22 Settembre 2020, 16.10
Blog - Circolo Scrittori Instabili

Una vita piena di messaggi

di Sabrina Angiolilli

“Credimi Alice, questa volta è davvero impossibile equivocare, il messaggio era chiaro e io ormai non ho più dubbi”...


“Claudia, di cosa si tratta questa volta? Il gatto bianco sul ciglio della strada che ti guarda perplesso, il Tir che ti sorpassa con una scritta sul retro che è la risposta alla domanda posta un secondo prima dal tuo subconscio, l’orologio che ti ricorda semplicemente che sono le 11.11… o cos’altro?”

“Continuo a non capire perché, nonostante questo tuo apparente scetticismo, la prima persona a cui ogni volta ho voglia di comunicare queste cose, sei sempre tu”

“Forse perché essendo io una donna normale e sana di mente, ogni volta ti riporto alla realtà, impedendoti di smaterializzarti e di diventare agli occhi di tutti la Matta!”

“Ok ho capito, è l’ultima volta che ti parlo di queste cose. Dimmi, hai visto l’ultimo modello di scarpe di Christian Louboutin e le capsule Skylodge in Perù e quel ristorante dove ti fanno vivere con tutti i cinque sensi l’esperienza del cibo?”

“Che stupida che sei… comunque ora devo andare, mi è arrivato il segnale dal fondo della tazzina del caffè che mi ricorda che ho un lavoro. Buona giornata.”

“A te, amica mia.”

Che strana la vita
, fino a quattro anni fa ero proprio come lei, profondamente razionale, sicura di tenere tutto sotto controllo.

Fino al giorno in cui, per delle strane coincidenze, arrivai in ritardo a un appuntamento e la mia vita cambio completamente. Sincronicità, destino, non so, ma da quel momento cominciai ad approfondire l’argomento e ora sono qui a interpretare qualsiasi messaggio che mi arrivi e la cosa ancora più strana è che ho voglia sempre didirlo ad Alice, la più pragmatica tra le mie amiche, quella che non fa meditazione, che non segue il mondo olistico, un avvocato penalista, perfettamente centrata ne suo ruolo. Eppure non so, c’è qualcosa che mi fa sentire che l’unica che mi può davvero capire è lei. Boh, forse sono davvero matta.

Il giorno dopo, come succede ogni venerdì io e Alice ci vediamo per cena, è la nostra serata, una specie di resoconto settimanale.

“ Allora, settimana pesante Ali ? Sei ancora sicura di voler fare l’avvocato penalista a vita?”

“Possiamo parlare di altro? Sono persino disposta a subirmi la tua follia, piuttosto che pensare alla mia settimana lavorativa.”

“Allora dillo che la mia follia è per te linfa vitale e che la mia vita è molto più interessante della tua!”

“ Va bene, lasciamo perdere… Invece mi vuoi parlare dell’ultimo segnale dell’universo, quello che finalmente darà la svolta alla tua vita… ”

“Sei proprio sicura di voler ascoltare? Questa volta è tutto molto chiaro e non riguarda solo me”

“Mi stai incuriosendo molto… allora?“

“Allora ho una gran fame, ordiniamo?”

“Ho capito, mi stai punendo perché non sono stata accogliente nella nostra ultima telefonata. Ci sta… ordiniamo?”

È stata una delle serate più spensierate trascorse insieme: grandi risate, soliti discorsi sugli uomini poco evoluti e poi due bottiglie di vino rosso, il che aiuta sicuramente a rendere tutto più fluido. Tra l’altro, prese da una strana eccitazione, ci ritrovammo a comprare due biglietti aerei per la Norvegia, un weekend lungo quattro giorni per raggiungere il Juvet Landscape Hotel, uno dei miei sogni da sempre, un hotel immerso in un ambiente incontaminato, architettura sostenibile… insomma, il Paradiso.

La mattina seguente il mio telefonino squillò molto presto, Alice aveva qualcosa di molto importante da comunicarmi:

“Ciao Claudia, ho fatto uno strano sogno, quasi un incubo: io e te eravamo a cena insieme e tu hai comprato dei biglietti aerei per la Norvegia, in un hotel in mezzo al nulla, solo alberi cascate, fiumi, scoiattoli, insomma… un incubo. Sarà stato il vino… non so.”

“Buongiorno amica mia! Certo davvero un incubo, penso che la peggior cosa che possa succedere a un umano sia di ritrovarsi da solo in mezzo a tanta bellezza e… allora sei fortunata, perché non è un incubo ma una splendida realtà! Partiamo venerdì,destinazione Åndalsnes, per vivere un meraviglioso sogno!”

