Di chi è l'acqua?/2
di Mariano Mazzacani

Il privato, protagonista del mercato, in quanto soggetto sottoposto a dinamiche concorrenziali ha la necessità della massima utilità e non può certo porsi limiti, non può limitarsi a vendere, poiché è contro l’essenza stessa di una società privata



Abbiamo analizzato la visione “umanistica” dell’acqua, l’acqua come diritto e come bene comune in contrapposizione alla gestione privatistica dell’acqua come bene economico cioè merce soggetto a leggi di mercato. Abbiamo posto delle domande (ipotetiche) al mercato ma è chiaro che queste domande hanno una risposta sola: il privato, protagonista del mercato, in quanto soggetto sottoposto a dinamiche concorrenziali ha la necessità della massima utilità e non può certo porsi questi limiti, non può limitarsi a vendere poiché è contro l’essenza stessa di una società privata!

Dobbiamo ricordare che la gestione del servizio idrico è un monopolio naturale e proprio per questo riteniamo non sia corretto che il servizio sia gestito per interesse privato e ciò in ragione di tutto quanto affermato in precedenza e cioè che l’acqua è un diritto umano, è un bene comune, è una risorsa che va tutelata ed infine è un patrimonio che va preservato nell'interesse delle generazioni future!

L'acqua in quanto diritto umano e bene comune deve essere garantito a tutti gli esseri umani la quantità minima definita in 50 litri al giorno, secondo l'organizzazione mondiale della sanità. Per questo la risorsa può essere gestita solo da soggetti, non solo formalmente pubblici, ma anche nella sostanza, perché il governo e la gestione deve essere interamente in mano all'ente pubblico nell'interesse primo della collettività e con un obiettivo della sua tutela e preservazione.

Non è possibile, come accade in Italia, che, grazie a un metodo tariffario, si garantiscano al soggetto gestore utili predeterminati in tariffa pagati dai cittadini attraverso le bollette; un metodo tariffario che mette al coperto da qualsiasi rischio di impresa il gestore privato. Il “privato” dovrebbe agire in un campo d'azione che è quello del libero mercato, suo naturale terreno di scontro, un’arena in cui nella “libera” concorrenza sopravvive il più furbo, il più scaltro mentre chi è meno attrezzato soccombe. Parafrasando possiamo dire: è il mercato, bellezza!

Certamente l’arena dei servizi di interesse pubblico come la gestione del servizio idrico, un monopolio naturale, con un sistema tariffario che predetermina gli utili e mette al coperto da qualsiasi tipo di rischio di impresa, dovrebbe essere preclusa al privato per sua precipua caratteristica. È ossimorico affidare un servizio di interesse pubblico in monopolio naturale ad un soggetto privato con un sistema tariffario che garantisce gli utili predeterminati!

Invece ci accorgiamo che gli utili distribuiti dai gestori privati sono a livelli spaventosi proprio perché l’acqua è un bene fondamentale a cui nessuno può rinunciare. Si dice che è un bene a domanda anelastica, cioè che all’aumentare del suo prezzo non ne diminuisce il consumo, proprio a causa della sua essenzialità e per quanto si possa essere efficaci nel risparmiarla.

Perciò gli enti preposti dovrebbero lavorare per garantire a tutti acqua buona, pulita e giusta! Buona da bere, dal punto di vista organolettico, pulita poiché sottoposta ai necessari processi di depurazione e giusta nel suo prezzo.
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