Gli altri superstiti di Hiroshima e Nagasaki
di Bance Djibril

Costoro sono messaggeri di una natura ineluttabile e un grande messaggio in onore alla pace


Era una mattina come le altre in una città che non era mai stata toccata da nessun raid aereo. Non era come la capitale, Tokyo, che era stata completamente distrutta dalle bombe.
A Hiroshima l’atmosfera del conflitto era meno sentita e la vita più pacifica.

Magari qualcuno stava leggendo il giornale, qualcun altro andando a lavoro o a scuola; la gente stava vivendo la sua quotidianità quando, di colpo, un gruppo di aerei americani attraversò il cielo ed uno di questi lasciò cadere qualcosa di piccolo. Prima che ce ne si potesse accorgere, da quell’oggetto si sprigionò prima un flash di luce accecante, poi un boato.

Nessuno potè aprire gli occhi per vedere che cos’era stato, perché nessuno era più vivo: erano diventati tutti delle ombre, impronte nere sulle macerie di una città che non esisteva più, una città che prima del 6 agosto di quel 1945 era sempre stata fuori dai raid.
Questo fu il bombardamento atomico di Hiroshima.

Nell’istante in cui la bomba esplose si generò una gigantesca palla di fuoco che rese cenere tutto quanto quello che si trovava a 1700 metri dall’epicentro dell’esplosione, successivamente l’onda d’urto che nacque avanzò per 13 km, portando le fiamme della distruzione ovunque ed incenerendo ogni cosa. Il 90% della città fu raso al suolo e pochissime furono le costruzioni che restarono in piedi.

80.000 persone, fra civili e soldati, furono cancellate all’istante mentre 75.000 sopravvissero.
Ma non erano destinati a tornare alla quotidianità di un tempo.

Molti dei superstiti morirono nei giorni che seguirono per causa delle ferite riportate e per le ustioni gravissime.
Le parole di uno dei soccorritori, Yosaku Mikami, un vigile del fuoco, permettono di capire quanto fosse tragica la situazione: «Provavamo a trasferirli sul nostro camion prendendoli per le gambe e le braccia, ma era davvero complicato: appena li spostavamo la loro pelle si staccava».

La stessa sorte toccò anche a Nagasaki e ai suoi cittadini.
Il loro caso, però, fu più sfortunato perché la città, contrariamente ad Hiroshima, era quasi completamente costruita in legno e la bomba che vi fu lanciata sopra era persino più potente (l’ordigno sganciato su Hiroshima era potente 16 kton, mentre quello sganciato su Nagasaki 21 kton; un kton equivale ad una tonnellata di tritolo).
All’impatto e nei quattro mesi successivi morirono 80.000 persone.

Chi riuscì a superare queste brutali scremature divenne un “Hibakusha”
, un sopravvissuto all’esplosione di una bomba atomica, e la sua vita non fu più la stessa di prima. I corpi dei superstiti avevano assorbito quantità abnormi di radiazioni e negli anni a venire si sarebbero registrate quantità esorbitanti di casi di tumori e di leucemie.

Chi ebbe la fortuna di non ammalarsi fu vittima di forti discriminazioni e lasciato per lungo tempo ai margini della società.
Gli Hibakusha furono esclusi ed allontanati per via delle deformazioni riportate a causa dell’effetto delle radiazioni sulla normale rimarginazione delle loro ferite. Vittime maggiori di queste discriminazioni furono le donne, le quali fecero fatica a trovare marito perché si temeva che le radiazioni avrebbero potuto avere effetti negativi su una gravidanza.

La società aveva subito un trauma da cui sembrava impossibile riprendersi.
Le due città restavano sepolte sotto le ceneri dell’incubo atomico, distrutte e spente. Uno scienziato americano constatò che per i prossimi 75 anni sarebbero state città invivibili.

Con lo stupore di tutti, il seme della speranza nacque proprio lì, dove non sembrava possibile e la previsione del ricercatore si rivelò errata.

Fra le macerie, come vittime silenziose, restavano degli alberi, completamente anneriti, senza rami, alcuni persino col tronco spezzato a metà.
Sembravano morti, ma le apparenze ingannarono perché, la primavera successiva, su molte di quelle piante cominciarono a nascere dei piccoli germogli. Quello era un messaggio da parte della natura: non tutto era perduto.

Arrivò il momento di costruire e negli anni che seguirono le due città videro una trasformazione incredibile: da ciò che erano state rese divennero lo splendore moderno e verde che tutt’oggi sono.

