporia non si fa altro che giudicare gli altri. Legga anche quello che c' scritto dopo. Rispetto a quello che lei dice sull'inganno non si tratta di una scoperta ma di un'invenzione. Si tratta della costruzione di una trama, ho scritto anche questo ma lei sembra saltare dei passaggi. Non tutto si riduce alla trama, c' un aspetto disnarrativo che non sta alla concatenazione linguistica. Si tratta dell'aspetto iconologico, visivo, il quale nella trama ma non si riduce alla trama. Guardi qualche bel film.

ID25468 - 28/11/2012 11:44:13 - (Dru) - Non prendiamocela, siamo grandicelli ormai

No io penso che quello che dico sulla realtà sia come stanno le cose che dico.No non vi è uno specchio , già lo specchio è un riflesso e rimanda ad un concetto di fede, la fondazione , l'origine dell'essere che è proprio perchè mettiamo uno specchio o vogliamo dimostrarlo che diventa fede e non già realtà. No, per me l'essere è.No, ogni cosa per me è ogni cosa, poi quello che possiede la cosa è un significato che ha nell'essere che è il suo più ampio significato e l'uomo è testimone come l'essere fra gli esseri che le vede le cose. Le ho già detto che lo farò volentieri di leggere il suo che sono sicuro è un interessantissimo articolo. Sull'inganno che è un'invenzione cosa intende, che viene dal nulla? SUll'aspetto iconologico e visivo sono pienamente d'accordo con lei , da sempre è nello sguardo dell'uomo il senso vero delle cose tutte ed è

ID25469 - 28/11/2012 11:45:59 - (Dru) -

... espresso nel momento della festa o nella visione di un bel film, allora ci sentiamo sollevati da verità.Verrebbe da concludere appunto, buona visione a tutti, non le pare?

ID25470 - 28/11/2012 11:49:39 - (Alberto Cartella) -

Si tratta di vedere le immagini e non di leggerle. Se le leggo non le sto pi vedendo. Chi si limita a leggere le immagini senza vederle, cerca di risolvere, non considerare quell'aspetto aporetico che riguarda quella non coincidenza fra l'occhio e lo sguardo. La mia descrizione non coincide col dato a vedere. Si tratta di una descrizione intorno al vuoto. Se si salta questo passaggio non si fa altro che tradurre e interpretare andando alla ricerca di un senso, sul quale ci illudiamo che ci faccia vedere meglio le immagini. L'immagine non si riduce al suo contenuto, il quale dettato da un sapere. Questo vale anche per chi non ha il senso della vista. Si tratta dell'immagine in quanto tale. La questione di forma, come ho scritto anche nell'articolo. Lo chiami aporia, paradosso, contraddizione. ci che comune, ci che ci apre all'essere-insieme.

ID25471 - 28/11/2012 11:59:21 - (Alberto Cartella) -

Si tratta di visivo, non di buona visione. Credo sia un dramma, un punto di non coincidenza che personalmente mi spinge a discutere con lei e con altri e anche a scrivere articoli. Un bel film si vorrebbe rivederlo mentre lo si sta vedendo e siamo spinti a raccontarlo, a raccontare la trama. Si tratta di qualcosa che ho visto ma che non riducibile al racconto. Il racconto confida di far sedimentare qualcosa che ho visto ma che non si pu dire. Non si tratta della realt ma del reale, il quale non rappresentabile.

ID25472 - 28/11/2012 12:00:51 - (Dru) - su questo punto la seguo

se per lei l'essere che è è già un dire (scrivere in questo caso) che si allontana dalla sua immagine allora sono d'accordo con lei, se è questo che vuole intendere, lo strumento( il linguaggio in questo caso) è già eccentrico alla verità, alla visione, un'astrazione della concreta visione.Beh non lo dica alla chiesa (in principio era il verbo), ma soprattutto ai mussulmani che mettono al principio la visione, ma per farlo debbono però dirlo, altrimenti vincono loro... (per sdrammatizzare un poco)... vede Cartella, se lei mi vuole parlare di una verità che dal cominciamento si è fatta via via sempre meno autentica sulla strada della sua dimostrazione, allora convergiamo, se vuole significare che la verità come l'essere non esistono , come il dire e il vedere allora divergiamo.

ID25473 - 28/11/2012 12:06:30 - (Dru) - Quella cosa che lei vorrebbe esprimere

...del film che ha visto e non può raccontare è che l'essere è , il destino dell'apparir dell'esser sé dell'essente che, come destino è appunto lo stare fermo che il divenire delle cose tutte , anche la visione del film che vorrebbe raccontare, vela e svela.

ID25474 - 28/11/2012 12:07:22 - (Dru) - accoglie la mia richiesta ?

mi farebbe un grosso piacere.

ID25475 - 28/11/2012 12:24:04 - (Alberto Cartella) -

da sempre nello sguardo dell'uomo il senso vero delle cose tutte ed . Questo proprio quello che sto criticando quando parlo di non coincidenza fra occhio e sguardo. Il linguaggio inoltre non uno strumento ma abitiamo il linguaggio, il linguaggio una casa. Tutto avviene nel linguaggio, ma il linguaggio non tutto. Si tratta di rimanere nel linguaggio con una consapevolezza diffrente rispetto alla concatenzazione linguistica. La verit non dimostrabile, si vela e si disvela. Sull'esistenza e la non esistenza divergiamo perch entrambe sono delle costruzioni, che riguardano il nostro mettere in relazione, che non riguarda le cose ma il pensiero. Fra essere e pensiero si produce una scissione, se non si considera questa scissione allora non si fa altro che etichettare ed esaurire chi ci sta di fronte con queste etichette.

