Caseificio valsabbino, annata coi fiocchi
Nonostante la fase di mercato difficile le vendite sono cresciute di quasi il 9%. Ma i produttori faticano.

La fatica dei produttori e la qualità del lavoro dei trasformatori ha fatto il miracolo, e così, nonostante la crisi il «Caseificio valsabbino» di Sabbio Chiese ha continuato a crescere. Merito del latte di alta qualità conferito dagli allevatori consorziati, e del conseguente valore dei formaggi che ne derivano.

«Raccogliendo 30 mila quintali di latte e lavorandone 28 mila - spiega Ciro Cerqui, direttore del Caseificio -, nel 2008 abbiamo prodotto circa 110 mila formaggelle e seimila formaggi stagionati, i nostrani "Conca" e il "Sabbio" E alla cerchia solita dei nostri prodotti abbiamo aggiunto anche il nostrano "Vrenda" e la formaggella "Baby". Insomma: produciamo circa la metà del formaggio della Valsabbia».

Gli incrementi? Innanzitutto c’è stato quello del prezzo del latte pagato ai conferitori: 0,40 euro più Iva al litro, pari a 3 centesimi in più dello scorso anno. «Poi l’incremento delle vendite è stato dell’8,5% (da 1.930.000 euro del 2007 a 2.150.000 nel 2008); un dato molto positivo visto l’andamento generale del mercato. E il dato maggiore - spiegano a Sabbio - si è registrato nella vendita al minuto: se le famiglie della zona vengono da noi a fare acquisti vuol dire che i nostri prodotti sono apprezzati».

La materia prima che arriva in cooperativa dai soci allevatori esce da una ventina di stalle che vanno da Serle a Capovalle passando per Gavardo, Mura, Pertica Bassa, Degagna di Vobarno e la Conca d’Oro, «prodotta» da circa 600 bovine, mentre l’organigramma del Caseificio, presieduto dal riconfermato (per il quarto mandato consecutivo) Ennio Bonomi, è rappresentato da una ventina di soci conferitori, da 80 soci ordinari e da 15 «sovventori» (Provincia, Comunità montana e 13 comuni valsabbini), mentre i dipendenti della struttura sabbiense sono 13.

L’impianto caseario in questione vanta anche le certificazioni di prodotto (Dtp019) e di filiera (Unieniso 22005:08), ma l’attività si scontra con alcune difficoltà. Di quali problemi si tratta? «Uno su tutti - spiega il presidente - è rappresentato dal fatto che le aziende alle quali siamo collegati devono poter rimanere sul territorio trovando terreni validi senza confrontarsi con chi rema contro. Invece, gli appezzamenti ideali per la falciatura continuano a diminuire, tolti all’agricoltura per assegnarli all’industria o all’edilizia; e per fare fieno restano zone ripide, scomode e a bassa produttività».

Massimo Pasinetti da Bresciaoggi

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