03 Ottobre 2020, 06.18
Blog - Circolo Scrittori Instabili

Sguardo sul Mare del Nord

di Rossana Mazza

Una sottile linea blu cobalto divideva il cielo dal mare, ma il sotto poteva essere il sopra e il sopra poteva essere il sotto. Spazio dilatato fino a sembrare infinito. Silenzio… pace...


Katerina sbattè le palpebre più volte mentre dall’auricolare aeronautico usciva una voce schietta e allegra:

“Guarda, quella è l’isola di Oland e quello è il Mare del Nord!”

Una piccola isola spiccava. Tonda, con un promontorio al centro e dei piccoli canali che la circondavano entrando a tratti fino alla terra ferma. Dall’alto del piccolo velivolo l’immagine le ricordò i pittogrammi della sua amata Inghilterra. Come i Crop Circles, ciò che osservava emanava magia e armonia. Sorrise tra sé pensando che non c’era niente di più lontano dai cerchi di grano, ma la lontananza fa brutti scherzi e non era ancora arrivata a destinazione. Passarono oltre e la voce del pilota la informò che la sua destinazione era vicina.

Katerina studiava ornitologia e in preparazione della tesi aveva partecipato a un bando come volontaria per fare il guardiano nell’Isola di Norderoog. Tutto era successo così in fretta che ancora non si capacitava.

Dieci minuti dopo, su un piccolo lembo di terra, un tappeto verde smeraldo che seguiva l’umore del vento, un paio di scarpe da ginnastica bianche atterravano sul morbido, insieme a un grosso borsone in gorotex gonfio che pareva dovesse esplodere da un momento all’altro e a una serie di scatoloni. Jim, il pilota, la raggiunse:

“Sei proprio sicura di voler restare qui, sperduta in mezzo al nulla, con solo delle Sterne Artiche a farti compagnia?”

Katerina rizzò le spalle, la passione per il suo lavoro si fece corazza, e disse:

“Non sono delle semplici Sterne, fanno parte di una delle dieci specie più rare di uccelli marini, sono protette e avrò molto da osservare in questi mesi!”

“Vedo che sei decisa e combattiva, meglio così! Ti aiuto a portare gli scatoloni in casa”, e sollevandoli come fossero vuoti Jim si avviò fischiettando.

Pochi passi e davanti ai loro occhi comparve una palafitta. Salirono le scale ripide e poggiarono i bagagli sul pavimento di legno.

“Qui trovi la radio trasmittente, io passo ogni venti giorni, fammi sapere di cosa hai bisogno e provvederò a farti avere il tutto. Lì sul tavolo trovi anche tutte le spiegazioni e le istruzioni che ti serviranno.”

Katerina annuiva senza proferire parola mentre i suoi occhi perlustravano lo spazio spartano dove avrebbe trascorso i prossimi mesi.

“Buona fortuna. Ci vediamo tra venti giorni. Ciao!”, disse Jim sorridendo e ritornò al suo veivolo. Il rumore delle pale mescolò il cielo, un attimo dopo era solo un pois sulla tela turchese.

I giorni seguenti furono una scoperta continua, mentre le sere si animavano di racconti che condivideva con Hans attraverso la trasmittente. Lo aveva conosciuto durante il primo tentativo di usare l’unico mezzo di comunicazione a disposizione. Lui viveva a Oland e consegnava la posta alle varie isolette con una locomotiva a scartamento ridotto che correva su un unico binario. Un filo argentato che legava le isole del mare di Watten come ciondoli di una collana. La settimana successiva si sarebbero finalmente incontrati e Katyerina non vedeva l’ora. La voce profonda e armoniosa di Hans l’aveva colpita, portandola a indagare. Sapeva che aveva la barba e gli occhi scuri, ma il resto poteva solo immaginarlo.

La giornata iniziava con un’abbondante colazione seguita dalla vestizione, come amava definirla: prima legare i capelli in una treccia, poi seguono camicia e maglione, calzoni infilati negli stivali in gomma alti fino al ginocchio, un cappello con falda morbida stile pescatore, il binocolo e… la sua inseparabile videocamera. Così era pronta per uscire.

L’aria umida e l’odore del mare la investirono appena fuori dalla porta, l’odore del sale era talmente intenso che le sembrava di averlo in bocca.

Peccato non poter registrare queste sensazioni, pensò avviandosi. Una grande sterna artica volava sopra il suo capo a grandi cerchi.

“Buongiorno Mery!”, la salutò Katerina.

Con il tempo aveva imparato a riconoscerla. L’abito candido e una macchia nera sulla testa, che ricordava un cappellino, la faceva sembrava una signora d’altri tempi e Katerina aveva preso l’abitudine di parlare con lei quasi fosse una persona. A lei confidava i suoi sogni e le sue paure, in cambio Mery la guidava ai nidi delle sue compagne in modo da fargliele osservare e riprendere.

Quel mattino camminò molto tra prati verdeggianti, distese di sabbia e acqua stagnante popolata da un’infinità di minuscoli esseri viventi e alghe, il cibo ideale per gli uccelli della riserva. Improvvisamente, oltre la duna si ritrovò davanti una fila di grossi pali in legno piantati nell’acqua, simili a soldatini sull’attenti, solo che al posto del cappello in testa a ognuno di loro faceva capolino un nido di beccapesci. Era la prima volta che si vedeva questa specie rara in quella zona.