ID25476 - 28/11/2012 13:00:55 - (Alberto Cartella) -

L'essere il non-essere non . C' o non c'. Questo essere non si fa che presupporlo a certe parole (per esempio individuo o sostanza). Si tratta solo di un fatto di detto.Se c' qualcosa che fonda l'essere indubbiamente il corpo.Il corpo non sono i contenuti che noi diamo al corpo. L'essere non pensa. Si tratta di un corpo senza organi, un resto. Ma per porre un esiste bisogna anche poterlo costruire, cio saper trovare dov' questa esistenza. La donna non si trova. La verit la si pu dire solo a met.

ID25477 - 28/11/2012 13:03:02 - (Dru) - capisco Cartella capisco ma vada oltre...

se dice che tra essere e pensiero si frappone un qualcosa e non lo riesce a definire non si preoccupi anche quel qualcosa sottende alla realtà che l'essere è anche quella frattura è un qualcosa e il suo significato è positivo come tutte le cose già determinate nel loro significato, ciò che manca, la frattura, caro Cartella è ciò che da sempre esiste poiché l'essere è , è un essere che nell' "è" significa appunto che da sempre esiste e sempre esisterà, poiché non può generarsi dal nulla senza contraddizione che se il nulla è in sintesi con l'essere è la sua negazione , ma appunto essendo negazione di una contraddizione è auto-negazione tenendo fermo il suo esistere: non è questa un'invenzione, è un invenzione nel momento in cui si vorrebbe fondare la contraddizione che dell'essere non è il non essere, in quanto nel predicare la sua

ID25478 - 28/11/2012 13:07:33 - (Dru) -

inesistenza, quel "non è", già ci stiamo ingannando e vediamo, appunto il senso a cui si rifaceva lei, che l'essere è significa che l'essere esiste sia come quiddità cioè come essenza (significato logico) sia come esistenza (fenomeno).

ID25480 - 28/11/2012 14:18:14 - (Dru) - pichè dire che...

l'essere non è il non essere è già mortale per l'essere, è già non-verità questo predicare il nulla il "non è" anche se per distinguersene anche se per salvarlo, anche se metafisica lo ha detto per salvarlo, questo salvatore è il "distruttore" (che non può distruggere poiché contraddittorio) dell'essere, quel predicare un essere diverso dal nulla che in ontologia Melisso ha evocato prima di Aristotele e della metafisica tutta è la famosa strada che conduce alla notte dell'unica verità evocata da Parmenide che l'essere è.La sua frattura il suo dire ma non ancora detto se prescinde da questo dire, che è l'origine della verità, è un dire che si colloca su quella strada come ogni dire di volontà.

ID25481 - 28/11/2012 14:30:15 - (Dru) - Attenzione Cartella

Questo non lo dico poiché sono un santone, questo lo dico perché in logica o in fenomenologia l'unica cosa che è assoluta, cioè proprio sciolta da ogni contraddizione è ciò che conviene da sé, la fondazione dell'origine e per questo non si contraddice e non può contraddirsi, contraddicendosi si terrebbe lontana da sé come un poco fa lei con le continue sue contraddizioni che non dico che la portano sulla strada sbagliata , ma che se non vuole che si risolvano in aporie deve perciò sciogliere per dare un fondamento alle sue affermazioni contraddittorie, altrimenti si tiene lontano dal centro, altrimenti si tiene lontano dalle cose come stanno. Una buona lettura a tal proposito è Essenza del Nichilismo di Emanuele Severino, non per dire, ecco, adesso so tutto, ma almeno per svelare qualche velo di ipocrisia.

ID25482 - 28/11/2012 14:35:30 - (Alberto Cartella) -

Non ho mai detto che fra essere e pensiero si frappone qualcosa. Le chiedo per favore di attenersi al testo. Che fra essere e pensiero si frappone qualcosa proprio ci che non sto sostenendo. Fra essere e pensiero si produce una scissione vuol dire che che io non sono l dove penso, ma il mio essere trascende il mio pensiero, lessere del soggetto solamente l dove il pensiero della ragione egoica si eclissa. Si tratta di un'ipotesi, come la sua del resto. La differenza che lei sembra risolvere l'ipotesi, sembra ridurla. Dire che c' un soggetto non altro che dire che c' ipotesi. Ma sono cose che ho scritto anche nell'articolo, ma si vede che lei salta dei passaggi, pretende di ridurre l'articolo a ci che significativo per lei; ma c' qualcosa che viene irrimediabilmente perso. Lei parla di essenze e di significato logico, mentre io sto parlando di corpo. Abbiamo dei riferimenti differenti, che non si incrociano. Tranne quando parla di aporia. A me interessa quell'aporia.

ID25483 - 28/11/2012 14:44:52 - (Alberto Cartella) -

Vede lei parla di come stanno le cose e di centro, invece io sto parlando del decentramento che accade ogni volta che ci illudiamo di dire come stanno le cose. Le cose non sono dell'ordine del dire, dell'ordine del linguaggio. Che il libro autorevole che lei cita ci viene a dire come stanno le cose, ecco qual l'ipocrisia. Sostenere che ci sia una base, un fondamento autorevole che ci viene a dire come stanno le cose, ecco l'ipocrisia. Quel fondamento detto da qualcuno, una supposizione.

ID25484 - 28/11/2012 14:48:42 - (Dru) - scissione è qualche cosa

C. Fra essere e pensiero si produce una scissione,.. IO...intendiamoci sui termini altrimenti non ci capiamo , lei ha detto che tra essere e pensiero si produce una scissione, democritamente la scissione o è qualche cosa e quindi è o è nulla, non vorrà dirmi che è per il nulla vero? poi lo definisce ma appunto è un qualche cosa... con lei debbo nuovamente scusarmi ma non l'ho letto per intero il suo articolo ma solo dove mi sono fermato con le obiezioni, mi riserverò stasera di completare la lettura.

ID25485 - 28/11/2012 14:53:00 - (Dru) - Vede che lei è...

... consapevolmente o inconsapevolmente sulla strada della notte ? Come può essere così sicuro di quello che dice ? come sa lei come stanno le cose che non possono essere dette come stanno ? appunto poichè tutti lo sappiamo (vediamo) bene ma chi più chi meno insistentemente cerca di negarlo.

