«Arisa» ovvero della normalità
Cantanti dalla vocalit esercitata opportunamente. Artisti affascinanti. Belli e bravi. Bene. E' un palcoscenico, uno spettacolo, un concorso. Devono stupire, devono far sognare. E’ giusto che sia cos. Ma Arisa un’altra cosa.

Cantanti dalla vocalità esercitata opportunamente. Artisti affascinanti. Belli e bravi. Bene. Si tratta di un palcoscenico, di uno spettacolo, di un concorso. Devono stupire, devono far sognare. E’ giusto che sia così.
Ma Arisa è un’altra cosa. E tutti vogliono saper cosa c’è dietro, perché non è possibile che sia “davvero” così.

E i giornalisti, che vogliono sembrare intelligenti, si affannano a chiederle con una punta di cattiveria: ci sei o ci fai?
Sì, perché è strano vedere in televisione una ragazza normale, riservata e bruttina che non reciti un ruolo preconfezionato.
E lei risponde “sì” o “no” alle domande con lo sguardo concentrato, come una bambina intimidita catapultata nel mezzo di un salotto sconosciuto pieno di comari curiose.

Si cerca tanto il fattore X, quel quid inesprimibile che non tutti posseggono, indispensabile per fare carriera.
Ma Arisa è una X tutta e si impone in tutta la sua interezza, è un seme di rivoluzione inarrestabile che spazza via tutti i vuoti artifici.
Speriamo che il successo non la corrompa, costringendola a recitare interviste con false parole, a nascondersi dietro ai “comunque” imperversanti.
La sua voce è bella ed esce tranquilla, senza tanta smania recitativa, non ne ha bisogno.


Chiara Barbieri
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