Se è nei momenti difficili che si fanno avanti i veri amici, o le persone più fidate per aiutare, sostenere, confortare, ecco, la Gedàsä Gärétä da Bagolino è proprio il tipo che si fa avanti per dire la parola giusta al momento giusto...
Anche se la parola farà sorridere, ridere, sbellicare dalle risate. Che è lo scopo, in effetti, dell'apparire in scena dell'energica matriarca, impartire pragmatiche lezioni di buon senso, condite da un umorismo connaturato, che viene da lontano. Naturalmente in quel dialetto senza mediazioni moderniste, che i vecchi definivano, con un termine calzante, “splat, splatènto”.
E nel momento di acuta crisi da astinenza delle santissime feste del carnevale, nel secondo anno consecutivo di privazione della festa, con i suoi corollari di balli, suonate, cantate, mangiate, bevute, risate, nelle strade e nelle cucine, eccola apparire, la Gedàsä Gärétä con il suo messaggio corroborante alla popolazione di Bagolino, il terzo dell'era covid, per tenere su di morale i suoi concittadini avviliti.
L'effetto è generalmente esilarante; ridere fa bene all'umore, e il senso di vicinanza alla gente comune, quella come noi, parenti, amici, vicini, conoscenti, o semplici sconosciuti della porta accanto, o di porte più lontane, fa sentire meno soli, meno abbandonati alla sorte o all'indifferenza.
Questo è stato molto vero durante la prima fase pandemica, quella dell'isolamento duro e della paura; già meno crudo nel corso della seconda, incoscientemente sottovalutata al punto di giungere sulle soglie di una terza e alla sospensione di ogni forma di manifestazione collettiva, culturale, sportiva, popolare. E di divertimento, come il carnevale, che per questa terra assume la connotazione di un rito profano da coltivare e celebrare con rispetto sacrale.
Non celebrarlo diviene così motivo di disorientamento e deprivazione, che la saggezza antica della nostra indomita matriarca cerca di smitizzare con un sano ricorso alla risata.
Con il terzo messaggio alla popolazione di Bagolino, la Gedàsä Gärétä assurge così al ruolo di mediatrice emozionale dei patemi dei suoi concittadini, armata soltanto della concretezza delle genti di montagna e di uno spiccato senso dell'umorismo.
Per i fruitori del messaggio, che non padroneggiano il linguaggio vernacolare bagosso, segue la traduzione in un italiano comprensibile a tutti, ma che non possiede la forza espressiva del dialetto splat platento della nostra Gedàsä Gärétä.
Marisa Viviani
La Gedàsä Gärétä (Foto di Luciano Saia) -
In video: 3° Messaggio della Gedàsä Gärétä alla popolazione di Bagolino (a cura del Gruppo Salvadàk)
3° MESSAGGIO DELLA GEDÀSÄ GARÉTÄ ALLA POPOLAZIONE DI BAGOLINO (sotto la traduzione in italiano)
Speravo che il terzo messaggio alla popolazione di Bagolino fosse l'ultimo, invece no, cari i miei Bagòs, siamo ancora qui in isolamento, un giorno sì e uno no, tre sì e uno no, e via dicendo, le scarpe rompendo e niente da guadagnare. E a me tocca fare come con i fagioli, devo mettervi una bacchetta per tenervi su di morale. Ma a me serve un palo di larice, altro che bacchetta di nocciolo! Cosa posso raccontarvi ancora per farvi credere che prima o poi finirà questa prigionia? E proprio adesso che arriva il carnevale, siamo ancora in gabbia, come tanti pollastri all'ingrasso. E già, perché a forza di stare in casa non si fa che mangiucchiare: e giù biscottini, e un bicchierino di marsala, un goccetto di vermouth, che credi ti facciano bene, invece ti allargano solo sui fianchi e in vita. Ma non capita solo a me, eh, cari i miei bälärì senza suonate, provatevi i calzoni del vestito da bälärì e ve ne accorgerete. “Maria, non riesco a tirar su la cerniera, mi sono saltati i bottoni della camicia, la giacca mi tira sulla pancia! Come farò a ballare in queste condizioni?” Eh no, caro, il mio socio, anche quest'anno niente ballate, niente bevute, cucine neanche a parlarne, niente scivoloni, niente sbronze: solo l'aringa del mercoledì, se la signora Maria ve lo cucinerà il primo giorno di quaresima; se no ci spargemo la cenere sulla testa e berremo l'acqua di sorgente per far calare la pancia. Su, su bälärì, suonatori, e poi anche voi màscher, non abbattetevi, appena sarà finita questa pandemia, faremo festa grande anche se sarà quaresima o ferragosto. Intanto io ho avuto una bella idea: le suonate bisogna sentirle ugualmente, ognuno nelle proprie case, anche se non si può ballare con i propri amici. Bisogna sentire lo stesso l'emozione per le santissime feste di carnevale, non dobbiamo darla vinta al coronavirus. E mi raccomando, vestiamoci tutti con il vestito della vecchia o col ceviö́l in questi giorni, anche se andiamo solo a comperare il pane o il giornale. Cara la mia gente, non facciamoci deprimere se fuori non c'è il carnevale, perché i bagòs il carnevale ce l'hanno troppo nel sangue, e nessun virus può sradicarlo; intanto riposiamo ancora un anno e diamoci da fare per raddrizzarlo un po' questo carnevale, che da un po' di tempo ha preso una brutta piega. Adesso vi saluto caramente, e spassatevela almeno un po', avete capito? Certo che per un bagòs doversi mettere la mascherina a carnevale è una cosa fuori di testa. Non perdiamoci d'animo, facciamo una bella mangiata e una bella bevuta, al diavolo l'avarizia. Ce l'abbiamo sempre fatta anche quando stavamo peggio: siamo montanari, dobbiamo essere duri come le rocce, avete capito? Statemi su di morale, mi raccomando. La vostra Gedàsä Garétä
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