ID25486 - 28/11/2012 14:54:51 - (Dru) - Quando lei dice di un centro

basta, dice di come stanno le cose, poi dice che siamo eccentrici che ci allontaniamo che siamo ipocriti a dirlo , ma il centro lo ha già detto.... la verità è che il centro, l'origine è lì anche per lei.

ID25487 - 28/11/2012 15:07:43 - (Dru) - La rimando alla lettura della mia...

...Nascita, morte e trasformazione 1.2, vedrà che ci troverà un discutere che ci converrà riferito al suo voler significare la verità, anche se non l'ho letta intuisco dove il suo discorso vuole parare nel proseguo del suo articolo, ma si levi dalla testa che Severino sia un presuntuoso , Severino ha già ben definito cosa lei cerca di dire, tutto qui.

ID25489 - 28/11/2012 15:26:24 - (Alberto Cartella) -

Non ho mai detto che Severino un presuntuoso. Continuo a ripeterle che quello che scrivo nei miei articoli sono delle costruzioni, come i suoi del resto. si tratta di costruzioni di trame. Non dicono come stanno le cose. Le ripeto nuovamente che si tratta di ipotesi, di sapere. per questo che ne stiamo discutendo. Severino, io, lei diamo definizioni, ma quello a cui sto tentando di approssimarmi ci che sfugge a queste definizioni. Non si pu definire tutto, non si pu dire tutto. Quello che diciamo ha degli effetti pi o meno mediocri, ma questi effetti non sono totalmente controllabili. Non si preoccupi Severino l'ho letto anch'io, ma non credo sia un oracolo. Degli autori va preso quello che interessa per fare in modo che la propria argomentazione tenga. Su Democrito, tenga presente che anche l'atomo un'idea, lui per questo non lo diceva.

ID25490 - 28/11/2012 15:29:10 - (Alberto Cartella) -

Le lettere con l'accento non mi escono. L'ultimo un pero e non un per.

ID25491 - 28/11/2012 15:33:27 - (Dru) - assolutamente

ma quando dice che le nostre sono ipotesi tradisce di non aver capito proprio in fondo il significato originale della verità, se le nostre fossero pure ipotesi che da dove vengono ? allora posson accadere come non accadere, e questo accadere o non accadere cosa implica che origine hanno' vede che con tutti gli sforzi lei ha letto Severino ma non lo ha capito, o se lo ha capito lo ha capito alla sua maniera, una maniera nichilista della sua comprensione, non quello che lui voleva trasmetterle.Della verità come del dire non si discute , sono.

ID25492 - 28/11/2012 15:34:35 - (Dru) - e non sono

ipotesi

ID25493 - 28/11/2012 15:48:13 - (Alberto Cartella) -

Lei ha capito fino in fondo il significato originale della verit? Lei Severino non lo ha capito alla sua maniera? Un nichilista direbbe che ci che abbiamo in comune la morte, io invece le sto dicendo che ci che abbiamo in comune la nascita. Prendo a prestito un pezzettino del suo titolo al quale lei non si attiene mai. Comunque quando dice che non ho capito sono d'accordo con lei. Mi interessa la stupidit, che legata al visivo e non al ricordo e tanto meno alla comprensione.

ID25494 - 28/11/2012 15:50:11 - (Dru) - lo ha evidentemente detto invece anche se implicitamente.

C...Che il libro autorevole che lei cita ci viene a dire come stanno le cose, ecco quale l'ipocrisia. Sostenere che ci sia una base, un fondamento autorevole che ci viene a dire come stanno le cose, ecco l'ipocrisia. Quel fondamento detto da qualcuno, una supposizione.IO... supporre e non sussumere, come invece fa Severino , presuppone appunto arroganza,l'arroganza tipica ad esempio di Odifreddi che appunto presume e non sussume l'origine della verità,o la sua di arroganza che mette in fila degli enunciati contraddittori che si annullano da sé al contrario degli enunciati di Severino che in questo è l'uomo più rigoroso in circolazione e argomenta e mostra la verità sciogliendo ogni aporia che gli si pari di fronte.Io , se segue le mie argomentazioni, non dico che lei sbaglia, dico che le sue affermazioni sono contraddittorie, sciolga la contraddizione e sarà altrettanto rigoroso come Severino o come me, altrimenti è in luogo di

ID25495 - 28/11/2012 15:51:29 - (Alberto Cartella) -

Il suo pensiero coincide perfettamente con quello di Severino e Severino ha capito fino in fondo il significato originale della verit? Lei pensa queste cose?

ID25496 - 28/11/2012 16:01:38 - (Alberto Cartella) -

La nostra soggettivit aporetica. Lei pensa che il tempo sia unidirezionale e che coincida con il tempo cronologico? Vi una biforcazione del tempo. L'azione assorbe in s la sua negazione. Non c' coincidenza con ci che facciamo. Se si pensa questo non si fa altro che giudicare, ma la rimando alla sua lettura di stasera, perch sono cose che ho scritto nell'articolo. Sul rigore di Severino sono d'accordo con lei. Sull'aspetto aporetico della nostra soggettivit che qualcosa che va risolto invece non sono d'accordo. Il sistema del giudizio non fa altro che tentare di risolvere questo aspetto aporetico.

ID25497 - 28/11/2012 16:04:09 - (Dru) - incontrovertibilmente

il dire non è il destino il dire il destino come essente non è il destino come essente è un altro essere che appare nell'apparire. Noi nel dire verità già la tradiamo , come le dicevo sopra, ciò non toglie che c'è verità e che lei risulta lontano dall'osservarla se la nega.

