Non tutto è oro quello che... corre
di Stefano Raggi

Il mondo dello sport comprende una vasta gamma di discipline, che vanno dalle più famose alle meno conosciute, ed è proprio di una di queste che parlerò oggi, ovvero le corse di cammelli


Questo sport risale al medioevo, fu introdotto da Halagu Khan, imperatore della Mongolia, e consiste in una vera e propria corsa in sella ad un cammello; ad oggi è diffuso principalmente in Pakistan, Nord Africa, Mongolia, Asia occidentale, Corno d’Africa ed infine Australia.

Il cammello in sé, per via della sua forma, è decisamente più scomodo da galoppare rispetto ad un classico cavallo, ma dal punto di vista delle prestazioni ha sicuramente una marcia in più, in quanto può arrivare ad una velocità massima di 65 km/h ed una velocità media di 40 km/h, a differenza del cavallo che mantiene una velocità media di 15-20 km/h con picchi massimi di 40 km/h.

Una delle gare più celebri
delle corse di cammelli è la Camel Cup, che si tiene annualmente ad Alice Springs, Australia; include pure una collezione di bancarelle e divertimenti vari per intrattenere al meglio il pubblico.

La gara più importante
, invece, è la Boulia Camel Races, che viene celebrata sempre in Australia, nel Queensland. Qui potremo ammirare queste “navi del deserto” correre in senso orario su piste, a forma di “U”, che vanno da una lunghezza di 400 m fino ad arrivare ad una di 1500 m.

Purtroppo
in questo sport non sempre è tutto rosa e fiori, infatti spesso si predilige usare i bambini come fantini in quanto hanno un peso minore.

Di conseguenza
vengono trafficati migliaia di bambini, alcuni segnalati di appena 2 anni, da paesi come Afghanistan, Bangladesh, Iran, Pakistan e Sudan per essere utilizzati, appunto, come fantini nell’industria delle corse di cammelli negli stati arabi del Golfo Persico: si stimano dai 5.000 ai 40.000 bambini fantini.

I bambini vengono fatti alloggiare in campi situati nelle vicinanze degli ippodromi, che prendono il nome di ousbah.

Molti di loro
sono stati salvati e riportati nelle loro case originali oppure portati nei rifugi; molti altri invece non sono in grado di identificare i propri genitori o le comunità di origine.

In alcuni paesi
sono state emesse delle sanzioni per coloro che trafficavano fantini bambini ed è stato ordinato ai proprietari la responsabilità di riportare i bambini nei paesi d’origine.

Tuttavia, è constatato che in molti casi sono i genitori stessi, che, in cambio di denaro o di un lavoro all’estero, sono disposti a vendere i propri figli; dunque questi bambini salvati vengono rivenduti sempre con lo stesso scopo.

Gli Emirati Arabi
Uniti sono stati i primi a vietare l’utilizzo di fantini sotto ai 15 anni di età e nel 2009 hanno risarcito 879 ex fantini.

Stefano Raggi 4^BI


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