“Dimmi che non è vero! Se hai fatto questo approfittando della mia scarsa lucidità mentale giuro che ti faccio causa per manipolazione legata all’incapacità di intendere e di volere!”

“Dio mio, quanto sei drammatica! Non ti sto portando ad Alcatraz! È un posto incredibile ed è molto difficile trovare disponibilità, siamo state fortunate!”

“Fortunate?! Cosa faccio tre giorni in mezzo alla natura, magari non c’è neanche la connessione, nessun museo, nessuno con cui scambiare qualche parola, solo foglie, parassiti, zanzare, rumore di acqua che scorre… sento che potrei impazzire!“

“Ok, mi rendo conto che in questo momento non sei obiettiva, hai quattro giorno per familiarizzare con l’idea e sono sicura che ci riuscirai”

“Sì certo, ho due alternative: regalare il mio biglietto a Veronica, che è folle come te, oppure portarmi un flacone di sonniferi e dormire profondamente, perché sono certa che in quel caso la natura non mi disturberebbe.”

“Buona giornata Alice, vedrai un giorno mi ringrazierai per questo viaggio, cambierà la tua vita.”

“In peggio credimi, dopo questo viaggio odierò il colore verde e ogni piccolo filo d’ erba. Buona giornata a te.”

I giorni che seguirono furono davvero pesanti, Alice continuava a inviarmi messaggi audio dove a suoni melodiosi di uccelli, vento, acqua, aggiungeva nel finale frasi poco carine, urla stridenti e fastidiose come non avevo mai riconosciuto nel suo tono di voce, insomma mi faceva capire in modo chiaro cosa mi aspettava in quel weekend, e io cominciavo a pensare che davvero non era stata una buona idea e che avrei dovuto trovare una soluzione, magari avrei potuto viaggiare da sola, che per me non è affatto cosa da disdegnare.

La sera prima della partenza mi arriva una foto inequivocabile: Alice vestita da scout con scarpe da trekking, zaino e addirittura una bussola e un coltellino. La didascalia diceva: “Sono pronta per partire per la più brutta avventura della mia vita. Ti passo a prendere alle sei, notte”. Io non riuscì a fare altro che inviare uno smile e un ok.

Il viaggio in auto per raggiungere il Juvet mi tolse il respiro. Conosco bene l’Europa del Nord, ci torno spesso e nonostante tutto ogni volta rimango senza parole. Quella natura cosi presente e accogliente, i suoi meravigliosi fiordi, i suoi colori netti che regalano una pienezza e una matericità unica a ogni elemento, il suo silenzio, tutto, davvero tutto, sembra essere perfettamente integrato come la più bella melodia di uno spartito musicale.

Alice, intanto, guardava tutto con scarso interesse, rigida come un tronco di legno secco pronto da ardere.

“Allora, prime impressioni?“

“Attuo la facoltà di non parlare, riservando ogni considerazione a fine viaggio”

“Mi sembra una cosa saggia”, dissi e continuai a guidare.

Quando arrivammo io ero eccitata come una bambina. Dopo la consegna dei documenti, venimmo accompagnate nella nostra Bird House. Al sentire pronunciare questo nome Alice sbottò: “Dimmi che ho capito male, noi come gli uccelli stanotte avremo un nido su un albero, magari fatto con rami, foglie, licheni muschio e anche fango? Sapevo che era una pessima idea questo viaggio!”

Io non provai neanche a rispondere, la donna ci disse di prendere le nostre cose e seguirla. Iniziammo a camminare in mezzo a un bosco di tigli, con un fiume che nell’incontrare sassi, tronchi di alberi, piccoli salti, produceva dei suoni differenti, quasi un dialogo, mi girai per guardare Alice e vidi che non era proprio contenta. L’espressione del suo volto però cambiò, quando fummo davanti al nostro nido: una meravigliosa costruzione integrata perfettamente con la natura, con enormi vetrate che creavano un gioco di vuoti e pieni e una continuità esterno/interno da lasciare senza parole. Una volta dentro, tra il profumo del legno usato per l’arredamento, la sensazione di sospensione nel vuoto, e tutto quel verde delle foglie e degli alberi che ci abbracciavano e proteggevano, beh io avevo le lacrime agli occhi ed ero molto felice di poter condividere tutto questo con Alice.