ID25499 - 28/11/2012 16:15:00 - (Alberto Cartella) -

Non ho mai negato la verit. le ripeto che non possiamo discutere se lei mi fa delle obiezioni scrivendo che ho scritto il contrario di quello ho scritto. Nellaffermare che la realt si fonda su un discorso non c nulla di scettico e tanto meno di relativistico, non vuol dire che tutto relativo. La verit c. Essa non ha contenuto, non rappresentazione, non una verit oggettiva o oggettivata, ma c. Essa uno spostamento di posizione, un effetto di spostamento ed legata al niente di rappresentabile. La verit la si pu dire solo a met. Non si pu entrare a piedi pari nella verit, la verit non come stanno le cose; essa si vela e si disvela. La verit qualcosa che sentiamo come vero ma che non riusciamo a dire o a rappresentarci, ma orienta i nostri tentativi di significazione. La significazione ci che ha effetto di significato.

ID25500 - 28/11/2012 16:15:36 - (Alberto Cartella) -

Il rapporto tra il significato e ci che si trova l come terzo indispensabile, vale a dire il referente (la Cosa alla quale si faceva riferimento allinizio dellarticolo), precisamente il fatto che il significato lo manca. Il significato manca la cosa. Non si pu dire tutto.

ID25501 - 28/11/2012 16:22:24 - (Dru) - vede Cartella

Lei dice in conclusione quella negazione che è auto-negazione nuovamente e si annulla da sé, poiché contraddittoria, infatti dice... il sistema del giudizio non fa altro che tentare di risolvere questo aspetto aporetico.Intanto il sistema del giudizio non è il giudizio e non è la verità ma se anche fosse l'identità con il giudizio e l'identità con la verità, cosa assurda di due opposti che si vogliono mettere in sintesi come per l'essere e il nulla (nichilismo) , se tenta non raggiunge, poiché se siamo in luogo di non-verità come il solo vederla la verità ? Impossibile appunto, contraddittorio.

ID25502 - 28/11/2012 16:27:10 - (Dru) - allora la parte

...appunto quell'impossibile che lei dice è da sempre in luogo di verità e la dice, risolvendola proprio nel suo disvelamento continuo e se dice che si vela allora se ne allontana, come per volontà annientante, se invece si svela allora se ne avvicina come per verità che l'essere è.

ID25503 - 28/11/2012 16:32:58 - (Dru) - ma già da sempre

siamo in luogo di verità.

ID25504 - 28/11/2012 16:52:40 - (Alberto Cartella) -

Lei ha detto tenta e non raggiunge, sono d'accordo con lei. Illudersi di poter raggiungere questa risoluzione totale e coincidente ci che vi di pi violento verso se stessi e verso gli altri. Legga l'articolo che ho scritto sull'anoressia, lo ha evitato. Inizia con una citazione di Pascal, dovrebbe piacerle.Si tratta del punto di crisi del sistema del giudizio, il quale pretende di poter rappresentare la verit e dire come stanno le cose. La verit non rappresentabile. L'essere-insieme, la verit, la comunit eludono la rappresentazione. Grazie della discussione

ID25505 - 28/11/2012 16:57:34 - (Dru) - Grazie a lei che è disponibile

e attento osservatore della realtà... : -)

ID25509 - 28/11/2012 17:25:07 - (Alberto Cartella) -

So che non serve dirlo ma l'articolo sull'anoressia lontanissimo da un giudizio sull'anoressia. Si tratta del punto di cedimento del sistema del giudizio, il quale non fa altro che appiccicare delle etichette. Ci che mi interessa un approfondimento che intacca queste etichette senza dissolverle.

ID25510 - 28/11/2012 17:47:50 - (Alberto Cartella) -

La nostra discussione non risolta dai giudizi che possiamo esserci dati. Il giudizio non viene meno ma contraddetto. A me interessa questa contraddizione. Ci vale sia per i giudizi negativi sia per quelli positivi. Si tratta di un'insufficienza del giudizio.

ID25512 - 28/11/2012 20:26:11 - (Leretico) - Un contributo

Mi colpisce del suo articolo il concetto di ciò che nel dire non è detto. Scrivendo, dicendo facciamo una scelta. Come tale la scelta esclude tutto ciò che non sceglie. Ciò che è escluso dalla scelta fa comunque parte dell'essere, però non lo possiamo dire. Cercando di dirlo facciamo la scelta di escluderlo. Questo dire è anche il pensare. Se dunque pensiamo l'essere scegliamo di rappresentarne una parte e scegliamo di nasconderne un'altra. Questo ragionamento è molto interessante, sempre che io abbia colto. È interessante perché implica una separazione tra essere e pensiero, cosa che condivido, come condivido il concetto di "creazione" da parte del pensiero di una realtà che non può essere verità, essendo figlia di una scelta. Questa scelta è mettere etichette senza le quali però perderemmo la direzione. Scegliere ha un prezzo da pagare e un'aporia da risolvere.

ID25513 - 28/11/2012 20:33:03 - (Dru) - Tutto ciò che facciamo è verità.

Come potrebbe essere il contrario ? Se io sbaglio o dico il falso, lo sbaglio è oramai verità ( come stanno le cose) e il falso che ho detto è la produzione di un falso (come stanno le cose), tutte verità.Anche ogni negazione è verità, anche il nulla è verità, come potrebbe altrimenti non essere.

ID25514 - 28/11/2012 20:34:45 - (Dru) - Il significato di nulla è verità

Ma è un positivo come ogni verità, è un significato come ogni verità, il non essere è verità, come positivo, come negativo non esiste.

ID25515 - 28/11/2012 20:37:06 - (Dru) - Ciò che nel dire non è detto

È verità il "non detto" come positivo ma come negativo è nuovamente contraddittorio e si annulla da sé, non esiste.

ID25516 - 28/11/2012 20:38:37 - (Dru) - Provate ad immaginario solamente

Solo l'immaginarlo fonda il positivo di ciò che si tenta o si riesce ad immaginare.

