Vola nel Caffaro mentre scende dal Gaver
di Ubaldo Vallini

Si erano divertiti sulla neve del Gaver e stavano scendendo verso casa, quando un errore di valutazione, forse una lastra di giaccio, li ha portati a sfiorare il dramma.

Si erano divertiti sulla neve del Gaver e stavano scendendo verso casa, quando un errore di valutazione, forse una lastra di giaccio, li ha portati a sfiorare il dramma. Due auto, una davanti e l’altra dietro, fra le 17 e le 18.
Arrivati quasi a Bagolino, quelli che precedevano, si sono accorti che la fiat Gran Punto che li seguiva non si vedeva piů negli specchietti. Anche dopo un paio di chilometri a bassa andatura, l’amico dietro non si faceva vivo.

Un attimo fare l’inversione a “u” e tornare, metti che abbia avuto qualche problema: “A Valle Dorizzo era dietro, sono sicuro”.
Tornando fino alla frazione bagossa, perň, della Fiat nemmeno l’ombra.
“Vuoi vedere che…” eccoli lě i solchi: individuati con i fari quasi in cima alla salita di Dazarč, puntano dritti verso lo strapiombo.

Ci provano gli amici a cercare l’auto uscita di strada, scendono anche un po’ sul metro e passa di neve ghiacciata, al buio, poi devono desistere e chiamare i soccorsi. I primi a salire sono i soccorsi bagossi: l’ambulanza, i carabinieri e i Vigili del fuoco.
Presto č chiaro che č necessaria la presenza degli esperti e dalla sede di Agnosine, operativa tutti i fine settimana, partono gli uomini del Soccorso alpino della Valle Sabbia. Sono in dieci e intanto sono le 20.

Andrea, 28 anni di Flero, piů di due opre prima, dopo aver percorso una ripida scarpata per cento metri almeno, č precipitato per altri cento da una parete rocciosa, finendo dritto nel Caffaro ghiacciato.
Nella sfortuna qualche cosa gli va anche bene: prima quel palo dell’energia elettrica, tranciato a due metri d’altezza, che gli frena la caduta, poi l’auto che plana dritta come un gatto, appoggiandosi al suolo di pancia.
Si disintegra: le ruote e gli ammoretizzatori finiscono a 50 metri di distanza, uno zaino č lontano, gli sci sono uno di qui e uno di lŕ del torrente. Lui perň si insacca con poche conseguenze, rispetto al volo che ha fatto.

Vigili del fuoco e Soccorso alpino finalmente trovano la strada per scendere; un ripido sentiero “servito” da una fune d’acciaio, utilizzato probabilmente d’estate dai pescatori in cerca delle vasche piů nascoste, dove albrergano le trote piů grosse.
Arrivano in fondo e si spaventano alla vista dei rottami, Andrea perň č vivo, e cosciente, lo vedono muovere una gamba.
Fra i soccorritori da Agnosine anche un medico e due infermieri, “stabilizzano” il paziente, lo immobilizzano su una “spinale” che poi viene fissata alla “kong”, piů adatta a muovere feriti su quel terreno.

Tornare dall’erta via, con corde e funi d’acciao, nemmeno a parlarne.

Preferiscono scendere il torrente per un chilometro e passa. Alle 23 e 30 Sbucano sulla Provinciale 669 all’altezza della colonia estiva Bromineto. Duecento metri dopo, il Caffaro si placa nella diga di Dazarč. Consegnano il ferito, che combatte contro i dolori per le fratture e contro l'ipotermia, alle cure dei volontari e al riscaldamento dell’ambulanza. Lo accompagneranno fino a Gavardo.
“Tranquilli ragazzi – dice il Carlo Fusi al gruppetto degli amici in apprensione, muti e pallidi -. Non possiamo dire che sta benone, ma nemmeno che č conciato male. A vedere quello che gli č successo, direi che gli č andata proprio di culo”.
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