Bando raccolta differenziata, l'ex vicesindaco patteggia due anni

La vicenda dell’affidamento illegittimo della raccolta differenziata a Bagolino trova una prima risoluzione.

L’ex vicesindaco Giorgio Pezzarossi ha patteggiato una condanna a due anni di carcere, con pena sospesa, per turbativa d’asta. È stato invece prosciolto dall’accusa di peculato.

Pezzarossi era accusato di aver fatto carte false allo scopo di assegnare agli amici pescatori del lago d’Idro - e quindi a se stesso - la gestione della raccolta differenziata e del battello spazzino che opera tra le sponde dell’Eridio.

L’ex vicesindaco di Bagolino era accusato di turbata libertà degli incanti perché nel suo doppio ruolo (numero due in Municipio e presidente dimissionario, ma di fatto ancora in carica, dell’Unione pescatori sportivi del Lago d’Idro) aveva fatto confezionare un bando su misura del sodalizio per la gestione dei rifiuti e gli aveva affidato, dopo aver parcellizzato il finanziamento stanziato dalla Provincia per evitare di ricorrere a bando pubblico, il servizio di pulizia dell’Eridio attraverso il battello Nichessa.

Agli amici dell’Unione, secondo il pubblico ministero allora titolare del fascicolo (Ambrogio Cassiani), Pizzarossi aveva garantito un milione e mezzo di euro per gestire la differenziata dal 2018 al 2025 ed altri 37mila per la depurazione del lago per il biennio dal 2015 al 2017.

A processo, il 3 marzo 2022, si ritroveranno altri sei imputati. Tra loro Danila Benini, dipendente del Comune di Bagolino e Responsabile unico del procedimento. Secondo il pm fu lei a gestire gli appalti e gli affidamenti finiti al centro dell’inchiesta.

In aula tra cinque mesi anche l’ex sindaco Gianluca Dagani e l’ex assessore ai lavori pubblici Paolo Zangarini. Nonostante il gip avesse escluso la loro partecipazione alla realizzazione del bando per l’assegnazione della raccolta differenziata dovranno rispondere entrambi di turbativa d’asta.

Il giudice dell’udienza Preliminare ha invece assolto il gestore di un ristorante di Bagolino, ospitato nei locali di proprietà del Comune. Il ristoratore era accusato di abuso edilizio. Per il gup «non ha commesso il fatto».

L’ipotesi resta comunque in piedi: a risponderne dovranno essere l’allora sindaco e il presidente dell’associazione culturale cui gli spazi comunali finiti al centro dell’inchiesta sono affidati in gestione.