ID25517 - 28/11/2012 21:57:59 - (Dru) - Lei dice poi

C...chi crede che il dato di fatto coincida con la realtà allora pensa anche che l'immagine allo specchio coincida con noi stessi.O... No, chi crede non vede ma adopera la vista di qualcuno che gli riporta la sua verità e il dato di fatto o il dato per essere tale deve essere preso di prima mano, cioè non è l'apparenza ma è l'apparire, in questo è più originario del l'apparenza e vero in questo e le due frasi non si identificano cioè il dato di fatto con l'immagine allo specchio se non tramite appunto volontà che vuole che l'essere sia altro da sé. Lei qui fa l'identificazione del diverso, tipica operazione nichilista.

ID25518 - 28/11/2012 22:06:04 - (Alberto Cartella) -

Preciso nuovamente che non si tratta di sintesi degli opposti ma del punto di crisi della dialettica degli opposti. Vi un punto di indifferenza nelle nostre scelte. Non ho mai sostenuto che non bisogna scegliere perch anche non scegliendo qualcosa si fa una scelta. Per l'aporia, la quale non la contraddizione, fattiva. Le scelte che di volta in volta compio portano con s la loro negazione. Non coincido completamente con le scelte che compio. Risolvendo questa non coincidenza non si fa altro che giudicare gli altri ed etichettarli, senza nessuna disposizione all'ascolto.Inoltre non ho mai parlato di apparenza. Credo ci si debba attenere allo scritto, l'operazione nichilista la sta facendo lei inventando argomenti che non ho sostenuto.

ID25519 - 28/11/2012 22:12:35 - (Dru) - Quando dico che l'apparire è più vero dell'apparenza in verità

Dico appunto che l'apparire si avvicina molto all'originario e l'apparenza ne è uno stato oltre... Interessante a questo proposito questa lezione... http://m.youtube.com/

ID25520 - 28/11/2012 22:15:51 - (Dru) - Molto interessante il suo proseguo mi riservo di continuare domani

http://m.youtube.com/

ID25521 - 28/11/2012 22:18:37 - (Dru) - Vedo che l'indirizzo non vuole pubblicarsi, anche questa è volontà annientante

Pazienza, cercate con Severino emanuele youtube sull'apparire diotimaquattroduetre.

ID25522 - 28/11/2012 22:22:48 - (Alberto Cartella) -

Grazie anche a Leretico per il suo contributo. Spero di essere stato chiaro anche se non distinto sulla questione che nelle scelte che compiamo l'aporia non viene risolta; alcuni tentano di risolvere questa aporia e in questo subentra la violenza. Il recupero del criminale al quale faccio riferimento nell'articolo credo possa essere d'aiuto per fare un passo indietro rispetto al luogo comune dell'esitazione (che non l'indecisione) come sintomo.

ID25523 - 28/11/2012 22:24:37 - (Dru) - Intendo dire Cartella che...

...quando lei mette in sintesi le due proposizioni (dato di fatto-realtà, immagine-noi stessi)si rende complice di una interpretazione che è apparenza appunto e non apparire, badi bene che anche apparenza esiste , non lo nego affatto.

ID25524 - 28/11/2012 22:24:54 - (Alberto Cartella) -

Un soggetto esitante non pu essere violento.

ID25526 - 28/11/2012 22:36:58 - (Alberto Cartella) -

Pi che di apparenza parlerei di virtuale. Si tratta del virtuale che fa parte del reale, il quale non la realt. Il virtuale non il possibile e non fa parte nemmeno della categoria della realizzabilit. L'apparenza esiste, l'esistenza una costruzione. L'esistenza riguarda sempre un dire. Ex-sistenza

ID25528 - 29/11/2012 00:21:23 - (Leretico) - Scegliere di esitare

Signor Cartella, anche esitare è una scelta. Non nego che l'esitare sia la scelta filosofica più produttiva, come non nego che cercare di risolvere l'aporia di cui sopra sia violenza. Seguendo questo ragionamento però mi verrebbe da dire che essendo l'esitare una scelta allora l'esitare è violenza. Forse una violenza diversa ma tale. Sull'esistenza mi sento molto meglio visto che sono contento di esistere. E mi verrebbe anche da riconsiderare questa esistenza che sì è una costruzione del dire ma che quando è dotata di auto-coscienza forse supera la scelta del dire. La mia è un'illazione, però la scelta dell'esitare, ancorché delicata e generativa, non supera l'aporia. Vero è che lei ha detto che non la deve, non la vuole superare. E anch'io con la mia illazione precedente non sono così sicuro che si possa superare. Però, essendo direzionato dalla verità, mi spingo su questa via, via della

ID25529 - 29/11/2012 00:24:22 - (Leretico) - continua

luce? O via della notte?

ID25532 - 29/11/2012 08:06:32 - (Dru) - costruzione/distruzione termini nichilistici

C...Anche il discorso che sto facendo qui è una costruzione con un contenuto, ma è una costruzione consapevole che confida che ciò che si sta dicendo qui faccia sedimentare quel vago senso di perdita che ci accompagna e che non va risolto. Questo senso di perdita siamo stati formati a risolverlo.O... qui l'obiezione è una considerazione, lei insiste con i termini nichilistici di costruzione distruzione, forma, contenuto (Aristotele), che sono la causa principale di ciò che crede di aver perduto. Se lei pensa che quando e quanto sta scrivendo ora venga dal nulla nel divenire del discorso, allora crederà anche che qualche cosa d'altro venga a perdersi, ci faccia ritorno in quel nulla proprio nelle scelte e in ogni nostra azione, ma questo principio nasce da un fraintendimento nichilista di come stanno proprio le cose , cioè di non-verità.

