«Gavardo, 6 settembre, poco più che una questione privata...». Ci scrive cun lettore, che stempera la vita d'oggi a Gavardo e dintorni in un'analogia culinaria, dopo aver visionato uno spettacolo teatrale su un testo di Beppe Fenoglio.
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Gavardo 6 settembre 2009. Sera. Nella cucina rende meglio il metodo “a fuoco lentoâ€.
Si tratta di capire l’alchimia dei sapori, la loro essenziale semplicità che, se ben calibrata, con pazienza, sa dar vita ai sapori più genuini. Una pasta al sugo di prugnoli per esempio.
Fare soffriggere i prugnoli, quando è stagione, con olio e aglio. La bellezza del rumore che fa l’olio mentre soffrigge l’aglio, è unico. Poi, buttati in padella i prugnoli, che bellezza i vapori che ne esalano, che si espandono per la casa!
Il pomodoro, non dimentichiamo, il pomodoro, e infine, questo il segreto, il sale e il pepe, solo alla fine: lega i sapori, li rende unici, ma non deve soffocarli, solo valorizzarli.
Con un piatto del genere si possono conquistare anche donne, quelle più annoiate, sedute a tavola, con sguardo assente, mentre probabilmente fanno per automatismo cenno di approvazione con il capo mentre un perfetto idiota non la smette di parlare e mai, dico mai, si sognerebbe di non essere ascoltato e di parlare al vento.
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Questo il nuovo romanticismo.
Tuttavia è da sottovalutare nemmeno il vecchio galateo: le lettere d’amore. Per gli amanti, le parole già scritte e dette milioni di volte, così come milioni di volte sono stati cucinati i prugnoli, quelle stesse parole, sono parole sempre nuove, mai dette, nuove scoperte: sono le iscrizioni che i volti suggeriscono, non hanno sede nella scrittura, ma nella sempre novità dell’innamoramento.
Forse l’ultima, ma questa è una storia che ci siamo convinti non riguardarci...
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Così come un’altra storia è una platea di individui indistintamente traversati dall’indistinto, come ciò che di più proprio si ha e si è.Â
Bene educati, sappiamo altrettanto bene cosa perderci e cosa non perderci degli eventi mondani. Un tempo era la sana santa messa, la prima fila, a dimostrare la propria indistintà santità .
Ora l’evento culturale impegnato, ma non troppo: cioè, non che non sia impegnato, ma non deve impegnare troppo (la differenza non è da poco), altrimenti si rischia di bruciare aglio e prugnoli insieme.
In fondo si tratta di farsi belli davanti al pubblico del pubblico (poi il voto è segreto, nessuno ci scoprirà mai…); in fondo, si tratta di teatro: è assurdo, che qualcuno ancora si convinca che qualcosa possa o, nel peggiore dei casi, debba esserci dietro (figuriamoci poi in primo piano, “davantiâ€â€¦). Cosa sia poi questo qualcosa che alcuni si ostinano a pensare che qualcosa possa o debba esserci dietro, non si sa.
Tuttavia il problema è un altro. L’occhio dello spettatore, per esempio quello di chi scrive, non deve annoiarsi, e per non annoiarsi non deve essere distratto dalla propria distrazione.
Meglio evitare dunque. Bene ammaestrati, variegati nel nostro essere spettatori imperturbabili di ciò che non deve turbare, nuovo imperativo categorico del moderno (non mettiamo “i puntini sulle iâ€, o i “post†davanti ai modernismi.. in altre parole: non illudiamoci, siamo troppo indietro per essere avanti).
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Il nuovo spettacolo della società dello spettacolo è spettacolarizzare la densità dell’effettivo e, dunque, vanificarla.
Lo sappiamo da troppo ed anche questa banale verità , per il fatto d’esser divenuta banale, non che non sia più verità , ma qualcosa, appunto di superato o da superare. Ogni sforzo è andato perduto, così come ogni slancio reso vano.
Il mondo della fiaba è superato, la realtà si è sostituita allo spettacolo… la realtà anestetizzata che lo spettacolo ha prodotto, intendo dire. Prodotto.
Ogni passato perso per sempre. I vinti, solo loro, avranno ancora una possibilità . Coloro che hanno visto per qualche istante la storia “capovoltaâ€, come a testa in giù, i vinti, solo i vinti, hanno più che una possibilità , più che una legittimità , ora, in questo momento, nelle nostre città e nei nostri paesi.
È bene tornarci a teatro, per non distrarre la nostra distrazione, per il resto, con pazienza, c’è da cominciare da poco, un passo alla volta: individuare e stanare l’eventuale nemico, farlo sparire dalle piazze, pattugliare e sperare; infine assolutamente concentrarsi, sino a vederla materializzata, quella linea che ci fa convincere che il prendere “certe precauzioni†e la xeno-omo-altro-libero-fobia sono cose diverse, convincere che l’una può anche escludere l’altra.
Il problema: quale esclude quale?
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È questo l’inizio di ogni… Andiamo oltre, o riformuliamo: chiaramente l’intenzione era quella di affermare con forza che l’una non implica l’altra. In gergo lo chiamano indebito salto logico.
Tuttavia (sempre a proposito di gergo): territorializzazione e deterritorializzazione della sovranità e conseguente schizofrenia sociale, necessaria per il mantenimento dell’ordine, direbbero quelli che vogliono a tutti i costi fare gli ermetici e usare parole altisonanti. Il resto, è divenuto marginale, passatista, idelogico, noioso, provocatorio; ma non scoraggiamoci, la pasta è pronta, solo non mi sento di dedurre per una semplice affinità cromatica che quello che mangeremo sarà propriamente sugo di pomodoro…
Ma questo non ci riguarda, così come non ci riguardano le bombe carta e i pestaggi: comunque sia, per noi pubblico, sono poco più che una questione privata…