All’improvviso fui quasi risvegliata dalle sue parole:

“Si trattano bene gli uccelli da queste parti! Forse prenderò qualche tranquillante in meno, per poter godere di questa splendida architettura minimalista… ”

La mattina dopo mi ero riproposta di svegliarmi presto, ma in realtà quando aprii gi occhi il sole era già sorto da un po’ e Alice non era nel suo letto! Girai lo sguardo per ammirare il panorama e la vidi seduta su un sasso vicino al fiume in una strana postura, per niente rigida, anzi sembrava armonizzarsi con il tutto.

Quando rientrò finsi di dormire e lei non mi raccontò nulla, l’unica cosa che cominciai a notare erano dei lenti cambiamenti fisici: il tono della voce, per esempio, non era più cosi fastidioso perentorio e autoritario, fondamentale per un avvocato ma non indispensabile nel vivere quotidiano, era diventato più armonico, dolce, si era abbassato alle frequenze della natura; lo stesso per la sua postura non più da ciocco di legno da ardere, ma meraviglioso salice che danza sinuoso all’arrivo del vento, era diventata più femminile, più sensuale direi, l’unica cosa che continuava ad essere rigida era però la sua testa e le sue parole:

“Programma di oggi”, disse, “visita allo scoiattolo ballerino, incontro della pietra erosa dall’acqua, passaggio nel fiume dove si vanno ad abbeverare le renne e poi cos’altro?”

“Cavolo Alice, io non avrei saputo fare di meglio… È un magnifico programma, lo sottoscrivo, ci aggiungerei solo sosta nel rovo di more per una colazione rigenerante”

“Ok vado ad indossare le mie scarpe da trekking e andiamo”

Stranamente le nostre passeggiate in quei giorni furono molto silenziose. Lunghe ore dove ogni parola era superflua, e a fine serata sul terrazzo sotto un cielo stellato, riflettendo sulla giornata trascorsa, i nostri pensieri erano sorprendentemente simili: l’uso di un arto, il dolore di un pollice, il muscolo della gamba, la consistenza di un capello. Strani, ma per noi molto chiari. Come se i nostri corpi cominciassero a risvegliarsi e a riconoscere la funzione fondamentale di ogni organo, fino alla più piccola cellula esistente.

L’ultima mattina prima della partenza Alice si svegliò molto presto, era ancora buio, mise le sue scarpe e il suo anti-pioggia e usci senza una torcia, facendo molta attenzione a non fare rumore. Io ero pervasa da sentimenti contrastanti, una voce mi diceva seguila, potrebbe aver bisogno del tuo aiuto, un’altra con un tono autoritario e perentorio mi diceva di non farlo assolutamente e mi ricordava del perché io avevo voluto portare Alice, proprio in quel luogo, in quel preciso momento della sua vita. Ascoltai la seconda voce.

Quando Alice tornò era stanca, provata e completamente bagnata, si fece una doccia calda e si mise al letto per dormire un po’, visto che il nostro aereo partiva in serata. Il nostro viaggio di ritorno fu avvolto da un silenzio tombale, sembrava fossimo state al funerale del nostro migliore amico e non di rientro da uno splendido weekend.

Una volta rientrati Alice sparì per due settimane, non rispondeva ai miei messaggi, anzi non li apriva proprio, era come se si fosse smaterializzata e io cominciai a pensare che non potevo aspettare ancora troppo a lungo. In realtà, si fece viva lei e quella mattina quando vidi che mi stava chiamando fui molto sollevata e felice:

“Ciao preziosa amica mia, come stai? Non mi dirai che sei stata troppo impegnata a costruire il tuo Bird House Underground e ti sei dimenticata di me?”

“Ciao Claudia, in realtà è successo proprio qualcosa di simile. Ho fatto molta fatica a ritornare nel ritmo della mia vita, nei suoi rumori, nelle ansie, nelle responsabilità e l’unica cosa che sono riuscita a fare per assecondare il mio disagio è stato scappare in montagna! Hai creato un mostro, te ne rendi conto?”

“Sai che mi fai molto felice?”

“Allora, ti invito per un lungo weekend insieme, questa volta scelgo io dove andare e lo faccio senza niente che mi offusca la mente, neanche un bicchiere di birra!”

“Benissimo! Cosa metto in valigia? Costume e libro per un viaggio in barca a vela, scarponcini per trekking sull’Etna, o abbigliamento comodo per ogni evenienza?”

“Abbigliamento comodo per ogni situazione e… poi si vedrà. Si parte venerdì mattina presto, ti passo a prendere io, buona giornata!”

“Sono già pronta, ciao!“

Questa volta ero io quella agitata, non riuscivo a immaginare cosa potesse aver escogitato Alice per il nostro viaggio.

(to be continued)

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.





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