ID25533 - 29/11/2012 08:08:02 - (Dru) -

Poiché lei crede che le cose vengano dal nulla per ritornarvi, questo è il divenire che lei prospetta, per questo motivo adopera parole nichiliste quali scelta, sedimentazione, giudizio, parole che il nichilismo ha trasformato mutato dal loro apparire all’apparenza che è corruzione appunto di tutte le cose che rende possibile l’impossibile, appunto perché venienti dal nulla sono libere di essere come di non essere queste cose, e il necessario, l’esser sé dell’essente, impossibile,contraddittorio,l’assurdo ciò che in evidenza è invece assurdo proprio perché vuole che l’esser sé dell’essente divenga qualche cosa d’altro, l’ente che può oscillare tra l’essere e il non essere. Sono proprio i due piani che ci distinguono caro Cartella , lei è in piano di mondo isolato, o ragione alienata io sono in piano di destino.

ID25534 - 29/11/2012 08:12:51 - (Dru) - in ogni intercedere dell'uomo

in ogni futuro , anche di questo, anche delle parole che sto scrivendo io, in luogo di necessità noi stiamo risolvendola la contraddizione e è destino che la risolviamo per giungere (apparire) dove già siamo , in luogo di verità. Le cose non si perdono e non si creano , le cose appaiono e scompaiono ma non si annullano, e come potrebbero, sarebbe la massima contraddizione, come fa l'esistere a non esistere ?

ID25535 - 29/11/2012 08:14:20 - (Dru) - come...

...fa la costruzione a distruggere ? appunto non può.

ID25542 - 29/11/2012 10:28:29 - (Leretico) - L'apparire non mi convince

Dru, l'apparire non mi convince, mi sembra un tentativo di giustificare il divenire, fatto uscire dalla porta e che rientra dalla finestra. Quando vai a leggere come Severino giustifica logicamente questo apparire, ti accorgi che è costretto a fare un tale giro che la sensazione di forzatura ti prende di sicuro. Soprattutto sul concetto di ciò che "ancora deve apparire", considerato anch'esso come essente. Non dico che la sua dimostrazione sia scorretta dico che è forzata. Cioè prima stabilisce ciò che è verità (l'apparire) e poi ne cerca le dimostrazioni. Alla fine l'apparire è un modo di giustificare il divenire senza rinunciare al principio di non contraddizione. E se invece le cose stessero, seguendo Cartella, nel senso della costruzione dell'essere solo con il dire? Se invece il principio di non contraddizione esistesse come conseguenza della costruzione imperfetta del dire? Qualcosa cambierebbe, ne converrai. Perché

ID25544 - 29/11/2012 10:33:12 - (Leretico) - continua

non dare a questa ipotesi la giusta preminenza? Non è forse meglio, nel filosofare, non cercare sempre e comunque casi di applicabilità di una struttura di pensiero solo per potersi dire di essere sulla strada giusta? Non è forse meglio lasciare spazio alla possibilità di altro? Se posso pensare l'impossibile allora questo potrebbe anche essere possibile, anche solo in parte.

ID25546 - 29/11/2012 11:29:30 - (Dru) - é l'aporia più "complessa" da risolvere

Che Severino risolve risolvendo la contraddizione C, definendo che l'apparire è l'apparire dell'apparire e che le cose che ancora non sono nell'apparire però sono e come fanno ad essere se ancora non sono?Appunto perché l'unica altra maniera è che vengano, sopraggiungano perché divengono cioè si fanno strada dal nulla. Sembrerà difficile la soluzione di quest'aporia , ma concentrati sull'alternativa che è si quella l'assurdo. Se la soluzione severiniana dell'aporia di ciò che ancora deve apparire che è già essente ti sembra forzata , cancellala, non pensarla e pensa all'alternativa. Non ti sembra meglio credere a questa forzatura e magari poi di risolverla in sede speculativa che credere alla follia di un essere che diviene dal nulla, poiché questa è la contraddizione massima ?

ID25547 - 29/11/2012 11:29:56 - (Dru) -

Allora hai da una parte la forzatura di un filosofo con i suoi limiti e dall'altra parte la follia del nostro tempo, scegli tu. Sarebbe come se tu dicessi adesso che hai scavalcato 100 muri che al 101 non lo vuoi scavalcare e ritorni sui tuoi passi, follia appunto, ma puoi benissimo farlo.

ID25559 - 29/11/2012 17:28:58 - (Alberto Cartella) -

L'esitazione non una scelta. Non si sta dicendo che l'esitazione un dover essere al quale dobbiamo aderire. L'esitazione fa parte della nostra soggettivit. L'esitazione ci che nell'azione non sta all'azione stessa, al contenuto di quell'azione. Aristotele non parlava di potenza dopo l'atto. La perdita di cui parlo non una credenza, non riguarda un'immaginazione, ma effettiva, incide sull'agire. Non si tratta di una volont ma di un esercizio; ci vuol dire far esercitare e non risolvere, si tratta del punto di crisi di ogni soluzione finale. La caduta parte essenziale dell'esitazione. Se c' rapporto tra vertice e base vi verticalit senza movimento ascendente. La caduta insita nella soggettivit stessa, la infrange. Si tratta della fragilit effettiva e drammatica. Il dramma tale perch mantiene qualcosa di iniziale intaccando la risoluzione finale. Si tratta del cedimento alla propria emozione. C' qualcosa d'altro rispetto alle azioni che realizziamo.

ID25560 - 29/11/2012 17:36:59 - (Alberto Cartella) -

Inoltre tornando al tema delle etichette e dell'ipocrisia. Questo tema ha proprio a che vedere con la dicotomia fra i "filosofi" con i loro limiti e la follia del nostro tempo. Per quanto mi riguarda quello a cui sto tentando di approssimarmi proprio il punto di cedimento di questa dicotomia. Non si tratta n di un superamento, n di una sintesi.Comunque sono contento delle obiezioni perch mi aiutano per ulteriori chiarimenti e confronti.Grazie

ID25561 - 29/11/2012 17:45:14 - (Alberto Cartella) -

Quando parlo di costruzione sto parlando della nostra capacit di mettere in relazione, la quale non riguarda le cose o la cosa (perch la differenza gi un'idea). importante attenersi alle parole dello scritto o del detto quando si fanno delle obiezioni. Non si tratta di interpretare quello che scrive qualcuno sulla base di quello che scrive qualcun altro. La discussione un'altra rispetto all'interpretazione. L'interpretazione molto importante ma in questo momento non mi interessa.

