Domenica scorsa a S.Faustino di Bione, è stato ricordato don Italo, il "prete rock" scomparso 10 anni fa. Per l'occasione è arrivato da Faenza un ricordo di uno dei suoi "ragazzi", il cantautore Rodolfo Santandrea. Eccolo
IL CAPPELLANO LO RICORDO COSI' ovverosia I PARTICOLARI CHE FANNO LA STORIA.
Andava a cercare i bambini in giro e li ha fatti cantare.
Sono passati 10 anni ormai da quando quest'uomo e' partito per casa di Dio. Era un mio amico, un buon amico, una persona che merita la mia piu' grande stima ed il mio piu' grande affetto.
Ero col mio babbo a messa, una domenica mattina del 1966 e questo umile prete si avvicino' per salutarci.
In vita sua e' sempre stato un semplice mansionario della cattedrale di Faenza. Italo era il cappellano del Duomo, tutti i faentini lo conoscevano con questo appellativo, ma a lui piaceva tanto sentirsi ultimo fra gli ultimi.Â
Nella sua vita, nato a Bione di Brescia, (nello specifico della piccola frazione di San Faustino) e' riuscito a fare tante cose buone.
Era un prete, si'! Ma questo non significa che non fosse una brava persona. Come si sono rovesciati i valori nella nostra societa' e' incredibile ormai.
Quando ero piccolo sembrava che tutto cio' che arrivasse dallo Stato o dalla Chiesa fosse ORO COLATO ora sembra che tutto si sia rovesciato, neppure fra cristiani cattolici si riconosce piu' il valore.
Ma forse e' una mia pecca il non vedere.
Al di la' della retorica ricordo Italo Cavagnini come una delle persone piu' belle che ho potuto conoscere e frequentare in vita mia. Fu il mio tutore dal giorno in cui ci conoscemmo in cattedrale col babbo in quel lontano1966.
Mi insegno' a seguire le regole in silenzio, mi insegno' a credere nei valori profondi degli esseri umani e della vita, celebro' il mio matrimonio e battezzo' i miei due figli;
Era un uomo colto ma che sapeva non far mai pesare la sua conoscenza ed i suoi studi.
Sempre un sorriso per tutti, sempre una gentilezza pronta a rimediare ai danni di una cattiva parola o di un gesto sgarbato.
"La sapienza e' di Dio non degli uomini ed io voglio solo essere il suo umile servitore, attingere alla sapienza di Dio e servirlo nel suo tempio" queste sono solo alcune delle sue belle parole.
Incredibile come un uomo cosi' abbia saputo infondere in tutti noi una semplicita' tale da ricordarlo come un amico piu' che come un prete o un'autorita'.
L'unica autorita' che riconosciamo e' quella a cui diamo autorevolezza e Italo era VERAMENTE autorevole.
Tutti i giovani che lo hanno conosciuto possono testimoniarlo, e questi giovani sono stati tanti, ma veramente tanti. Molti di loro ora sono uomini adulti, molti hanno una loro famiglia e dei figli, alcuni forse hanno anche avuto la fortuna di essere gia' nonni e di avere dei nipoti, alcuni sono degli stimati professionisti, altri semplici operai ma sono certo che nessuno di questi ragazzi di una volta si e' dimenticato di lui eppure....eppure la riflessione che voglio fare qui' apertamente e' questa: Come mai?
Come mai un uomo che nel '46 risali' la via Emilia raccogliendo gli orfani di guerra con un carretto e trovo' di che sfamare tutti questi bambini andando a elemosinare per loro un po' di cibo al mercato dalle persone semplici, chiedendo pane ai fornai un po' di patate o di verdura agl'ortolani o quel che potevano dare agl'artigiani del centro (un materasso o una coperta, una maglia di lana, un abito smesso o anche un semplice sorriso ed un saluto di benevolenza).
Mio babbo era fra questi artigiani per questo conosco questi particolari.
Ricordo che a volte a casa per pranzo diceva con mamma: Oggi e' passato ancora quel giovane prete a chiedere se possiamo dare qualcosa per i figli del popolo.
E qualcosa da dare mamma lo trovava sempre, una volta portammo un carretto di materassi come sostegno per gli orfani.