Katerina si fece piatta sulla sabbia, lentamente prese il cannocchiale e trattenendo il respiro osservò. Gli occhi, guardando attraverso le lenti, si accorsero della comparsa del gamberetto solo quando una testa gigante con occhi sporgenti e antenne si parò loro davanti. Un urlo e lo strumento balzò in aria insieme agli uccelli che presero il volo verso il mare. Divertita e al tempo stesso arrabbiata ritornò sui suoi passi. Uno strano vento si era alzato e il mare sembrava nervoso. Il passo di Katerina, faticoso e dondolante nella sabbia, animava le lunghe gambe che sorreggevano la scatola di legno all’orizzonte, disegnando uno skyline alquanto inusuale ma pur sempre casa. Entrò e si buttò sul letto esausta, abbandonandosi a un sonno ristoratore. Fuori intanto il vento stava aumentando.

“Crrr crr Katerina mi senti? Crr… Ka… crrr… sono Ha… crrr… mi sent… crrr… ”, nessuna risposta.

Lo sbattere incessante delle ante la svegliò di soprassalto. Si guardò in giro, fuori era buio. Dentro pure. Le ci vollero alcuni minuti per capire che qualche cosa non andava, un rumore assordante proveniva dall’esterno e la casa non le sembrava più così solida. Tutto scricchiolava e gli spifferi si erano trasformati in mani gelide. Cercò di ricordare dove avesse messo la torcia, a tentoni raggiunse l’armadio e ribaltò il borsone sul pavimento mentre l’ansia cominciava ad assalirla.

“Qui non c’è, dove l’ho messa quella maledetta torcia! La trasmittente… ”

Passando davanti alla finestra gettò lo sguardo fuori, lunghe strisce schiumose iridescenti si intravedevano a tratti.

Il mare… sta aumentando…

Raggiunse a tentoni la scrivania, premette il pulsante e urlò nel microfono:

“C’è nessuno? Hans mi senti? Aiuto… ”

Crrr crrr… silenzio.

Poi ricordò le parole di Hans.

Devo andare verso la collina, devo salire oltre le dune al punto d’incontro.

Recuperò la giacca e lo zaino. La torcia era nella tasca, la estrasse, si guardò in giro e poi uscì. L’acqua si era alzata e ora sbatteva contro i piedi della palafitta. Un ultimo sguardo e si diresse verso le dune. Camminare era diventato difficile, forti raffiche di vento la spingevano obbligandola a proseguire a testa bassa, la pioggia aveva iniziato a scendere colpendola come aghi impazziti. L’urlo del vento penetrava la mente oscurando ogni logico pensiero, vascello inerme nella tempesta, oscillava, inciampava e cadeva a ogni raffica. Lacrime invisibili si mescolavano, sale con sale, come un mantra il cuore suggeriva:

resisti, resisti…

Il mare trasformato in una gigantesca porta girevole, con ritmo incalzante, riversò sulla spiaggia acqua nervosa e irruente che investì Katerina facendola rotolare e schiacciandola contro un palo. Una forte fitta al fianco; dolore, rabbia, paura si mescolarono esplodendo nell’urlo che le uscì dalla gola. Un altro giro, poi più niente.

Jim si alzò in volo appena possibile, il cielo era ancora scuro ma all’orizzonte una linea rosa si stava affacciando preannunciando il sorgere del sole. Si diresse subito verso la palafitta, il tetto era volato poco lontano, spiaggiato. Il grosso faro dell’elicottero scrutava tra ciò che restava della casa, ma di Katerina non c’era traccia.

“Pronto, pronto, Jim mi senti? Hai notizie di Katerina?”

“Hans! Si sono proprio sul luogo ma di lei non c’è traccia, probabilmente si è spostata per cercare rifugio altrove. Hai idea di dove possa essersi diretta?”

Hans riflettè un attimo poi disse: “Avevamo parlato di incontrarci al limite dell’isola, verso ovest… ”

“Vado subito! Ti avviso se vedo qualche cosa.”

Di terra priva d’acqua ce n’era ben poca, le strette lingue sabbiose che collegavano le isole erano sparite restituendo un paesaggio quasi magico alla luce dell’alba. Sospese tra cielo e mare galleggiavano come piccoli gioielli racchiusi tra candidi merletti creati dalle onde che ribollivano scontrandosi con la terra. L’elicottero superò la collina sabbiosa e una lunga fila di pali in legno si presentò all’orizzonte, li sorvolò fin quando la vide, immobile, coperta di sabbia e alghe. Prese il microfono per avvisare Hans quando lo vide arrivare. Fece tre giri sopra di lei per segnalargli la posizione, poi si spostò in cerca di un atterraggio.

Un caldo tepore le sfiorava il viso, con gli occhi chiusi cercava di capire. Il corpo le doleva ma poggiava sul morbido.

Dove sono?

Mosse le dita, sfiorò acqua, sabbia e piccole protuberanze ruvide e dure, aprì gli occhi e si accorse di essere immersa in un prato di conchiglie. I raggi del sole appena sorto giocavano sulla madreperla dei piccoli crostacei a pelo d’acqua creando giochi di luce. Un piccolo paradiso marino. Il verso di una sterna ruppe il silenzio.

Mery!

Volava in tondo sopra di lei. Guardò il cielo, che piano piano diventava sempre più azzurro, incapace di muoversi. Improvvisamente sopra di lei un viso, due occhi scuri una folta barba.

“Hans… ”

“Sono qui, ora sei al sicuro.”

L’aiutò ad alzarsi, percorsero un breve tragitto e raggiunsero la piccola locomotiva. La coprì con la sua giacca in panno blu, lei poggiò la testa sulla sua spalla e si avviarono verso Oland dove li attendeva l’elicottero. Percorsero il tragitto in silenzio. Ora era il tempo di godersi quello spettacolo della natura che si stendeva lì davanti ai loro occhi.

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.





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