ID25562 - 29/11/2012 17:52:03 - (Alberto Cartella) -

Tornando all'esercizio dell'esitazione, si tratta di non far coincidere l'esercizio con l'aspetto volitivo. Si tratta di una ripetizione, la quale ha una sua inefficacia. Si tratta di un esercizio non finalizzato e non legato alla realizzazione. L'esercizio rimane in stallo, riguarda un momento di SOSPENSIONE, il quale non un'epoche. Lasciar essere, lasciar esercitare. E pi una componente passiva pi che attiva. Si tratta di una modalit pi esitante rispetto alla capacit decisionista.

ID25563 - 29/11/2012 17:59:42 - (Dru) - Obiezione

C.Quando parlo di costruzione sto parlando della nostra capacità di mettere in relazione, la quale non riguarda le cose o la cosa (perché la differenza è già un'idea)importante attenersi alle parole dello scritto o del detto quando si fanno delle obiezioni. Non si tratta di interpretare quello che scrive qualcuno sulla base di quello che scrive qualcun altro..O... non ho interpretato il significato di costruzione, lo ha fatto ora lei dicendo che intendeva dire relazione , vede Cartella che costruzione non è relazione è un apparente significato, un suo lontanissimo parente.Comunque si interroghi anche sull'origine della relazione, se questa è una cosa che da sempre esiste o invece è una cosa che decide lei...

ID25564 - 29/11/2012 18:00:19 - (Dru) - Comunque ci mancherebbe

Siamo al mondo per aiutarci vicendevolmente, grazie a lei.

ID25567 - 29/11/2012 18:27:39 - (Alberto Cartella) -

Dire che esiste gi da sempre una supposizione. Riguarda lo sbaglio dell'implicazione che il pensiero a immagine del pensato; l'inganno di una coincidenza fra la visione e il dato a vedere, non considerando quella schisi fra l'occhio e lo sguardo, che pi che all'origine ha a che vedere con la nascita. Si tratta di una nascita effettiva, legata all'agire. In ogni azione vi un anticamera dell'azione, la quale nell'azione stessa ma non si riduce appunto a quell'azione. Si tratta di spazi anomici riguardanti lo stare in comune.

ID25568 - 29/11/2012 18:32:39 - (Alberto Cartella) -

Inoltre il nostro mettere in relazione fa parte di noi, interrogarsi sulla sua origine un falso problema. La sua origine non ce la ricordiamo. Pi che il ricordo mi interessa la memoria.

ID25569 - 29/11/2012 18:33:59 - (Alberto Cartella) -

Riguardo all'interpretazione del termine costruzione dicendo che un mettere in relazione; essa non un'interpretazione ma un ulteriore chiarimento.

ID25570 - 29/11/2012 18:50:54 - (Alberto Cartella) -

Nel commento ID25483 - 28/11/2012 14:44:52 (Alberto Cartella) intendevo dire che il centro ha a che vedere con l'illusione di dire come stanno le cose. Il decentramento l'evento, l'assunzione del patimento. Si tratta di assumere una posizione e non di orientarsi ad un obiettivo.

ID25571 - 29/11/2012 18:56:43 - (Alberto Cartella) -

Inoltre pi che il gi da sempre a me interessa l'essere-in-presenza. Il gi da sempre un'astrazione. La filosofia concreta, non astratta.

ID25575 - 29/11/2012 20:32:07 - (Dru) - caro Cartella

Ora sta proprio parlando di ipotesi e non più di verità, ma non voleva parlare di verità? Per ciò che riguarda l'argomento dell'illusione possiamo parlarne , già il parlarne è verità, quando un uomo ha un illusione quell'illusione è verità, la verità dell'illusione. Per ciò che concerne il già da sempre, appunto è l'attimo come origine, cominciamento.Qui è interessante lo sviluppo scientifico in seno alla meccanica relativistica dove il tempo si ferma e lo spazio occupa il tutto. Comunque insisto, ho letto in lei un ottimo interprete della filosofia contemporanea, ma non vedo , magari sbaglio, un cominciamento appunto in lei che invece dovrebbe coltivare. Le faccio io una domanda, perché lei ha tutto questo terrore per la verità, che cosa vede in essa di così terrificante dal definirla un'illusione, illusione comunque che per lei come per tutti è illusorio il

ID25576 - 29/11/2012 20:35:09 - (Dru) -

voler annullare ? ogni dire e ogni fare è verità, verità, che dice di un destino dell'esser sé dell'essente, il suo contrario, il suo contraddittorio é l'esser altro da sé. aspetto un'altra sua bella pubblicazione anche se non ha esaudito un mio desiderio.

ID25595 - 30/11/2012 18:34:43 - (Alberto Cartella) -

Parlare di verit, sono d'accordo; ma la verit non la si pu dire tutta; la verit legata a un annuncio. Essa tra le righe. Chi si proclama il detentore dela verit pericoloso. Si illude di poter controllare tutto, invece c' qualcosa che sfugge costantemente, che per ha degli effetti, i quali sono anche degli affetti. Vede sto parlando dell'affettivit, di una componente passiva che ritengo sia importante lasciar esercitare non facendo coincidere tutto con la realizzazione. Credo che Einstein con la sua teoria della relativit sia un riferimento preciso che indicato alla rete argomentativa che sto cercando di sostenere. Einstein era un visionario, un genio e in quanto tale impersonale. Egli non riduceva tutto ad una concatenazione linguistico-razionale. Grazie per il riferimento lo inserir nel prossimo articolo; anche se un piccolo riferimento ad Einstein l'ho gi fatto nell'articolo: la concretezza della ricerca pura. Comunque pi che di terrore parlerei d'inquietudine.