Ora riesco a capire anche il perche' il babbo, che era un artigiano sempre molto impegnato nel suo lavoro di tappezzeria in bottega, fu anche cosi' sensibile alle richieste di quel giovane prete.
Il mio babbo stesso infatti, purtroppo rimase orfano di mamma a soli 5 anni e sapeva bene cosa si prova a non avere la mamma.
Come mai dicevo, e lo chiedo a voi che leggete queste parole, una persona cosi' "alta" nello spirito come Don Italo Cavagnini e' stata quasi dimenticata da tutti nel decimo anniversario della sua scomparsa quasi si volesse applicare nei suoi confronti una "damnatio memoriae"?
Ora non e' certo la banda in piazza o il saluto delle autorita' quello che sarebbe servito oggi ma per lo meno una parola una voce che ricordasse il suo nome e forse, piu' che il suo nome o il suo titolo, credo sarebbe stato un bene ricordare la sua opera.
Ma forse la sua opera e' stata cosi' elevata che in pochi sono riusciti a riconoscerla in profondita'.
Siccome nessuno lo ha fatto mi vedo costretto a scrivere queste parole a futura memoria di quest'uomo.
Italo giovane seminarista venne affiancato a Don Baronio a Cesena il fondatore dei figli del popolo.
A Cesena e' stato fatto un monumento in bronzo fuori porta Santi per ricordare Don Baronio e l'Istituto "Figli del Popolo" nato in quegl'anni post bellici.
Ma Cesena essendo forte di una tradizione repubblicana e' una citta' in cui sono forse piu' attenti alle cose della vita' pubblica.
Ricordo che quando ero studente in Conservatorio a Cesena stessa, venne promossa la causa di beatificazione di Don Baronio e Italo mi chiese piu' volte di andare dal promotore della causa per il processo di beatificazione a chiedere se potessi rendermi utile con una testimonianza sapendo che mi recavo molto spesso a Roma per lavoro e che laggiu' ero benvoluto.
A Faenza nessuno forse sa con precisione da quale altissimo obiettivo nasce il "Pavone d'Oro", il concorso canoro per giovani voci che ancora si tiene durante il carnevale.
Italo ebbe questa intuizione quando doveva sfamare i suoi primi orfani, non sapeva piu' come fare in quegl'anni di indigenza e attraverso la sua profonda meditazione e la sua preghiera ebbe una parziale illuminazione che lo porto' ad agire.
L'azione sostenuta da una forte fede e' stata la madre della sua opera su questa terra.
Di necessita' virtu'.
Italo inizio' a contattare parroci di campagna e creo' una piccola "schola cantorum" di chierichetti che inviava alle funzioni liturgiche ed alle feste patronali a svolgere un servizio musicale, in cambio di un piccolo ristoro, qualche uovo, magari un pollo o un salame, un po' di farina o un po' di vino cosi' da poter sfamare anche i suoi "Figli del Popolo" che presero sede distaccata anche nei locali della parrocchia di Sant'Ippolito di Faenza oltre che a Cesena con Don Baronio.
Il signor Bajoni in seguito assunse la direzione di quel gruppo di ragazzi e nacque a Faenza l'Istituto che edifico' la nuova sede distaccata in una grande villa di via Fratelli Rosselli.
Da tutto queste azioni nacquero i primi complessi musicali faentini di cui feci parte da giovanissimo e dove mossi i primi passi che avevano le sale prove nel vecchio seminario.
Ecco com'e' nato il Pavone d'Oro, dall'intuizione di un umile sacerdote cattolico che si e' affidato alla provvidenza divina e che dalla provvidenza non e' mai stato abbandonato; Anche negli ultimi anni, quando rimasto povero, solo ed anziano, chiese alloggio al convento dei francescani per poter continuare la sua opera di padre di quelli che lui chiamava i suoi tanti "Figli" faentini.
Sono certo che a molti di voi faccia piacere sapere queste cose e che Italo ora e' davvero nel bel mezzo del paradiso perche' come amava dire egli stesso: "
Speriamo che un giorno anche il Signore si dimentichi di me e mi lasci solo riposare nella sua benevolenza, forse ho approfittato troppo della sua provvidenza in vita mia."
Grazie Italo per essere stato ancora un po' fra noi.
Rodolfo Santandrea