Pnrr e scommessa sulle «Città verdi»
di Valerio Corradi

Il verde e gli alberi sono indispensabili all’ecosistema urbano, un investimento contro la plastificazione del territorio


Una delle azioni più impattanti a livello ecologico
del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) è quella che prevede di piantare entro il 2024 ben 6,6 milioni di alberi nelle 14 città metropolitane italiane, allo scopo di mitigare gli effetti dell'inquinamento atmosferico, dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità.

La specifica misura del Pnrr può contare su uno stanziamento complessivo di 330 milioni di euro in attuazione del “Piano di forestazione urbana ed extraurbana” realizzato attraverso la compartecipazione del Ministero dell’ambiente, dei Carabinieri forestali, dell’Istat e del Centro di Ricerca “Biodiversità servizi ecosistemici e sostenibilità”.

Una prima parte di questo piano è stata implementata già alla fine del 2022 tenendo conto della varietà degli alberi e dei contesti locali e avviando la piantumazione di 55 tipologie arboree e 55 arbustive.

Nel corso del 2023 si intensificherà la “riforestazione” dei grandi centri urbani che richiederà negli anni successivi un impegno non indifferente nella cura e nella manutenzione delle zone alberate.

Tale misura non rappresenta una novità assoluta, infatti già la legge nazionale 10/2013 prevede per i comuni oltre i 15mila abitanti l’istituzione di un catasto degli alberi, che venga messo a dimora un nuovo albero per ogni bambino nato e che si lavori per migliorare lo stato complessivo delle aree verdi.

Peraltro, su questo, Brescia vanta alcuni primati essendo ai primi posti in Italia (dietro Cuneo e Modena) con 112 alberi in aree di proprietà pubblica ogni 100 abitanti contro, ad esempio, i 52 alberi ogni 100 abitanti di Milano, i 56 di Mantova, i 33 di Bergamo, i 25 di Verona.

Il percorso di costruzione di comuni “green”
è comunque ancora lungo e non è esente da contraddizioni. Non mancano casi nei quali il verde pubblico e gli alberi vengono ancora visti come un problema oppure solo come dei costi.

In alcuni centri questo ha portato a sostituire manti erbosi con superfici in materiale sintetico, certamente utili nelle aree gioco dei parchi pubblici ma forse poco adatte a ricoprire intere aiole, giardini pubblici finanche rotatorie dove la componente del verde naturale potrebbe invece dare un valore aggiunto.

In altri casi si è proceduto all’eliminazione di alberi senza che ne sia seguita una piantumazione compensativa. In altri ancora il consumo di suolo ha di fatto azzerato i vantaggi acquisiti con la messa a dimora di nuovi alberi.

Oggi dobbiamo forse sviluppare un’idea più ampia di comunità che arrivi a comprendere anche gli altri esseri viventi che condividono con noi uno spazio o un luogo. Nuovi approcci sanitari come “One Health” riconoscono il collegamento e la stretta interdipendenza della salute dell’uomo con quella gli altri esseri viventi come piante e animali.

Lo stesso welfare è oggi chiamato a includere la componente ecologica rappresentata da aree verdi e zone alberate tra gli strumenti necessari per innalzare il livello di benessere di una popolazione. Mettere quindi l’albero giusto al posto giusto nei nostri comuni è ben lontano dal rappresentare uno spreco.

Piuttosto, da una parte esso è un investimento del quale potranno beneficiare tutte le componenti dell’ecosistema in cui viviamo e dall’altra è un’occasione per riconsiderare il rapporto tra gli esseri umani, le piante e gli animali abbandonando l’idea che essi siano entità separate.

(tratto dal Giornale di Brescia)
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