Parte di quel verde è dato proprio dagli Hibakujumoku, gli alberi bombardati.
Molti di loro riuscirono a sopravvivere e a ricrescere negli anni che seguirono, tant’è che nella sola Hiroshima ve ne sono 170, di 32 specie differenti. Sono protetti e ben curati perché sono testimoni di quei giorni bui, dei monumenti viventi alla pace.

Proprio per questo i loro semi vengono raccolti da dei volontari per essere spediti in ogni parte del Giappone e del globo, in modo che la seconda generazione di questi alberi possa proliferare assieme al loro messaggio.
Stiamo parlando di Green Legacy Hiroshima, (GLH), un’iniziativa a cui collabora anche l’UNITAR, l’Istituto delle Nazioni Unite per la formazione e la ricerca. Si tratta di una vasto gruppo che, dal 2011, oltre a partecipare alla cura degli alberi, ne raccoglie i semi. Questi, poi, vengono inviati a partner nazionali oppure globali che si occupano di farli piantare nel territorio in cui si trovano.

Ad ora i loro partner sono 126 e fra questi tre sono in Italia: due nel bresciano ed uno a Perugia.

Ma la GLH non si limita a fare solo questo.
Degno di nota è il fatto che a maggio 2023 parteciperà al summit del G7, un’organizzazione di 7 potenze economiche, ovvero Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Italia, Giappone e Stati Uniti, che si incontrano annualmente per discutere temi economici, di sicurezza e sull’ambiente, che si terrà proprio ad Hiroshima.

Nel 2022 i volontari di Green Legacy hanno ospitato alcuni scienziati provenienti da delle Università americane venuti con l’intento di studiare gli Hibakujumoku. La GLH ha anche creato sul proprio sito una mappa dove sono catalogati alcuni degli alberi di Hiroshima.
È citato il luogo in cui trovarli, la loro storia e la distanza alla quale si trovavano dal punto di esplosione della bomba, misura con la quale sono ordinati, dal più vicino al più lontano.
Si lascia il link a chiunque sia interessato: https://glh.unitar.org/en/trees-in-hiroshima/.

Guardando la mappa, questi alberi diventano ancor più unici. Basti citare il primo della lista, il salice piangente che si trovava a 370 metri da dove è esploso Little Boy (nome in codice con cui veniva chiamato l’ordigno atomico), quando niente è sopravvissuto o rimasto integro nei primi 1700 metri.
Eppure è ancora vivo, come molti altri della sua specie e come altri uomini e donne che, come loro, hanno vissuto sul proprio corpo il terrore atomico e ora lottano senza armi per dissuadere tutti gli altri dall’uso delle stesse.

Pace, pace seminano e della gente pace raccoglie per gli altri. Di pace parlano, in silenzio, e pace insegnano.

C’è un’altra lezione che possiamo imparare dagli Hibakujumoku: non arrendersi mai e resistere.
Nonostante quanto sia stato orribile e cruento quello che hanno vissuto, hanno superato tutto ed ora, come Hiroshima e Nagasaki, risplendono più belli di quanto non fossero prima della guerra. Anche noi possiamo rimetterci in piedi dopo un momento nefasto e terribile della nostra vita, non importa quanto possa sembrare irreparabile un danno o definitivo, perché si può sempre ripartire e si deve ripartire.

Bance Djibril 4°AM

Fonti ed approfondimenti:
•Beyond Ordinary Borders, “Hibakujumoku | Gli alberi sopravvissuti alle bombe atomiche”:
https://www.youtube.com/watch?v=jscAYcu0W1g&t=2s

•Green Legacy Hiroshima (GLH):
https://glh.unitar.org/

•Focus, “6 agosto 1945: l’atomica cancella Hiroshima”:
https://www.focus.it/cultura/storia/hiroshima-prima-e-dopo-la-bomba-atomica

•Comune di Ferrara  “Decennale del sisma: a dimora un albero di Hiroshima nel Giardino 20 e 29 maggio 2012”:
https://www.comune.fe.it/it/b/38538/messa-a-dimora-di-una-nuova-pianta-originaria-di-hiroshima

•NHK World-Japan “[IN DEPHT] Hiroshima to Call for Peace During May G7 Summit”:
https://www3.nhk.or.jp/nhkworld/en/news/videos/20230127094051939/

•Perunmondosenzaguerra, “Garden of Peace in Sesto Fiorentino”: https://www.perunmondosenzaguerre.eu/en/giardino-della-pace-a-sesto-fiorentino/

•Kakitreeproject: https://kakitreeproject.com/italiano/

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