ID25596 - 30/11/2012 18:40:37 - (Alberto Cartella) -

L'inquietudine importante non tentare di risolverla. Inoltre per quanto riguarda la filosofia contemporanea credo che la filosofia sia solo contemporanea. Per quanto riguarda l'interpretazione, essa proprio ci che in questo momento non mi interessa. Inoltre sul cominciamento preferisco parlare di inizialit, la quale credo non vada coltivata ma vada lasciata agire. Si tratta di un'effettivit che appunto anche un'affettivit.

ID25597 - 30/11/2012 18:49:26 - (Alberto Cartella) -

Inoltre non ho mai definito la verit un'illusione. La verit non definibile, la verit non una corrispondenza.

ID25604 - 01/12/2012 09:57:13 - (Dru) - Lei mi è si pratico

Perché insite a dire di non aver detto ciò che ha detto e questo è un altro e ulteriore argomento di discussione di cosa significhi verità... Non è lei che ha scritto " il centro a a che vedere con l'illusione di dire come stanno le cose"? È allora insito con lei, come stanno effettivamente le cose ? Vede che se è un illusione il dirlo, quell'illusione è la verità.

ID25605 - 01/12/2012 09:58:33 - (Dru) - L'iPod come la tecnica già mi domina

Lei mi è simpatico , questo il titolo della precedente.

ID25606 - 01/12/2012 09:59:54 - (Dru) - È allora insisto con lei

Era in realtà ... E allora insisto con lei.

ID25607 - 01/12/2012 10:01:24 - (Dru) - Ebbene questa è l'origine di tutte le cose

Il loro significare.

ID25608 - 01/12/2012 10:33:01 - (Dru) - Lei ne è dominato dal divenire delle cose

E dunque da dominato non concepisce che continui scarti, continue fratture tra ciò che era di una cosa, ciò che ora è e ciò che sarà sono proprio quei salti, quell'assurdo dell'essere come nulla, che accetta incontrovertibilmente , proprio perché inscritto nella logica della filosofia del nostro tempo, in questo la spingo ad andare all'origine per concepire che ogni positivo è e non può non essere anche quel divenire che è per lei l'immutabile di ogni suo dire.

ID25611 - 01/12/2012 14:07:43 - (Alberto Cartella) -

Centro e verit non sono la stessa parola. Il centro ci che vi di pi lontano dalla verit. La verit un effetto di spostamento. Come stanno le cose non insito con me e la verit non come stanno le cose. La verit in rapporto al dire ma non la si pu dire tutta. La donna la verit, ed per questo che non la si pu dire tutta. La verit legata ad un annuncio, questo vuol dire che non oggettivabile e non rappresentabile. La rappresentazione il riflesso delle nostre paure. La soggettivit trova risorse inaspettate. Ci sono vite che sembrano sconvolte dalla rappresentazione che ce ne facciamo. La soggettivit intacca continuamente le nostre aspettative. Si tratta di un crollo del dispositivo soggetto-oggetto e del non dare per scontata la soggettivit. L'origine di tutte le cose una bella astrazione che in questo momento non mi interessa. Mi interessa la nascita e la vita.

ID25612 - 01/12/2012 14:25:02 - (Dru) - Vi è la verità del centro come la verità della periferia.

È a questo mi rifaccio nel mio prossimo dire.

ID25613 - 01/12/2012 14:42:06 - (Alberto Cartella) -

Inoltre lei dice che in quanto sono dominato non concepisco che continui scarti, continue fratture tra ci che era di una cosa, ci che ora e ci che sar. Si tratta proprio di ci che non sto sostenendo. Lei introduce qui il passato, il presente e il futuro. Io invece sto facendo riferimento al presente del passato, al presente del presente e al presente del futuro. Si tratta di concomitanze di presenze incompossibili. Viene meno l'aspetto cronologico su cui un'identit tende a costruirsi. Vi un punto di crisi della trilogia che lei ha introdotto. Si tratta di un aspetto aporetico della soggettivit. Le sto parlando di una non coincidenza con la propria presenza nella presenza stessa.Riguardo alla dialettica cento-periferia, mi stavo riferendo proprio al punto di cedimento di questa dialettica, nonostante la difficolt del dire.

ID25615 - 01/12/2012 14:53:32 - (Dru) - Bene

Vorrà dire che ho frainteso dove vuole giungere e allora potrebbe essere interessante per questa sua intenzione questo ulteriore contributo http://m.youtube.com/

ID25616 - 01/12/2012 14:56:37 - (Dru) - Cercare con queste parole in youtube

Paolo Virno, "L'azione innovativa - L'animale umano e la logica del cambiamento"

ID25617 - 01/12/2012 15:13:33 - (Alberto Cartella) -

Guarder volentieri. Per dopo la precisazione che forse lei ha frainteso perch partito dal presupposto che io voglia giungere da qualche parte. Se cos fosse vorrebbe dire esser totalmente presi da ci che si sta facendo. Ma davvero cos? Credo che l'aspetto mortifero sia proprio la coincidenza con s, l'aspetto decisionistico. Non c' una coincidenza finalistica con me stesso. Si tratta di non risolversi nella costruzione di s.

ID25619 - 01/12/2012 15:15:16 - (Alberto Cartella) -

Si tratta di una presa di posizione, non di un aspetto finalistico. La filosofia nel modo politico proprio questo.

ID25639 - 03/12/2012 10:23:33 - (Alberto Cartella) -

In quello che ho scritto in questo articolo e anche negli altri non si stava facendo riferimento al possibile, al possibile Altro, ma il riferimento al non realizzato, al momento esitante; esso caratterizzato dalla virtualit, anche se non dellordine del possibile ma del reale. Esso un virtuale che fa parte del reale pur non essendo nella categoria della realizzabilit.

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